“Secondo Dioscoride, ogni fiele si deve estrarre legando il collo della vescichetta nella parte superiore e va messo in un recipiente a bollire per un’ora. Se unito al salnitrio, è utile ai rognosi, ai sofferenti di pitiriasi e a quelli che hanno la forfora. Il fiele caprino usato come unguento toglie le rugosità.” Dal codice “Historia Plantarum”, fine XIV secolo
https://www.foliamagazine.it/consigli-dal-medioevo-il-fiele/
21 maggio 2022
https://unaparolaalgiorno.it/significato/fiele?rm=
Fiele
fiè-le
SIGNIFICATO Bile; amarezza, dolore, rancore, astio
ETIMOLOGIA dal latino fel ‘bile’.
- «Mi ha riversato addosso tutto il fiele di anni ed anni di non detti.»
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Parola delicata nel suono, ricercata nel tono, e che però ci apparecchia i peggiori significati di amarezza, dolore, rancore, astio e delizie simili. Una combinazione notevole, no? In effetti ha un’efficacia e una spendibilità speciale. Ma partiamo dal principio.
Parlare di ‘fiele’ significa parlare di bile (il latino fel aveva giusto questo significato). E ovviamente, come accade nella quasi totalità dei casi in cui si tira in ballo qualche fluido corporeo che ha spazio figurato nella lingua, ci dobbiamo rivolgere a quella persona: il medico greco Ippocrate, che con la sua teoria degli umori aprì il filone protoscientifico che ha regolato la medicina antica per millenni — e che ancora è determinante per il nostro modo di pensare temperamenti ed emozioni, vista la sua presenza sempreverde nella lingua.
Stiamo parlando della bile gialla, e in effetti lo stesso fel (che ha un’ascendenza indoeuropea) potrebbe essere parente di flavus, ‘giallo’ in latino. È la bile che la tradizione ippocratica lega alla collera, il cui eccesso inclina all’iracondia (e be’, la stessa ‘collera’ viene dal greco chòlera, ‘bile’, ma cerchiamo di non incartarci su Ippocrate).
Ora, il fiele, rispetto alla bile classica, ci si presenta con un profilo lievemente più tornito, articolato, visto che affianca il livore all’amarezza — il gusto della bile. Non si dice ‘amaro come la bile’, ma ‘amaro come il fiele’. Questo contribuisce a dare complessità e sottigliezza alla sua immagine e al suo significato. Se parliamo di parole biliose, ci figuriamo parole sputate in uno stato di irritazione accesa e scomposta, mentre parlare di parole di fiele le conserva in una compostezza e un’eleganza rancorosa, di odio lucido, addolorato, amaro e velenoso. Ecco, quella del fiele è una rabbia aspra ma invecchiata, sofferta, illimpidita, con una completezza e una stabilità che alla rabbia non sempre associamo. Lo vediamo quando sentiamo parlare del fiele che sgorga da un’ingiustizia, del fiele di una vendetta, del fiele di un male inflitto volentieri. Ma lo vediamo ancora meglio in altre espressioni formidabili.
Prendiamo uno squisito ‘intingere la penna nel fiele’, che descrive il modo maligno in cui una persona scrive: se diciamo che la critica ha pubblicato una batteria di articoli scritti intingendo la penna nel fiele, mostriamo un astio metodico, ponderato — lontanissimo dall’esplosione ingiuriosa.
È una parola che non si trova usata troppo di frequente, ma ha una certa qual aura proverbiale, anche dovuta alla facile contrapposizione col miele, in pratica un antonimo, un contrario differente per la sola iniziale (e c’è perfino chi avanza il fel davvero sia stato modellato sul mel). Bocca di miele, cuore di fiele, o per raccogliere una battuta de L’Uomo, la Bestia, la Virtù di Pirandello «Perché civile, esser civile, vuol dire proprio questo: dentro, neri come corvi; fuori, bianchi come colombi; in corpo fiele; in bocca miele.»
Una risorsa che si distingue in un parlare dotto, ma non pretenzioso.