16-02-23
https://volerelaluna.it/territori/2023/02/16/con-mimmo-lucano-e-con-riace/
Autori Vari
Con Mimmo Lucano e con Riace
Siamo donne e uomini con pluralità di storie e percorsi sociali e politici che in questi anni – a vario titolo – abbiamo incontrato, condiviso, partecipato all’universo di solidarietà ed accoglienza, ispirato dal pensiero e dall’azione di Mimmo Lucano e conosciuto in tutto il mondo come “Modello Riace”.
Tutto iniziò sul finire degli anni novanta con l’arrivo di un veliero di rifugiati giunti dal Kurdistan, spinto dal destino e dal vento verso le nostre coste. Dopo di loro sono giunti a Riace, provenienti da circa venti nazioni, oltre sei mila richiedenti asilo.
Il piccolo paesino di circa duemila abitanti, su impulso del sindaco Mimmo Lucano aprì le porte delle case abbandonate dai riacesi emigrati altrove, ripopolando e rivitalizzando un borgo semi abbandonato. Furono aperte scuole ed opifici, avviati corsi di lingua ed istituite borse lavoro, si attivarono servizi universali, quali un ambulatorio medico popolare, una nuova vita nacque dalla contaminazione culturale tra popoli in fuga – compresi i riacesi della “Restanza”, rispetto al fenomeno dell’emigrazione – tessendo un filo di umanità solidale ed egalitaria che a differenza di quanto accaduto (e accade tutt’ora) strappò alle spire della manovalanza di mafiosi e caporali la fragile forza lavoro di tantissimi lavoratori senza diritti, allontanando al contempo gli interessi della criminalità organizzata da quel territorio.
Non solo un esempio dirompente e alternativo di accoglienza che ha saputo rispondere al fenomeno strutturale e mondiale delle migrazioni, con il protagonismo dal basso tra i popoli e rispondendo con alterità alle disumane e securitarie pratiche di ripudio e chiusura dei porti e della solidarietà, ma un vero e proprio modello alternativo, democratico e partecipato di gestione della cosa pubblica.
Su tutto vale ricordare la progettazione e l’avvio del percorso per rendere Riace completamente autonoma dal carrozzone regionale della Sorical sulle risorse idriche, tenendo fede al referendum popolare del 2011, con il fine di rendere veramente l’acqua pubblica; la brillante gestione – sempre comunale, autonoma e fuori dagli indicibili interessi presenti nel settore dei rifiuti in Calabria – della raccolta differenziata, portata avanti con il sistema del porta-a-porta e con il supporto degli asinelli, sostenuta da un’isola ecologica volta a valorizzare al massimo il riciclo ed il riuso dei prodotti; la tutela del territorio costiero attraverso lo stop alla cementificazione ed alla speculazione edilizia.
Forse la migliore definizione del “Modello Riace” fu coniata proprio da un funzionario della Prefettura di Reggio Calabria che, all’indomani di una dettagliata verifica su quanto accadeva nella gestione dei fondi per i migranti a Riace – a seguito del blocco dei pagamenti del 2017 – auspicava «la prosecuzione di una esperienza che rappresenta un modello di accoglienza, studiato (come fenomeno) in molte parti del mondo». Pochi mesi dopo, suscitando incredibile stupore a livello internazionale, a Mimmo Lucano e ad altre/i operatori venivano contestati reati di vario tipo: associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Il seguito è purtroppo noto: Mimmo fu esiliato e, alla fine del processo di primo grado, condannato a oltre tredici anni di carcere. Tuttavia i reati” specifici” contestati, non resistendo alla prova dei fatti, sono man mano decaduti durante il processo. Non c’è stata concussione, come confermato in aula dal principale teste dell’accusa, e men che meno peculato, considerato che a margine di intercettazioni e verifiche non è stato trovato un solo euro sul conto di Mimmo, mentre l’abuso d’ufficio e il favoreggiamento di immigrazione clandestina, al netto delle richieste avanzate dallo stesso Ministero dell’interno nei periodi caldi degli sbarchi, sarebbero riconducibili all’emissione di due carte d’identità: una per assicurare le cure a una bambina di pochi mesi e l’altra per garantire una vita degna a una ragazza proveniente dalla Nigeria, Becky Moses, fatta allontanare da Riace da una assurda quanto iniqua e disumana direttiva che considera le persone in scadenza e, in seguito, bruciata viva nelle tendopoli della vergogna di San Ferdinando, della cui morte chiediamo giustizia allo Stato italiano! In altri termini, resta in piedi l’associazione a delinquere in assenza, ormai, di alcun reato specifico da contestare, al netto delle farneticanti ipotesi su improbabili quanto inesistenti “vantaggi politici” perseguiti da Mimmo Lucano.
Alla luce di tutto ciò, riteniamo che l’inchiesta e il processo sin dall’inizio abbiano assunto pericolose e inaccettabili connotazioni politiche ed esprimiamo, su questa inquietante curvatura, il nostro totale dissenso, impegnandoci a organizzare in tutto il Paese manifestazioni pacifiche e democratiche per fare sentire la nostra vicinanza a Mimmo e ai coimputati, manifestando la nostra totale condivisione con una visione umanitaria che nei fatti ha portato a termine le più avanzate forme di partecipazione e solidarietà stabilite dalla Carta Costituzionale.
Siamo donne e uomini che considerano l’azione di Mimmo Lucano, la sua condotta di vita e il suo ruolo istituzionale implicitamente ispirati ai valori della Costituzione Repubblicana e, riconoscendoci pienamente nel suo esempio, vogliamo continuare a sostenere globalmente l’opera di accoglienza e solidarietà che ha fatto conoscere Riace in tutto il mondo. Come Mimmo, vogliamo «mantenere viva la certezza che è possibile essere contemporanei di tutti coloro che vivono animati dalla volontà di giustizia e di bellezza, ovunque siano e ovunque vivano, perché le cartine dell’anima e del tempo non hanno frontiere».
Per tutto ciò, ci ritroveremo a Riace, domenica 26 febbraio, per un’assemblea popolare, aperta e democratica, insieme a quanti sentono “nel più profondo del proprio essere” la disumana ingiustizia che si sta consumando sia nei confronti di Mimmo Lucano che verso quanti si impegnano strenuamente in pratiche di solidarietà e di accoglienza. Una assemblea che riprenda e rilanci un cammino condiviso e partecipato con Mimmo per una nuova umanità: con “più rispetto dei diritti umani, più pace che guerre, più uguaglianza, più libertà che barbarie”.
Sasà Albanese, Siderno (RC)
Isidoro Napoli, JIMUEL INTERNET MEDICS FOR LIFE, Siderno (RC) (Ambulatorio Riace)
Emmida Multari Cardiologa, Siderno (Ambulatorio Riace)
Laura Pipino, Siderno (RC)
Anna Romeo Siderno (RC)
Silvio Frascà, Siderno (RC)
Francesco Martino, Siderno (RC)
Silvana Leonardo, attivista, Siderno (RC)
Gianluca Albanese, giornalista, Siderno (RC)
Giuseppe Oppedisano, presidente sezione ANPI di Siderno(RC)
Michela Albanese, Siderno (RC)
Antonio Sgambelluri, Siderno (RG)
Piero Idone, Villa San Giovanni, (RC)
Angelo Raso, Legambiente, Villa San Giovanni, (RC)
Nuccio Barillà, Lega Ambiente, Reggio Calabria
Nino Mallamaci, Reggio Calabria
Antonio Campolo, Reggio Calabria
Maurizio Marzolla, Reggio Calabria
Donata Maria Murolo, Reggio Calabria
Giuseppe Licordari, Reggio Calabria
Salvatore Miceli, Reggio Calabria
Lorenzo Fascì, Reggio Calabria
Rosario Rocca, Benestare (RC)
Turi Murace, Bivongi, (RC)
Chicco Galmozzi, Bivongi (RC)
Rosalba Bosco, Bivongi (RC)
Pino Passarelli, Bivongi, (RC), vive a Milano
Enzo Infantino, Palmi (RC)
Luisa Pandolfini Oppido Mamertina (RC)
Giuseppe Rugolo, Oppido Mamertina (RC)
Luigi Carrano, Oppido Mamertina (RC), vive a Faenza
Antonino Mammoliti, Oppido Mamertina RC
Salvatore Violi, Oppido Mamertina RC
Maria Cammarari, Oppido Mamertina RC
Walter De Fiores, Bovalino (RC)
Armando Panetta, Locri (RC)
Giovanni Ruffo, Bovalino (RC)
Mauro Chiera, Caulonia (RC)
Maurizio Zavaglia, Gioiosa Ionica (RC) – Cooperativa sociale Nelson Mandela (progetto Diamo Luce a Riace)
Modafferi Sandro Nicola, Associazione Gioiosa Bene Comune, (RC)
Rosanna Larosa, Gioiosa Ionica (RG)
Daniela Larosa, militante comunista, perito turistico, Mammola (RC)
Lucia Nesci, Ardore (RC)
Antonino Richichi, Campo Calabro, (RC)
Antonio Meli, operatore Città Futura, Riace (RC)
Cosimo Meli Riace (RC)
Cristina Bonzagni, Sezione ANPI Carla Nespolo, Riace (RC)
Antonio Nicolò segretario della sezione ANPI Carla Nespolo, Riace (RC)
Maria Ripamonti, attivista storica Progetto Riace Villaggio Globale
Maria Furfaro, Mammola (RC)
Rosita Lombardo, Roccella Ionica (RC)
Surace Anna, Roccella Ionica(RC)
Lombardo Valentino, Roccella Ionica(RC)
Pacicca Emma, Roccella Ionica(RC)
Maria Teresa Lombardo, Roccella Ionica (RC)
Lucia Spagnolo, Roccella Ionica (RC)
Iervasi Nicola, Roccella Jonica (RC)
Zajac Agnese, Roccella Jonica (RC)
Camera del Lavoro Cgil di Ardore Marina (RC)
Sindacato Pensionati Cgil di Ardore Marina (RC)
seguono, al 15 febbraio, altre 500 firme
NOTA :
TOMASO MONTANARI, VOLERE LA LUNA
https://volerelaluna.it/speciale/2018/05/30/volere-la-luna/
Cosa vuol dire Volere la luna
Volere la luna è capire che il mondo non si divide in italiani e stranieri. Ma «in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro». E volere la luna significa affermare, con i fatti, che «gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri» (Don Lorenzo Milani).
Volere la luna vuol dire credere ancora, e più di prima, che è «compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (Costituzione della Repubblica, art. 3). E volere la luna è ricordare che la Repubblica siamo tutti, e ciascuno: e, dunque, rimbocchiamoci le maniche.
Volere la luna significa pensare che fare solidarietà è fare politica. Che fare la pace è fare politica. Che fare eguaglianza tra i generi è fare politica.
Volere la luna è pensare che la politica serva a cambiare la vita di tutti: non solo di chi la fa.
Volere la luna vuol dire volere, e costruire, un mondo diverso: dove cercare il senno che questo mondo ha smarrito, come Orlando. Perché «altri fiumi, altri laghi, altre campagne / Sono là su, che non son qui tra noi / Altri piani, altre valli, altre montagne» (Ludovico Ariosto). Volere la luna vuol dire pensare che i fiumi, i laghi, le campagne, i piani, le valli e le montagne di questo mondo siano un bene comune. Che non si possono distruggere con Grandi Opere inutili: perché vogliamo invece tramandarli a chi, domani, vorrà la luna.
Volere la luna significa combattere e sconfiggere ogni fascismo: quello vecchio che non è mai morto, quello nuovo che torna – e torna al governo.
Volere la luna: e non rassegnarsi, quando non te la danno. Come Pietro Ingrao: che da bambino chiese la luna a suo padre. E non smise di volerla per tutta la sua lunga vita.
Volere la luna: cioè costruire una democrazia che non si riduca a oligarchia o a plebiscito. Una democrazia che non pensa di salvarsi emarginando il dissenso e truccando le carte in nome della governabilità, ma che si salva con più democrazia, più rappresentanza, più partecipazione.
Volere la luna: quella vera. Non tutte le false lune che ci vengono vendute. «Stupido, ti riempiamo di ninnoli da subito / In cambio del tuo stato di libero suddito / No! / È una proposta inopportuna / Tieniti la terra uomo / Io voglio la luna / Io non sono nero / Io non sono bianco / Io non sono attivo / Io non sono stanco / Io non provengo da nazione alcuna / Io, sì, io vengo dalla luna» (Caparezza).
Volere la luna. Quella in cui «tutti i cittadini sentiranno nella scuola il presidio della Nazione» (Concetto Marchesi). Una nazione per via di cultura: e dunque aperta a tutti coloro che vengono in pace. E che, venendo, la cambieranno: così che «fiorirà la giustizia e abbonderà la pace, finché non si spenga la luna» (Salmo 71).
Volere la luna per stare con i piedi saldamente piantati per terra. Perché è «bellissima cosa, e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna…: con la certezza della sensata esperienza chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti» (Galileo). Guardare la luna non vuol dunque dire immaginare una terra perfetta: ma imparare a governarla, per renderla meno «scabra e diseguale».
«Volere la luna significa proporsi quello che può sembrare impossibile a molti, ma che in realtà dovrebbe essere normale: cambiare radicalmente il proprio modo di essere, di pensare, agire, cooperare e aggregarsi, tenendo fermi i valori di riferimento di un solidarismo radicale. Il mondo è cambiato, è ora di cambiare noi stessi. E il nostro modo di stare insieme. A cominciare da tre obiettivi primari: contrastare le diseguaglianze, promuovere ma soprattutto praticare forme di partecipazione solidale, favorire la rinascita di un pensiero libero e critico. Cioè non limitarsi a proclamare i propri valori, ma praticarli concretamente, con azioni positive quotidiane, creazione di occasioni di prossimità, di spazi, anche limitati, di relazione, di strumenti di comunicazione aperti e critici» (dallo statuto di «Volere la luna»).
Volere la luna, dunque, vuol dire cambiare noi stessi per cambiare le nostre città; cambiare l’Italia per cambiare l’Europa e per cambiare il mondo. Con il tempo che ci vorrà: senza scorciatoie, leaders carismatici o partiti estemporanei.
«Forse s’avess’io l’ale / Da volar su le nubi, / E noverar le stelle ad una ad una, / O come il tuono errar di giogo in giogo, / Più felice sarei, dolce mia greggia, / Più felice sarei, candida luna» (Giacomo Leopardi).
Volere la luna è costruirsi queste ali. Insieme.
A Montanari, che vuole caparbiamente e giustamente la Luna, rispondiamo convinti: anche noi!