Roberto Rododendro, 2 gennaio 2023 ore 00.45 + un possibile commento : Concita De Gregorio, Repubblica – 8 gennaio 2023 pp. 1-28

 

 

 

REPUBBLICA – 8 GENNAIO 2023 

https://www.repubblica.it/commenti/2023/01/07
/news/leuropa_vista_dallaustralia_il_paese_
delle_possibilita-382492091/

 

 

L’Europa vista dall’Australia: cercando il luogo delle possibilità

 

Capodanno a Melbourne, AustraliaCapodanno a Melbourne, Australia (ansa)

 

Noi siamo stanchi, avviliti, disillusi. Agli antipodi, invece, le nuove democrazie sono piene di fiducia. E sono certe che cambieranno il mondo

Dice: non ci chiediamo abbastanza come stai. Vero. Facciamolo, dunque. “Come stai?”. “Sono stanco. E tu?”. “Sono esausta”. Le mie risposte, nel campione infinitesimale di persone relativamente intime, sono queste: sfinito, avvilito, disilluso. Stanco.

Qualche settimana fa si parlava qui del sentimento di risacca: bassa marea, sentore di alghe che marciscono, sensazione che nulla possa migliorare più. Che altro può succedere?

La politica offre di sé uno spettacolo desolante, la sinistra è scomparsa e la destra – in assenza di alternative – potrebbe governare per anni e persino, si affaccia la possibilità, non fare peggio di chi l’ha preceduta. Niente, al massimo. Il suo interesse, come tutti: come chiunque ha fatto sempre. Spoil system, al solito. Che novità è, così fan tutti.

Il cinismo, il sarcasmo, la ferocia sanguinaria del “popolo del web”, chiunque questo popolo sia, dettano l’agenda del dibattito pubblico. Temi di discussione dell’anno appena terminato: Peppa Pig con due madri, dove e per chi canta Cristina D’Avena, bullismo nei reality show. L’agenda Facebook di Giorgia. Cattiva traduzione di un post di Greta Thunberg. Analfabetismo e tracotanza.

L’economia – motore di ogni cosa – è in panne. Non migliorerà. La guerra non finirà. Amazon licenzia diciottomila persone, Netflix non va bene, Elon Musk crolla in Borsa, il Papa emerito è morto e quello che resta non si sente bene. Chiunque protesti, anche debolmente, è un nuovo terrorista: del tutto immemori, i nuovi censori, delle armi che hanno sparato e ucciso nella loro gioventù, non era vernice. Ma certo, erano altri tempi: passioni forti, allora. Debolissime adesso.

La rivoluzione è un post su Instagram, per la vecchia Europa quando ha voglia di esser solidale con i ragazzi messi a morte dai regimi. Corrotta, la vecchia Europa. Al soldo di chi ha denaro e paga: certo non tutti si fanno pagare, ma parecchi. Potrei continuare, potreste continuare voi: ci siamo capiti. Sanremo non basterà a risollevare gli animi. La nuova fiction di RaiUno al massimo intratterrà le anziane madri in poltrona.

Non so se sia solo nostra, questa stanchezza, o – appunto – la senescenza del Primo Mondo. La terza età, la quarta, delle democrazie di radice millenaria. Forse, semplicemente, il primato dell’Europa, degli Stati Uniti – la superiorità degli esportatori di democrazia – è al capolinea.

Succede. Le cose finiscono. I cicli si chiudono e qualcun altro avanza. Le civiltà si corrompono, gli imperatori danno fuoco alle città, nominano senatori i loro cavalli. Succede.

Sono stata agli antipodi, di recente. Mi ha colpito in primo luogo il messaggio di accoglienza in aeroporto: benvenuti agli antipodi. Si misurano a partire da noi, dall’altra parte del mondo – il mondo nuovo. Noi, il punto zero. Noi la sorgente del metro, l’origine delle cose. Sapessero.

Per nessuna ragione al mondo si possono fare racconti di viaggio se non a consanguinei anziani e pazientissimi, talvolta a figli interessati alla ricarica della carta prepagata. Quindi mi guardo bene dal bignami di dieci giorni, poi, cosa vuoi capire in dieci giorni.

Però una cosa sulla stanchezza l’ho forse intravista e vorrei condividerla qui, sia mai che si riesca a parlare d’altro che non sia il risentimento di Harry, il figlio di scorta. Da lì proviene, del resto, la storia recente del Mondo Nuovo: dal glorioso impero britannico.

Eppure: sì, sono pieni di rabbia, hanno conti aperti con la Storia – la storia d’Europa – ma no, non sono stanchi. Al contrario: pensano che cambieranno le cose, il corso delle cose.

Sono pieni di fiducia nelle loro possibilità: le nuove democrazie, quelle che noi da qui non calcoliamo neppure quando facciamo l’elenco di chi conta nel mondo, sono certe che cambieranno il mondo. Vale la pena dare un’occhiata. Metti che abbiano ragione e non ci abbiamo fatto caso.

Una sola cosa, un dettaglio. Se apri il sito della National Gallery of Victoria ( NGV) spettacolare pinacoteca a Melbourne, se assisti a un evento pubblico, all’inaugurazione di un corso universitario, a una conferenza o a una lezione di scuola elementare per prima cosa, chiunque parli, premette: “Siamo consapevoli che i Wurundjeri Woi-Wurrung sono i proprietari della terra su cui abitiamo”.

 

Da Veracruz, Testa con vita e morte (300-600 d.C.)

NGV –Da Veracruz, Testa con vita e morte (300-600 d.C.)
I, Sailko

 

Maiolica di Urbino, bottega di Fontana e Patanazzi, vaso di Caino e Abele (1580 circa)
NGV -Maiolica di Urbino, bottega di Fontana e Patanazzi, vaso di Caino e Abele (1580 circa)I, Sailko

https://it.wikipedia.org/wiki/National_Gallery_of_Victoria

 

Una delle molte etnie di aborigeni che non hanno mai ceduto, in effetti, la sovranità del loro territorio. Sono stati sterminati dal colonialismo europeo, sono ancora lì: una ferita aperta e non risolta. Il senso di colpa permanente di chi è venuto dopo.

 

SITO DI QUESTI ABORIGENI

https://www.wurundjeri.com.au/
https://www.urbancolours.com.au/

 

È come se negli Stati Uniti ogni evento pubblico si aprisse con la dichiarazione: siamo consapevoli che queste terre sono dei nativi – quelli che noi chiamiamo gli indiani d’America. Quelli delle riserve, del folklore. Impensabile. Interessante, no? È come una macchina del tempo. È come tornare al momento in cui tutto è iniziato – con uno sterminio una colonizzazione – e dire: siamo qui, governiamo, ma è tutto fondato sul sopruso.

Questa faccenda della macchina del tempo è del resto un grandissimo attrattore: quanti sono i film, le serie tv che ci raccontano di persone portate in un altro tempo che cambiano il corso della storia? Quanto ci affascina – nel nostro immaginario occidentale – tornare al principio, al bivio. Chissà come mai. E quindi questo: intanto riconoscere la violenza originaria. Certo non basta, ma serve.

Può succedere a chiunque, guardiamoci attorno, guardiamo alle guerre in corso: non sono forse tutte un tentativo di colonizzare, di cancellare la memoria dei nativi? E insomma, cosa c’è di interessante – per noi così stanchi di tutto – in un popolo che dice ricominciamo dalle colpe? Il rispetto della memoria, forse? Il tentativo di riprendere il filo dei perché e non dei cosa, dei come? Chi siamo e da chi veniamo.

Gli antipodi è un luogo di possibilità radicali. Una prospettiva rovesciata: il vecchio è bizzarro, visto da lì, incomprensibile nel suo cinismo. Il sarcasmo fa parte del girone di ritorno della storia: devi aver vissuto il viaggio di andata ed esserne sazio, essere stanco di tutto – appunto. Disilluso.

Il senso dell’umorismo è diverso, agli antipodi: il nostro non lo capiscono, è macabro e esausto. Sono in grado di dire “sei grasso”, se sei grasso. Perché è vero, sei grasso. Sei strabico, se sei strabico. Poi ridono.

 

Einaudi 2022

 

Cercavo il paradiso di Paolo Giordano, nei miei pochi giorni in Tasmania. Non so se sia il luogo in cui ci salveremo dall’Apocalisse, quell’Eden di piccoli canguri che entrano in casa dal giardino sul retro mentre le famiglie giulive giocano ai birilli. Quel luogo di possibilità intatte, nuove da scrivere.

Ci sono giovani italiani a capo di corporation multinazionali, ragazzi meno che trentenni, che ti invitano a una birra e ti dicono è qui, che bisogna stare. Qui pagano il lavoro. Riconoscono il merito. Cento dollari per mezza giornata. Che storia.

Poi c’è un primo ministro figlio di un padre di Barletta che non l’ha mai voluto, è dovuto venire lui in Italia a incontrarlo poco prima che il vecchio morisse. Era un marinaio, il vecchio. La madre, australiana, ha cresciuto il figlio da sola. Italiani, gente così.

Ma come fai a non andare a vedere chi sono, questi padri. Tocca andare e perdonarli. Tocca fare i conti con la loro storia arcaica, egoista e cinica. Poi tornare a casa, agli antipodi, e mettere il rombo ai motori. Altro che stanchi. Stanchi siamo noi, sfiniti

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1 risposta a Roberto Rododendro, 2 gennaio 2023 ore 00.45 + un possibile commento : Concita De Gregorio, Repubblica – 8 gennaio 2023 pp. 1-28

  1. Chiara Salvini scrive:

    chiara : sto pensando al tempo, abbastanza lungo ( 10 anni ) in cui ho vissuto in Brasile a
    San Paulo, girando molto poco per il paese. Allora ero più allegra contaminata da un paese ” emergente “, diciamo così– un paese che balla per le strade con tanta allegria ?
    La risposta mi viene subito: la gente è molto accogliente, ma tu vivi godendoti il buon umore di tanti, ma allo stesso tempo, soffri molto nel vedere come la gente comune vive malissimo. Veniva a casa mia una donna per stirare: partiva al mattino tre/ quattro ore prima, e lasciava la bambina legata al letto per ritrovarla sana al ritorno. Avevo una compagna di università che aveva uno chaffeur – e una macchina – a sua disposizione tutto il giorno, che la portava a scuola e l’aspettava che uscisse – Lei era molto gentile e molto brava a scuola, niente da dire. Mentre c’era gente che non riusciva a “mettere insieme i fagioli con il riso ” – espressione loro – come dire che qui uno non riesce a mettere insieme il pomodoro con la pasta. Non è che qui non vedi le grandi differenze, ma là così radicali da soffrirne molto di più. Per finire gli esempi: una mia collega al corso di psicoanalisi, abitava da sposata in un a villa con giardino e aveva dieci persone impiegate e, una, che doveva dirigerle. Qui sono triste, anche sfinita – certo c’è l’età – ma non mi sposterei in un posto del ” nuovo mondo ” come si dice in questo articolo. E ancora : facendo l’università di psicologia, ho incontrato un ragazzo nero nel ” corso di base ” che poi è anche sparito, e in tutti gli anni seguenti non ne ho più visto.

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