BLOG DI PAOLO STATUTI, TRADUTTORE DI MAJAKOVSKI
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Vladimir Majakovskij (1893-1930)
Sentite un po’!
Sentite un po’!
Ma se le stelle si accendono –
significa – servono a qualcuno?
Significa – qualcuno le vuole?
Significa – quegli sputacchi per qualcuno sono perle?
E, soffocato
nelle bufere di polvere meridiana,
si precipita da dio,
teme d’essere in ritardo,
piange,
gli bacia la mano nerboruta,
prega –
che ad ogni costo in cielo ci sia una stella! –
giura –
che non sopporterà quel tormento senza stelle!
E dopo
cammina inquieto,
ma tranquillo in apparenza.
Dice a qualcuno:
“Allora adesso non c’è male?
E’ passata la paura?
Sì?!
Sentite un po’!
Ma se le stelle
si accendono –
significa – servono a qualcuno?
Significa – è necessario
che ogni sera
sopra i tetti
ci sia almeno un stella?!
1914
E voi potreste?
In un attimo ho unto la mappa del trantran
con la vernice versata dal bicchiere;
ho mostrato sopra a un piatto di gelatina
gli zigomi obliqui dell’oceano.
Sulla scaglia di un pesce di latta
ho declamato gli appelli di nuove labbra.
E voi
potreste
sonare un notturno
su un flauto di grondaie?
1913
Al diletto se stesso,
queste righe dedica l’autore
Quattro.
Pesanti, come un colpo.
“A Cesare quel che è di Cesare – a dio quel che è di dio”.
E a uno
come me,
dove ficcarsi?
Dove ho pronto il mio giaciglio?
Se fossi
piccolo,
come un oceano, –
sulle punte delle onde starei,
con la marea vezzeggerei la luna.
Dove trovarmi
una diletta come me?
Una così non entrerebbe nell’esiguo cielo!
Oh, se io fossi indigente!
Come un miliardario!
Cos’è per l’anima il denaro?
In essa c’è un avido ladro.
Alla sfrenata orda dei miei desideri
non basta l’oro dell’intera California.
Se balbettassi
come Dante
o Petrarca!
L’anima accendere a una sola!
Coi versi ridurla in polvere!
E le parole
e il mio amore –
un arco di trionfo:
solennemente,
senza lasciar traccia passeranno in essa
le amanti di secoli interi.
Oh, se io fossi
quieto,
come il tuono, –
frignerei,
tremando stringerei il vecchio eremo della terra.
Se io con tutta la sua potenza
tuonerò con la mia enorme voce, –
le comete si torceranno la mani ardenti,
gettandosi giù per disperazione.
Io con i raggi degli occhi rosicchierei le notti –
oh, se io fossi
oscuro come il sole!
Ho tanto bisogno
di abbeverare col mio splendore
il seno smunto della terra!
Passerò,
la mia amata trascinando.
In quale notte
delirante,
sofferente
da quali Golia sono stato concepito –
io così grande
e che non servo a niente?
1916
Non capiscono niente
Entrò dal Barbiere, disse – tranquillo:
“Siate gentile pettinatemi le orecchie”.
Il barbiere rasato subito diventò aghiforme,
la faccia si allungò come in una pera.
“Pazzo!
Buffone!” –
danzavano le parole.
Gli insulti turbinavano tra i guaiti,
e a lu-u-u-u-ngo
una testa sogghignava
staccandosi dalla folla, come un vecchio ravanello.
1913
Alle insegne
Leggete libri di ferro!
Al flauto d’una lettera dorata
accorreranno aringhe affumicate
e navoni dai riccioli d’oro.
E se con gaiezza canina
roteranno le costellazioni “Maggi” –
l’ufficio dei convogli funebri
manderà i propri sarcofaghi.
Quando, cupo e lacrimoso,
spegnerà i segni dei lampioni,
innamoratevi sotto un cielo di bettole
dei papaveri delle teiere di faenza!
1913
Tu
Sei giunta –
risoluta,
al mio ruggito
per la mia statura,
e gettato uno sguardo
hai visto solo un ragazzo.
Hai afferrato,
hai rapito il mio cuore
e semplicemente
hai preso a giocare con esso –
come una bambina con la palla.
E ciascuna –
come vedendo un prodigio –
la dama che restò di stucco
e la vergine fanciulla.
“Amare uno come quello?
Uno così si avventerà!
Deve essere una domatrice.
Deve venire dal serraglio!”
Ma io esulto.
Il giogo –
non c’è!
Stordito dalla gioia,
saltavo,
ballavo come un pellirossa alle nozze,
tanto ero allegro,
tanto ero leggero.
1919
La blusa del bellimbusto
Io mi cucirò neri calzoni
di velluto della mia voce.
Una blusa gialla di due metri di tramonto.
Lungo il Nevskij del mondo e le sue lucide parti,
andrò col passo di un Don Giovanni e di un bellimbusto.
Che la terra gridi, effeminata e tranquilla:
“Tu vai a violentare le verdi primavere!”
Io urlerò al sole, con un ghigno insolente:
“Sul liscio asfalto mi piace grandeggiare!”
Non perché il cielo è blu,
e la terra mi è amante in questo lindore festivo,
io vi dono versi, allegri, come burattini
e pungenti e necessari, come stuzzicadenti!”
Donne che amate la mia carne, e la ragazza
che mi rivolge lo sguardo come a un fratello,
lanciate i vostri sorrisi a me, il poeta, –
io li cucirò come fiori sulla mia blusa di bellimbusto!
1914
Commiato
In macchina,
cambiato l’ultimo franco.
– A che ora per Marsiglia? –
Parigi
corre,
accompagnandomi
in tutta
l’impossibile bellezza.
Accedi
agli occhi,
brodaglia del distacco,
il cuore
spaccami
col sentimentalismo!
Io vorrei
vivere
e morire a Parigi,
se non ci fosse
una terra simile –
Mosca.
1925
E’ passata l’una…
E’ passata l’una. Dovresti andare a letto.
La Via Lattea scorre argentea nella notte.
Non ho fretta; con telegrammi lampo
Non ho motivo di stancarti e turbarti.
E, come essi dicono, l’incidente è chiuso.
La barca dell’amore s’è infranta contro la fatica del giorno.
Adesso tu ed io siamo pari. Perché dunque il fastidio
Di bilanciare le reciproche sofferenze e ferite?
Guarda ciò che la quiete posa sul mondo.
La notte copre il cielo in omaggio alle stelle.
In ore come queste, ci si alza per parlare
Agli anni, alla storia, a tutto il creato.
Ricchissime di immagini questa poesie che si fanno, secondo me, con l’aumento degli anni del Poeta, sempre più belle, più profonde e coinvolgenti.