MAURIZIO MAGGIANI, CHI SONO — una pagina piacevole da leggere dal suo sito ufficiale + Intervista sul suo libro : L’eterna gioventù, Feltrinelli, 2021 + un altro libro –

 

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Chi sono

 

Chi sono

 

 

 

 

 

 

 

Sono nato il primo di ottobre del 1951 da Dino, detto Dinetto per il suo animo gentile, e da Maria, detta Adorna in memoria della mula preferita da suo padre, mio nonno Armando, detto Garibà, Garibaldi, per il suo carattere, portamento e tempra politica. Sono nato nella casa costruita da mio nonno con gli scarti della fornace di mattoni del paese a ridosso della via Aurelia, nella frazione Molicciara di Castelnuovo Magra, la piana che dai suoi abitanti è chiamata Luni, perché è lì, da qualche parte nei campi, che ancora inciampano sulle rovine dell’antica città romana. La casa aveva un’aia, un orto e al di là dell’orto i campi che i miei avevano in affitto per coltivare patate, cavoli e formentone; lì io sono cresciuto indisturbato e felice. La casa e l’orto sono ancora lì, abitati da chi è restato della mia famiglia, ma quando mio padre Dinetto si è fatto operaio, ha preso sua moglie e i suoi figli e li ha portati in città, alla Spezia. Lì io sono arrivato fino alla giovinezza in solitudine e desolata nostalgia. Quello che ho fatto di buono è andare a scuola, primo e unico nella mia famiglia a spingermi fino a un diploma. Sono stato licenziato con il diploma magistrale e il consiglio di proseguire gli studi alla facoltà di architettura; questo a ragione di una propensione all’arte che i miei esaminatori avevano intravisto non saprei dire dove, se non nel fatto che non ero bravo in niente, ma avevo una macchina fotografica e ci scattavo delle fotografie. Era una Zenit sovietica che Dinetto aveva comprato per sé con 40 rate mensili da 1000 lire l’una; assieme all’orologio Omega era il suo orgoglio, ma non ci ha mai scattato una fotografia: è sempre stata mia finché non l’ho venduta per comprarne un’altra. Tre mesi dopo il diploma facevo già il maestro nella quinta classe di un prefabbricato che faceva da scuola nella periferia operaia della città. Avevo diciannove anni e crescevo assieme ai miei alunni; erano gli anni delle sommosse, ed ero certo di lavorare per il mondo nuovo. Ho ancora quella certezza e penso anche di essere stato un buon maestro; ho insegnato nel corso degli anni in carcere, nelle sezioni speciali per handicappati e in quelle sperimentali per il loro inserimento, e oggi so che è il più bel mestiere che abbia mai fatto. Ma sono curioso e mi piace stare in movimento, e ero un giovane uomo nell’epoca in cui in questo paese era ancora possibile muoversi con curiosità lavorando per vivere. Ho cambiato lavori e città continuando a crescere. Non ricordo più bene tutto quello che ho fatto per campare, ma so che ma mia vita è sempre stata movimentata e ricca di momenti fortunati. A ventidue anni sono stato chiamato dalla Olivetti nei suoi servizi sociali, e il mio primo stipendio era il doppio di quello di mio padre; me ne sono andato via per amare perdutamente una donna così come andava fatto. Nel ’74 mi sono procurato il primo videoregistratore portatile in circolazione e ho provato a farci qualcosa con i ragazzini di una scuola di montagna; da allora non ho più smesso di pensare che qualunque strumento è buono per creare qualunque cosa, anche la più meravigliosa. Ma poi sono andato in giro a vendere pompe idrauliche e mi piaceva moltissimo; ho fatto il fotografo industriale, e ho girato film pubblicitari per gli industriali del marmo e gli stagionatori di prosciutti, mentre fabbricavo audiovisivi politici con l’idea che immagini e suoni potessero essere un buon modo per far discutere la gente; a quel tempo funzionava, anche se erano strumenti poco adatti agli effetti speciali. Nel momento del bisogno ho fatto anche il mercante di arte contemporanea abbastanza autentica, anche se non del tutto, e venditore di libri, soprattutto dei miei. E nel ‘78 mi sono rotto la schiena facendo delle riprese in una cava di granito, e mi sono cercato un posto adatto a chi si prende una gran paura: sono diventato pubblico impiegato. Nell’85 mi sono comprato, firmando 36 cambiali, un computer Apple, il primo che si fosse visto in circolazione, e con quello ho imparato a scrivere. Perché scrivere su quell’apparecchio mi dava un gran piacere tattile e visivo, perché ho scoperto che potevo costruire parole, e con le parole pensieri, che erano immagine composta così come si compone un’inquadratura fotografica, o cinematografica. E poi mi sono rotto una gamba in cinque pezzi, in uno strepitoso incidente di motocicletta, e tutto quello che ho potuto fare per tre lunghi anni è stato di volerle abbastanza bene per non lasciare che me la portassero via, e inventarmi qualcosa per non intristirmi di deboscia da antidolorifici. Con il mio Apple ho scritto una lettera al quotidiano della città e di lì in poi mi hanno chiesto di scrivere a pagamento; sempre con quello ho scritto una lettera a una donna e quella lettera è stata spedita a cura del mio miglior amico a un concorso per componimenti letterari inediti che divenne leggendario per la straordinaria partecipazione popolare. La lettera vinse il concorso sotto forma di racconto letterario. La lettera era intitolata “Prontuario per la donna senza cuore”, c’erano dei sospesi pesanti tra me e quella signora, e quel titolo è rimasto. Tra me e lei le cose non sono cambiate se non in peggio, ma ho cominciato a ricevere telefonate da editori che mi chiedevano se per caso avessi “qualcosa nel cassetto”. Il mio cassetto era vuoto, ed è sempre rimasto così, ma alla quinta telefonata ho detto che sì, avevo qualcosa. Ero curioso di vedere cosa sarebbe successo, non ho mai smesso di essere curioso, e sono diventato romanziere. Da allora credo di aver scritto e pubblicato una decina di storie romanzesche e un migliaio di articoli, qualcosa che assomiglia a una carriera. Comunque, vivo di quello, onorevolmente e con orgoglio mantengo la mia famiglia con il sudore delle mia dita e il patimento dei miei occhi. Come per tutto il resto che di buono mi è capitato nella vita, ed è stato molto, ne sono debitore alle fortunate coincidenze, all’amicizia di uomini e donne generosi, alle strade che cammino e agli incontri che mi regalano. Ah, adesso che mi viene in mente, ho fatto anche il conduttore televisivo, qualcosa come un centinaio di puntate di “La Storia siamo Noi”, nel ’99 se ricordo bene, e in quella occasione ho imparato molto di quello che mi piace e non mi piace fare. So che non mi piace lavorare più del necessario, e non mi piace neppure guadagnare più di quello che mi serve. E questo mi mantiene ancora in forma, nonostante sia un vecchio zoppo ormai ipovedente. L’anno passato ho ereditato l’orologio Omega di mio padre Dinetto e mi capita di far caso al suo tic tic tic. È un suono armonioso e rassicurante, il suono di una cosa fatta a regola d’arte, il suono che mi piacerebbe fosse quello della mia vita. (foto Moreno Carbone)

Pubblicazioni con Feltrinelli: Vi ho già tutti sognato una volta (1990), Felice alla guerra (1992), màuri màuri (1989, e poi 1996), Il coraggio del pettirosso (1995; premi Viareggio Rèpaci e Campiello 1995), La regina disadorna (1998; premi Alassio e Stresa per la Narrativa 1999), È stata una vertigine (2002; premio letterario Scrivere per amore 2003), Il viaggiatore notturno (2005; premi Ernest Hemingway, Parco della Maiella e Strega), Mi sono perso a Genova. Una guida (2007), il cd con libro Storia della meraviglia. 12 canzoni e 3 monologhi (con Gian Piero Alloisio; 2008), Meccanica celeste (2010), Zafferano (2011, nella collana digitale Zoom), I figli della Repubblica. Un’invettiva (2014), Il Romanzo della Nazione (2015; Premio Elsa Morante 2015; Premio Anthia 2016), La zecca e la rosa (2016), L’amore (2018), L’eterna gioventù (2021).

 

 

VITA

4 SETTEMBRE 2021 

http://www.vita.it/it/article/2021/09/04/maggiani-il-mondo-sara-salvato-dai-piccoli-eroi-quotidiani-ce-lo-inseg/160313/

 

Incontri

Maggiani: «Il mondo sarà salvato dai piccoli eroi quotidiani. Ce lo insegna l’Afghanistan»

 

 

Lo scrittore e intellettuale, in libreria con la sua ultima fatica editoriale “L’eterna gioventù”, ragiona: «Questa guerra dimostra come viviamo in un mondo che si illude di essere l’unico possibile. Solo chi sa che non è così e riesce ad immaginarne un altro, può salvarci. Come i cooperanti». L’intervista

La narrazione circa l’uscita dal contesto afghano dei militari americani racconta di una “missione compiuta”. O, per dirla come i vertici dell’esercito e del governo Usa, un successo. Si sa che la storia la fanno i vincitori, ma è uno story telling ( un racconto ) fiacco e poco convincente. Ne abbiamo parlato con Maurizio Maggiani, che proprio in queste settimane ha pubblicato il suo nuovo libro, “L’eterna gioventù”, in cui «ho provato a recuperare alcune delle nostre storie che lo strapotere del vincitore ci ha rubato».


 

 

Maggiani

Maurizio Maggiani

 

 

 

Lei ha detto che il suo ultimo libro, “L’eterna gioventù”, edito da Feltrinelli, lo ha scritto per sé e per noi, che ci sentiamo sconfitti e annientati dallo strapotere del vincitore. Il potere assoluto che governa ogni cosa della nostra vita, addirittura i nostri sogni che reprime e ci porta via le nostre storie. Se dovesse oggi identificare questo potere come lo descriverebbe?

Come il facitore dell’epoca, il costruttore, il canone dell’epoca. C’è un’omologazione globale ad un pensiero. Un sistema globale che nasce dalla presunzione che la storia sia finita e i destini siano segnati. Che non c’è altro mondo se non questo mondo. Credo che Papa Francesco su questo sia più chiaro di me quando scrive le sue encicliche.

Se questa epoca, questa visione, è costruita e figlia di una presunzione significa che non è così in realtà?

Non c’è dubbio. Basti pensare che per il 99 per cento dell’umanità un’epoca di mestizia e sconfitta. Se questo è l’unico mondo possibile noi sappiamo che la stragrande maggioranza di noi non fa una bella vita. Non è consentito il diritto alla grandezza della propria vita. Non una grandezza solo di tipo economico ma etica e morale. Non vedo le masse felici ed esultanti perché la storia si è consegnata al suo ultimo destino.

Precipitando questo nella cronaca stringente abbiamo appena visto gli americani abbandonare l’Afghanistan. Un intervento che finisce in modo così drammatico proprio nell’anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle che quella guerra aveva generato. L’orologio dopo vent’anni torna esattamente dov’era. Eppure l’11 settembre doveva essere un punto di svolta epocale. Quel potere globalizzante di cui parla, a quanto pare, ha perso?

Secondo me ci stiamo perdendo qualcosa. Intanto che l’11 settembre 2001 abbia sancito un cambio d’epoca chi lo dice? Forse noi. Ma i tre miliardi di asiatici e i due miliardi di africani hanno avvertito un cambiamento? Probabilmente no, erano affari nostri, dell’Occidente. Lo vivevano probabilmente anche con empatia, chi lo sa. Non credo che noi li abbiamo interpellati. La fine della storia l’abbiamo inventata noi, la cultura Occidentali e ne godiamo e ne patiamo anche le conseguenze. Il cambio d’epoca riguarda solo noi. E quello che è successo in questi vent’anni riguarda noi e chi?

Quindi non ci sono vincitori né perdenti?

L’ordine sancito con la fine della storia non è uno stato di cose ordinato. Proprio a fronte dei miliardi di persone che vivono una vita di mortificazione. Non è quindi l’ordine del mondo. È l’ordine delle armi e dei governi. Ma non l’ordine del mondo. E l’Afghanistan è uno dei molti disordini cui deve far fronte il vincitore. Colui che si è proclamato vincitore che a ben vendere non ha vinto. Chi sono i trionfatori sulla grande armata occidentale? La parte più arretrata e spettacolare dal punto di vista di incongruenza con la contemporaneità che sono i talebani. Non c’è futuro né riscatto lì. Non c’è riscatto né alcuna possibilità di poter vantare un passo avanti nella storia dell’umanità. La sconfitta della grande armata dell’Occidente non è una vittoria per nessuno, evidentemente. Siamo tornati al 2001? Non ci siamo mai mossi dal 2001. In questi vent’anni ci siamo ostinati a raccontarci che questo era l’unico ordine possibile. L’Afghanistan è un caos che fa parte di questo disordine generale.

Per riassumere tutto questo in una frase?

La contemporaneità è caos. Questo perché l’ordine esistente è intollerabile. Basti pensare a noi, la fetta privilegiata dell’umanità e a come abbiamo vissuto la pandemia. Come qualcosa di disarmante e annientatore. Dov’è la padronanza del mondo che ritenevamo di avere. Non abbiamo nessuna notizia della pandemia in Africa. Può voler dire che sono più ordinati di noi pur essendo infinitamente più poveri. Non avendo vaccini o altre difese hanno trovato il modo, nella disperazione della loro condizione di gestirsi in maniera meno caotica.

L'eterna Gioventù

 

Il suo libro racconta “un frammento dell’epocale sfida contro il sopruso e la cecità del potere”. A guardare le persone cadere dagli aerei in partenza da Kabul questa visione è molto chiara e distinguibile. Molto meno è quando dice che anche oggi “esistono gli eroi”. A Kabul lei ha visto degli eroi?

In questa vicenda gli eroi li identifico con chi nella propria umanità, comune umanità, si impongono di vivere per la vita oltre ogni possibile traguardo immediato. Vivono in una condizione di continuo futuro dove il futuro è nella propria vita e quella degli altri. Questo è l’eroe. Per i credenti, quando ci sarà il momento della giustizia, gli si chiederà ragione di quanta vita ha generato e quanta ne ha consumato. Per fare un nome fra i mille, Gino Strada è un’eroe perché ha generato molta più vita di quella che ha consumato. E come lui le decine, centinaia, di milioni di umani che lavorano per la vita. I salvatori dell’Afghanistan, dopo vent’anni, sono evidentemente i cooperanti, i medici, i volontari, non la Nato. Quelli che per altro son ancora sul posto.

 

Ma se non è l’11 settembre a cambiare il mondo, non è una guerra a cambiare il mondo, cosa lo può cambiare?

Proprio gli eroi. Solo loro possono cambiare il mondo. Chi altri sennò? Non vedo altre possibilità. Siamo chiusi in questo paradigma folle per cui tutto si è compiuto. Quelli che sanno che c’è un altro mondo sono l’unica possibilità E lo sanno non perché lo vedono. Chi sono i profeti? Quelli che vedono oltre l’ultimo orizzonte e sono in grado di raccontare ciò che c’è e in grado di prendere per mano gli altri e portarli lì.

 

Una forma di trascendenza?

Sì ma non necessariamente religiosa. E che non dipende da qualche potere particolare. Una madre che cresce i suoi figli per renderli uomini è un eroe. Hannah Arendt diceva che l’uomo non si qualifica come essere che morirà ma come essere che è nato. E nel nascere è la sua unicità. E il suo potenziale è unico. Quello che potrà fare sarà un’unicità, nel bene e nel male. Questo va colto di ogni essere umano. La sua unicità che va condotto, assieme alla vita, al fatto che uno non nasce mai solo. Illudersi di vivere sani in un mondo malato è la nostra follia, come dice il Papa.

 

 

un libro di Maggiani:

 

Mi sono perso a Genova. Una guida - Maurizio Maggiani - copertina

Mi sono perso a Genova. Una guida

Forse non tutti sanno che Maurizio Maggiani è anche un valente fotografo. In questo libro dedicato a Genova, Maggiani esplora con il suo obiettivo i luoghi che coincidono con la memoria della città e al contempo con la memoria che lo scrittore ha del suo rapporto con la città. Lo scrittore parla di una visione quasi onirica di Genova, parla di una città che gli è comparsa davanti progressivamente quando da bambino è arrivato da Levante con i genitori per un periodo di degenza in ospedale. Quella visione segna molta parte della sua maniera di “guardare” alla città e di raccontarla. Non ci sono molti monumenti in questo volume. O almeno non i monumenti canonici. Ci sono Sampierdarena e le sue fabbriche, ci sono i vicoli che salgono dal porto, ci sono l’area collinare e il mare-operaio. La stessa cosa accade un po’ per la parte narrata, costituita da una serie di segmenti narrativi che “cercano” la città attraverso prospettive sghembe: quella dell’infanzia, certo, ma anche quella di certi personaggi misteriosi che disseminano Genova di scritte, o trovano pertugi di conforto.

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1 risposta a MAURIZIO MAGGIANI, CHI SONO — una pagina piacevole da leggere dal suo sito ufficiale + Intervista sul suo libro : L’eterna gioventù, Feltrinelli, 2021 + un altro libro –

  1. mariapia scrive:

    non conosco questo libro vorrei comprarlo leggerlo

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