grazie ” ora e sempre ” a Donatella ! — TOMASO MONTANARI, Flush, meglio un cane per pensare a Firenze in una chiave umana –IL FATTO QUOTIDIANO, FQ EXTRA, 1 SETTEMBRE 2022

 

IL FATTO QUOTIDIANO, FQ EXTRA, 1 SETTEMBRE 2022
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/09/01/flush-meglio-un-cane-per-pensare-a-firenze-in-una-chiave-umana/6787096/

Flush, meglio un cane per pensare a Firenze in una chiave umana

 

Casa Guidi - Poetical Florence - SoviglianoElisabeth e Robert Browning

 

LA WOOLF E LA BIO DEL QUADRUPEDE – La “guida”. Era il cocker spaniel della poetessa Elizabeth Barrett Browning

 

DI TOMMASO MONTANARI

 

1 SETTEMBRE 2022

La mia Firenze è una moneta spesa troppe volte, una terra troppo arata. Troppo nel cuore di troppi uomini illustri. Troppo fotografata, troppo venduta, troppo parlata. E così, forse, gli unici occhi con cui ancora guardarla sono quelli di chi non “sottomise alla deformazione della parola… una sola delle sue miriadi di sensazioni” sperimentate nelle strade calde e puzzolenti dell’Oltrarno fiorentino. È di Flush che parliamo, il cocker spaniel di Elizabeth Barrett Browning: la poetessa inglese che visse parte della sua vita a Firenze, e che per sempre vi rimase a dormire nel sublime Cimitero degli inglesi, quest’isola dei morti di Böcklin poi ridotta a spartitraffico.

Firenze: Casa Guidi | Turismoletterario.com

CASA GUIDI

È a Flush che nel 1933 Virginia Woolf dedica una meravigliosa biografia: sì, la biografia di un cane. E davvero per pensare a Firenze in modo umano, per poterla guardare, amare, vivere senza contaminarsi col tanfo micidiale emanato dallo sciacallaggio del passato che ispira gran parte del suo cosiddetto ceto produttivo, e che ha trovato negli ultimi sindaci degni cantori, è proprio di un cane che abbiamo bisogno.

Flush. Biografia di un cane. Ediz. a colori - Virginia Woolf - copertina
2019 — illustrazioni di Iratxe Lopez de Munáin

 

E di altri tanfi, mescolati inestricabilmente a profumi meravigliosi: “Flush invece gironzolava per le strade di Firenze lasciandosi rapire con piacere dagli odori. Si faceva strada tra i corsi e i viottoli, attraverso piazze e viali grazie all’olfatto. Da un odore all’altro fiutava il suo cammino: brutale, delicato, scuro, dorato. Entrava, usciva, saliva e scendeva dove forgiavano l’ottone, dove cuocevano il pane, dove le donne sedevano a farsi i capelli, sui lastricati dove le gabbie per uccelli erano impilate una sull’altra, dove il vino macchiava i pavimenti di rosso scuro, dove c’erano odore di pelle e di finimenti e d’aglio, dove venivano sbattuti i panni, dove le foglie di vite tremavano, dove gli uomini andavano a bere, sputare e scommettere. Lui correva dentro e fuori, sempre con il naso incollato a terra, assorbendo l’essenza, oppure con il naso per l’aria vibrante d’aromi. Dormiva in quella macchia calda di sole – come puzzava la pietra!”. Non mancavano le insidie di una città ancora povera e popolare: “il martirio di Savonarola a Firenze – aveva scritto Mrs. Browning – non doveva essere tanto peggiore di quello di Flush in estate. Le pulci spuntavano in ogni angolo delle case fiorentine, saltavano e balzavano fuori da ogni crepa delle vecchie pietre, da ogni piega della tappezzeria, da ogni mantello, copricapo o coperta”. Come è diversa questa Firenze rasoterra, creaturale: lontanissima dalla retorica della cartolina, del salotto. Una Firenze certo in gran parte scomparsa, e che però un poco sopravvive proprio nel quartiere dove Flush viveva, l’Oltrarno. È questo il teatro delle avventure del nostro meraviglioso cane, da Piazza Santo Spirito a San Frediano fino al grande parco allora intatto, e oggi tenuto in modo osceno: Flush “conosce ogni strada di Firenze” e ama “correre libero tra l’erba smeraldo del Parco delle Cascine, dove svolazzavano i fagiani rossi e oro”. Elizabeth Barrett e suo marito Robert Browning avevano preso casa all’angolo fra via Mazzetta e piazza San Felice, a un passo dalla via Maggio dove passavano i cortei granducali, proprio sotto la reggia di Pitti: l’amatissima Casa Guidi, ancora visitabile come museo di quel memorabile soggiorno.

Casa Guidi - Ministero della cultura

foto : Min. della Cultura

Era il 1848, ed “erano a Firenze da poco, quando una notte ci fu un tale vociare e calpestare in strada che corsero al balcone a vedere cosa stava succedendo. Sotto, una gran folla s’era radunata conducendo bandiere, gridando e cantando. Mr. e Mrs. Browning si sporsero dalla balaustra e applaudirono ancora e ancora. (…) Anche Flush, per un po’ di tempo, ritto tra loro con le zampe sul davanzale, aveva fatto del suo meglio per esultare. Ma alla fine non era riuscito a nasconderlo – aveva sbadigliato (…) Tutto quell’entusiasmo per un Granduca era esagerato, credeva. Così, mentre il Granduca passava, si accorse di una cagnetta ferma davanti al portone. Approfittando di un momento di particolare entusiasmo di Mrs. Browning, sgusciò via dal balcone e uscì. Tra gli striscioni e la folla seguì la cagnetta che si dileguava nel cuore di Firenze, dove le grida e gli schiamazzi delle persone arrivavano affievoliti, prima di svanire del tutto. Le luci delle torce si spensero – solo una stella o due brillavano sulla superficie dell’Arno mentre Flush giaceva con la cagnolina pezzata al suo fianco, accucciati per terra nel guscio di una vecchia cesta. Laggiù, perduti nel loro amore, rimasero fino al sorgere del sole”. Invano si cercherebbe oggi un po’ di questa antiretorica, in una Firenze prona al culto dei granduchi attuali, amici dei signori sanguinari del Rinascimento saudita.

 

Firenze - Lungarno di notte

Lungarno di notte- foto : http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/20221

 

 

Ma non si pensi che il nostro quadrupede eroe si abbandonasse solo ai sensi. Lontano dai musei e dalla mondanità delle mostre, egli conosceva intimamente la vera Firenze, quella che ancora oggi può sedurci, e restituirci un po’ d’anima: “seguiva la dolcezza estenuante dell’incenso negli intrichi violacei delle cattedrali buie e, annusando l’oro delle tombe invetriate, cercava di leccarlo. Né meno acuto era il suo tatto. Conosceva Firenze nella levigatezza dei marmi e nella ruvidità granulosa dei selciati. Le pieghe pallide dei drappeggi, le dita e i piedi di pietra liscia ricevevano la carezza della sua lingua e il brivido del suo muso tremante. Sotto i cuscinetti infinitamente sensibili delle zampe s’imprimevano chiare le orgogliose iscrizioni latine. In definitiva, conosceva Firenze come mai nessun essere umano aveva potuto, come Ruskin non l’aveva conosciuta e George Eliot nemmeno”.

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1 risposta a grazie ” ora e sempre ” a Donatella ! — TOMASO MONTANARI, Flush, meglio un cane per pensare a Firenze in una chiave umana –IL FATTO QUOTIDIANO, FQ EXTRA, 1 SETTEMBRE 2022

  1. DONATELLA scrive:

    Elegia ad un cane che amiamo e che rappresenta l’essenza stessa dei quadrupedi che accettano benevolmente di esserci amici.
    Didì era un cane perbene. Aveva padroni affettuosi che lo nutrivano e che gli davano ogni tanto gustose prelibatezze. Dormiva sul loro letto, mangiava insieme a loro, lo accarezzavano, lo lasciavano annusare per strada tutti gli odori disgustosi per gli umani ma per lui sublimi. Dato che era molto intelligente apprezzava le manifestazioni di vero amore da parte dei suoi genitori-padroni e cercava di ricambiare le loro carezze, le grattatine sulla testa, i meravigliosi e proibiti bocconcini che ogni tanto gli arrivavano sotto il tavolo da parte della padrona di casa all’ora di colazione, pranzo e cena. La cosa che, in tutta quella tenerezza e rispetto, gli dava un po’ fastidio, era di essere nominato e classificato come “cane”. Quella parola, così dura per la lingua italiana, che aveva al di là delle intenzioni di chi la pronunciava un suono offensivo, lui non la poteva proprio sopportare. Era un cane che aveva molto pensato, quando gli umani credevano che sonnecchiasse, ed era deciso ad abolire la parola per lui veramente odiosa dal vocabolario che era costretto ad udire ogni giorno. Quando veniva pronunciata, anche in modo totalmente innocente, si metteva a ululare in modo sinistro, facendo immaginare agli ignari umani catastrofi e tragedie apocalittiche. L’ululato del cane è in genere un suono potente e per niente allegro, foriero di mali estremi. Si comunica immediatamente agli altri compagni canini anche per chilometri, insomma succede una vera e propria cagnara. Didì, cane intelligente e riflessivo, amante dei suoi padroni e ammiratore convinto delle cagnette che gli passavano accanto per la via, aveva così trovato un’arma formidabile per seppellire quell’orrenda parola nel polveroso dizionario su cui tante volte aveva produttivamente sonnecchiato. Gli umani, per primi i suoi genitori adottivi, alla fine capirono il motivo di quella protesta sonora e inquietante, che rendeva impossibile una vita serena ai tranquilli e miti cittadini. Ci vollero svariati anni per ottenere finalmente la vittoria. Nel frattempo vennero fatte petizioni, inchieste psicologiche, si formarono gruppi di umani che sostenevano le tesi più diverse, si consultò perfino la Bibbia per prendere lumi dall’Altissimo, si studiò meglio la vita di San Francesco. Didì non smise mai di dare l’esempio: il suo ululo era diventato un urlo di guerra, che risvegliava il senso di dignità di tutta la sua specie al suono di quella orrenda parola. Il giorno in cui il maledetto termine venne escluso ufficialmente dal vocabolario corrente, con una solenne cerimonia in cui la parola “cane” scritta a grosse lettere su una pergamena venne bruciata in pubblico. Didì, finalmente soddisfatto, accarezzato teneramente dai “suoi” umani, andò sul grosso volume del dizionario che dormiva sulla scrivania padronale e, non se ne seppe mai il motivo, vi fece sopra una piccola, gentile, odorosa pipì.

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