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IL MANIFESTO — 8 MARZO 2023
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Manifestazioni in 38 piazze, le donne per un altro futuro
8 MARZO. Oggi cortei nelle principali città, attese limitazioni dei trasporti, la sfida alle politiche del governo. Lavoro, ambiente, scuola al centro delle mobilitazioni per un’opposizione dal basso
Lucrezia Ercolani
«Scioperiamo dal lavoro dentro e fuori casa, dai ruoli di genere e da tutti i ruoli che ci vengono imposti». In queste poche righe si può riassumere la grande mobilitazione di oggi indetta da Non una di meno, rete catalizzatrice di femminismi nel mondo e radicata anche in Italia, nei cui appuntamenti confluiranno le ragioni e le lotte di tante altre realtà disseminate sul territorio. La giornata si svolgerà anche quest’anno su due fronti:
da un lato lo «sciopero globale transfemminista»,
dall’altro le manifestazioni.
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IL SENSO dello sciopero risulta prezioso se rapportato alla retorica di cui l’8 marzo è tradizionalmente ammantato: una giornata «speciale» in cui omaggiare la donna con un fiore o un ingresso gratis in discoteca. Se speciali siamo, si capirà forse meglio interrompendo l’attività lavorativa e dimostrando che non siamo le creature devote e floreali immaginate a lungo dalla metà maschile della società. Non una di meno mette a disposizione sui suoi canali un vademecum per aderire allo sciopero anche in forme parziali e creative laddove non sia possibile assentarsi dal luogo di lavoro, e ricordando che l’interruzione può riguardare anche il lavoro relazionale e di cura così come i consumi. Anche per questo lo sciopero non ricalcherà sempre le modalità abituali e i sindacati confederali non hanno aderito, al contrario di Cub, Cobas, Sgb, Usb e Us. Ci si aspetta comunque una forte limitazione del trasporto ferroviario e del trasporto pubblico locale nelle maggiori città, Roma e Milano in particolare.
L’importante sarà dare un segnale, e a questo serviranno le manifestazioni annunciate. L’elenco delle città interessate è lungo, da Alba a Viterbo le piazze saranno 38, con un’evidente concentrazione maggiore al centro-nord. Quella più partecipata dovrebbe essere Roma, l’appuntamento è alle 17 a Piazzale Ostiense, il corteo attraverserà il quartiere Testaccio per terminare a Largo Bernardino da Feltre.
A Milano il corteo si sdoppierà in due, il primo, la mattina, organizzato da studentesse e studenti partirà alle 9.30 da Largo Cairoli, il secondo alle 18.30 da Piazza Duca D’Aosta.
A Napoli ci si incontrerà a Piazza del Gesù alle 16,
a Firenze a Piazza della Santissima Annunziata alle 15.
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SE RICORDARE il ruolo ancora misconosciuto delle donne, e urlare contro la violenza patriarcale che ancora infesta la società in forme più o meno plateali, è fondamentale a prescindere dal contesto politico, non si può certo negare la valenza che queste mobilitazioni assumono oggi, dove alla prima premier donna – e il fatto che sia la prima è un’evidenza che non deve farci smettere di riflettere – corrisponde una politica intollerante, razzista, escludente la cui cultura si basa anche su un immaginario femminile tutto modellato sulle necessità della famiglia, a cui oggi si tenta di apportare un vago maquillage. I comunicati di Non una di meno appaiono lucidi e consapevoli di quelli che sono i bersagli su cui costruire un’opposizione ricca di senso. Nell’appello romano troviamo «le dichiarazioni della ministra della salute Roccella e della premier Meloni per garantire il diritto di non abortire in un paese con la media del 70% di medici obiettori».
O ancora, la solidarietà alla dirigente scolastica attaccata dal ministro Valditara, «per reclamare una scuola pubblica, aperta e antifascista».
Anche il lavoro rimane all’ordine del giorno rivendicando «il reddito di autodeterminazione, individuale e universale, contro l’abolizione del reddito di cittadinanza».
E poi, guardando fuori dall’Italia, le donne che rischiano la propria vita in Iran per la libertà di vivere finalmente allo scoperto le proprie passioni e talenti, ma anche «le donne curde, afgane, ucraine, russe e a tutte le donne in lotta nel mondo».
LA SFIDA principale appare in ultima analisi proprio quella di rompere gli steccati e farsi carico di una spinta immaginativa e politica che, partendo dalle donne, può abbracciare l’intera società per iniziare a costruire un futuro diverso da quello prospettato dal turbocapitalismo, colpevole dell’ecocidio e riflesso di una logica maschile e patriarcale dello sfruttamento non più accettabile. Non a caso tra le prime rivendicazioni della mobilitazione c’è l’ecologia politica, «contro la violenza che devasta i territori, i nostri corpi e i corpi animali». Si consolidano le alleanze, e i movimenti sembrano essere pronti.
Mi sembra che questi movimenti “femministi” siano molto più inclusivi di un tempo e aperti a problematiche che sono universali. Donna è un termine che può abbracciare anche il termine uomo.