IL MANIFESTO 17 MAGGIO 2022
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Il poeta della rivoluzione che si oppose al fascismo
SCAFFALE. «Giandante X», di Roberto Farina per Milieu edizioni. Un ritratto dell’artista Dante Pescò (1899-1984) che firmava con pseudonimo
Marc Tibaldi
Sarebbe piaciuto a Mario Perniola Giandante X di Roberto Farina (Milieu edizioni, pp. 383, euro 24,90), pieno com’è di arte, politica, ascetismo rivoluzionario, fuga da ogni classificazione, proprio come i personaggi delle storiette di Del terrorismo come una delle belle arti, in cui il filosofo racconta gli incontri della sua vita tra avanguardie artistiche e politiche, con sguardo atarassico e ironia, ma senza rinnegare nulla. Il libro monumentale di Farina dedicato alla figura di Giandante X, che esce in edizione ampliata e con notevole – per quantità e qualità – apparato iconografico, è appassionante sia per il racconto delle avventure di vita dell’artista milanese, sia per la scrittura coinvolgente e la sapiente struttura narrativa.
È UN ROMANZO che travolge. È un saggio costruito con indizi e frammenti, scovati in anni e anni di ricerche, che alla fine ci restituiscono la vita di Giandante. Farina ci ha regalato altri romanzi-biografie mirabili, tra cui: Flavio Costantini. L’anarchia molto cordialmente, I dolori del giovane Paz, Io per Bruno Brancher non ho mai pagato, e Fuochi, raccolta di racconti-ritratti, ma quello dedicato a Giandante è entusiasmante per intrecci, rimandi, suggestioni.
Giandante X è lo pseudonimo con cui si firmò Dante Pescò (1899-1984), pittore e poeta, che prima si laureò in architettura e poi in filosofia. Il suo nome lo scelse a vent’anni: Giandante ossia Già-Andante, in cammino, più la X, l’incognita del divenire. Scultore e pittore nel periodo futurista fu successivamente autonomo da ogni corrente. Viscerale oppositore del fascismo fece parte degli Arditi del popolo, continuando il suo impegno nelle Brigate internazionali nella Guerra di Spagna contro il franchismo e, dopo essere stato internato in campi di concentramento in Francia e Italia, nella Resistenza, nella Brigata Matteotti-Fogagnolo. Incontrò molte personalità politiche e artistiche, Giovanni e Nori Pesce, Luigi Longo, Mario Sironi, Carlo Carrà, Aligi Sassu, Ernesto Treccani, Giacomo Manzù, Leonida Repaci, Raffaele De Grada. Tutti lo ricordarono per la genialità, la cultura, il rigore esistenziale, ma lui rimase misterioso e provocatore nel proporre uno sguardo diverso del mondo.
DISINTERESSATO a mettere in discussione le gerarchie e le caselle dell’arte proprio perché convinto di una rivoluzione complessiva della vita, che ripensa il potere dell’immaginazione, Giandante X tiene assieme, nello stesso tempo, l’incanto con cui i monaci tibetani disegnano i mandala di polveri colorate, distruggendoli appena terminati per ricordarci l’inconsistenza del tempo, e l’azione del materialista che vuole stare dentro e contro il mondo, per cambiarlo. «Un quadro in ogni casa» era il suo slogan che fondeva il desiderio di comunismo estetico condiviso e quello di anarchia della creatività, che mette in ginocchio il mercato dell’arte.
Lo si può immaginare nel 1936, in Spagna, mentre sfiora Emilio Lussu, Simone Weil, Camillo Berneri, Benjamin Perét, André Malraux, Carlo Rosselli, George Orwell, tra un disegno agit-prop e un’azione armata. Lo si può immaginare immobile mentre guarda il corpo di Mussolini a piazzale Loreto, ripensando alle torture e le incarcerazioni fasciste subite da lui e dai suoi compagni. Oppure mentre viene osservato con ammirazione e affetto da un altro personaggio originale, uno che è stato operaio a quattordici anni, amico fraterno di Antonia Pozzi e un grande della filosofia del ‘900, Dino Formaggio.
GIANDANTE morì dimenticato nel novembre 1984. Una delle grandezze del libro è che spinge all’immedesimazione sia di Giandante che dell’autore, ricercando altri indizi e ricostruzioni verosimili. A noi piace immaginare Giandante nei suoi ultimi anni di vita, diciamo dal 1977 al 1984, anni di cui non vi è traccia nel libro di Farina. Dopo aver attraversato il secolo, sfinito dal suo ascetismo rivoluzionario, siede su una panchina di una piazza milanese osservando il mondo che cambia, felice durante le manifestazioni dei giovani «figli di nessuno», autonomi, femministe, anarchici, indiani metropolitani, punk, triste negli anni smorti del «riflusso nel privato«, in attesa della sua morte, mai domo, mai pacificato, ma distaccato e sereno.
«Cupo e pensieroso, è davvero un buon compagno da avere intorno. Sente il più piccolo suono e capta l’arrivo degli aerei molto prima di qualunque altro», questa è una parte della descrizione che John Tisa, volontario antifascista in Spagna, fa di Giandante. Era un uomo-radar Giandante X anche dal punto di vista etico politico artistico, ri-sintonizzarsi sulla sua sensibilità è necessario.