LA VALLE DELLE ROSE E LA VALLE ROSSA IN CAPPADOCIA –LANDSCAPE FIRST, SETTEMBRE 2020 –Comitato scientifico della Fondazione Benetton

 

 

LANDSCAPE FIRST

https://www.landscapefirst.it/eventi/gulludere-e-kizilcukur-la-valle-delle-rose-e-la-valle-rossa-in-cappadocia/

 

 

Güllüdere e Kızılçukur: la Valle delle Rose  e la Valle Rossa in Cappadocia.

La 31° edizione del Premio internazionale Carlo Scarpa per il Giardino in mostra nel nuovo spazio culturale dell’ex chiesa di Santa Maria Nova, restaurata da Tobia Scarpa.

 

Il Comitato scientifico della Fondazione Benetton Studi Ricerche ha deciso di dedicare la trentunesima edizione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino a un luogo dell’Asia Minore che emerge dalla lunga vicenda storica e geografica della Cappadocia:

 

 

due valli contigue scavate nella roccia vulcanica, la Valle delle Rose e la Valle Rossa, in lingua turca Güllüdere Kızılçukur.

 

 

 

 

 

 

 

Chiesa dello stilita Niceta-Valle Rossa-Missione italiana in Cappadocia – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

Al centro della penisola anatolica, da sempre ponte per culture diverse tra l’Asia e l’Europa, tra il Mediterraneo e il Mar Nero, la Cappadocia si estende con i suoi altipiani a mille metri di altitudine e circondata da vulcani imponenti. Il suolo è arido, scavato dall’acqua e dal vento; il clima difficile. Tutto questo forma lo scenario naturale di una regione che vede, fin dal primo secolo, l’arrivo del primo cristianesimo e dei padri della chiesa, e poi il diffondersi della cultura bizantina, che con i suoi innumerevoli insediamenti eremitici e monastici, chiese e santuari formerà una delle più importanti comunità cristiane del primo millennio. A tutto questo corrispondono spazi che oggi si rivelano con cicli pittorici straordinari, edifici sacri e manufatti dispersi in un vasto territorio, che a partire dal secolo XIII, con la scomparsa della presenza bizantina, diventeranno stalle, abitazioni rurali e cisterne, e una moltitudine di piccionaie che procurano a chi coltiva la terra il guano necessario alla fertilità dei campi.

 

 

La Valle delle Rose (Güllüdere) – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

Le due valli emergono da questo contesto, e ci mostrano la misura e il valore profondo di un paesaggio nel quale le forme dell’insediamento umano e la dirompente natura geologica del suolo conservano le tracce di un’antica cultura dell’abitare prevalentemente rupestre, in condizioni di equilibrio tra le diverse manifestazioni della natura e delle culture che l’attraversano nel susseguirsi dei secoli.

 

 

Un vigneto coltivato nella Valle Rossa – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

Nello stesso tempo qui tutto ci parla delle contraddizioni della società di oggi, come l’abbandono dei luoghi, il loro consumo connesso al turismo di massa e ai suoi tempi, ma anche, insieme, della necessità di cercare e coltivare uno sguardo diverso, ricavando da ciò che a fatica rimane e si rigenera, una nuova visione degli strumenti di lavoro, delle relazioni umane, delle forme di governo necessarie a far crescere una coscienza del paesaggio orientata all’accoglienza e all’approfondimento più che al rapido consumo.

 

 

Le tipiche formazioni rocciose di origine vulcanica che caratterizzano la Valle Rossa (Kızılçukur), i cui diversi colori rinviano immediatamente alle diverse stratificazioni geologiche – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

Non lontano da Göreme (tra le due principali città della Cappadocia, Nevşehir e Kayseri) e lungo la strada che dal villaggio di Çavuşin conduce a Ortahisar, la Valle Rossa e i due rami della Valle delle Rose si aprono e corrono in forma quasi parallela fino ad arrestarsi, a est, alla base del massiccio che le separa dalla Valle di Zelve. Le collegano ripidi sentieri e scale incise nella roccia, scavalcando gli altipiani che si alternano in questo territorio leggibile solo attraverso passi lenti e relazioni tangibili, senza le quali risulta difficile cogliere l’eccezionale, fragilissima natura di questi luoghi, spesso condannati a un’unica, immediata percezione: quella che associa la morfologia delle rocce dilavate e costantemente erose all’immagine fissa e seducente di figure fantastiche come quelle dei “camini delle fate”.

 

 

 

Piccionaie, Valle delle Rose – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

L’area che contiene le due valli ha un’estensione di circa 3 chilometri quadrati, ed è caratterizzata da un ambiente dal clima secco, scarsissimo di acqua, nel quale l’uomo scavando la roccia ha trovato da sempre il necessario riparo dai rigidi inverni e dalla calura estiva di questi territori d’alta quota.

 

 

 

La Valle delle Rose (Güllüdere), in uno dei punti di raccordo tra i diversi sentieri che l’attraversano, e dove paesaggio naturale e antropizzato si intrecciano con particolare intensità – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

Profondamente incise nel terreno dell’altopiano, le due valli si dispongono in sintonia con un processo in continua evoluzione, connesso alle stratificazioni geologiche di natura vulcanica che spiegano l’origine della forma degli insediamenti, la fertilità del suolo e la singolare adattabilità della roccia alle esigenze che l’uomo e gli animali hanno avuto per costruirsi un rifugio.

 

Carta dei siti rupestri della Cappadocia

 

 

 

Lungo i solchi scavati dall’acqua, percorribili nei fondivalle, si snoda una fitta sequenza di campi coltivati e terrazzamenti con alberi da frutto e vigneti, ordinatamente disposti a costituire un mosaico di forme interrotte da strade incerte che ricalcano il greto di un torrente, dal fianco di una parete rocciosa, da infiniti varchi e fessure che annunciano all’esterno la ricca articolazione di ambienti scavati nel buio della massa rocciosa.

 

Missione italiana in Cappadocia , il lavoro nelle valli – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

Il luogo è dunque un invito alla conoscenza, che prevede da un lato forme di accostamento lento, e dall’altro l’accettazione della dimensione invisibile di un paesaggio nel quale l’uomo ha trovato spazio e accoglienza nella viva roccia, disegnando ambienti di vita che oscillano tra il buio e la luce, tra lo scavo del tufo e la coltivazione di un suolo originato dal disfarsi di quella stessa roccia abitata.

 

Missione italiana in Cappadocia, Sahinefendi – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

 

Le valli sono disseminate di chiese e complessi monastici, per lo più ricavati per sottrazione dalla roccia: architetture complesse, ricche di cicli pittorici che ne rivestono i volumi scavati, ambienti invisibili dall’esterno, se non per il crollo di un muro o lo sfaldarsi di una parete. Le superfici dipinte riemergono da densi strati di fuliggine e secoli di sfregi: apparizioni parziali, ma sufficienti per capire il valore di una fase storica che ha visto la cultura bizantina caratterizzare per alcuni secoli la vita sociale e l’ambiente di questa regione.

 

 

Piccionaie, Valle delle Rose – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

Nelle valli, sono tuttora le chiese a segnare le coordinate di questa rete di relazioni appena visibile: con i loro interni densi di richiami al paesaggio che le ha generate ci aiutano a capire e penetrare il senso di questi luoghi. Alcune sono raccolte nella struttura compatta di un cono tufaceo, altre scavate a ridosso di una parete rocciosa: le prime, quelle di Sant’Agatangelo (detta anche Chiesa delle Tre Croci, in turco Üç Haçli Kilise), di San Giovanni (detta anche Chiesa della Mela Cotogna, in turco Ayvalı Kilise) e dello Stilita Niceta (detta anche Chiesa dell’Uva, in turco Üzümlü Kilise) ci invitano a cercare dei varchi di accesso tra le scale e gli stretti passaggi dell’ambiente rurale; le seconde, quella delle Colonne e quella dei Santi Gioacchino e Anna, sono più accessibili e sulla strada maestra, dietro a pareti che l’erosione continua rende sempre meno spesse e sicure.

 

Chiesa dello stilita Niceta, Valle Rossa – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

La Cappadocia, per molto tempo ignorata, raramente descritta dai viaggiatori europei e solo a partire dal Settecento, verrà “scoperta” all’inizio del secolo XX, con l’avvio di una stagione di esplorazioni e di studi lungo la quale si colloca, nel 1969, lo sguardo acuto di un poeta italiano, Pier Paolo Pasolini che da regista conduce in questo mondo di natura rupestre, «tra il rosa e l’ocra povero», la narrazione di una sua opera, Medea.

 

 

Chiesa dello stilita Niceta, Valle Rossa – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

Quella che allora era ancora un’avventurosa esplorazione, diventa in seguito una presa di coscienza più larga nella direzione della tutela di questi luoghi e del riconoscimento del loro valore culturale, culminata nel 1985 nella designazione da parte dell’UNESCO di sito del patrimonio mondiale (attribuita in particolare al «Parco Nazionale di Göreme e ai siti rupestri della Cappadocia»).

 

Ma ciò che ora è sottoposto a una tutela internazionale si confronta aspramente con le molte contraddizioni di una società locale e globale che vive nella presenza turistica una straordinaria opportunità economica ma anche una grande insidia per l’integrità e un futuro possibile degli stessi beni comuni dell’umanità sottoposti a tutela.

 

 

Sant’Agatangelo, Chiesa delle Tre Croci – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

 

In un contesto di rapidi cambiamenti, di evidente abbandono dei paesaggi tradizionali, di apparizione di nuovi usi e forme insediative connessi al turismo di massa, tra il fiorire di studi e scoperte di questo immenso patrimonio storico, si distingue la presenza di un gruppo di lavoro italiano che opera in particolare nella direzione del recupero dei preziosi cicli pittorici celati nelle chiese rupestri, instaurando importanti relazioni umane e culturali e restituendo con questo lavoro leggibilità e valore a un intero paesaggio. Un lavoro che incarna il senso di una cittadinanza, la misura dell’appartenenza e della cura nei confronti di un luogo che travalica ogni confine nazionale.

 

 

 

 

Chiesa dello stilita Niceta, Valle Rossa – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per queste ragioni il Comitato scientifico della Fondazione Benetton Studi Ricerche ha deciso di affidare il “sigillo” disegnato da Carlo Scarpa, simbolo della trentunesima edizione del Premio, alla storica dell’arte Maria Andaloro, ideatrice e coordinatrice della missione di ricerca che fa capo all’Università della Tuscia, e che dal 2006, a cavallo tra l’Italia e la Cappadocia, sviluppa un lavoro capace di coniugare lo sviluppo e la trasmissione costante di attenzioni e saperi con la crescita di uno sguardo sul paesaggio in chiave di appartenenza e di responsabilità.

 

 

Missione italiana in Cappadocia , il lavoro nelle valli – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

Questa trentunesima edizione si presenta eccezionalmente “biennale”, 2020-2021, in conseguenza delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, che hanno determinato una nuova articolazione delle tappe pubbliche del progetto, articolazione che avrà inizio il penultimo fine settimana di ottobre 2020 e si concluderà a maggio 2021, cogliendo l’opportunità di costruire diverse occasioni di approfondimento.

 

 

 

 

 

San Giovanni, Valle delle Rose – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

 

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Uno dei sentieri che attraversano la Valle delle Rose (Güllüdere), tra vegetazione spontanea e coltivata, rocce e architetture rupestri – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

In the center of the Anatolian peninsula, which has always been a bridge for different cultures between Asia and Europe, between the Mediterranean and the Black Sea, Cappadocia extends with its plateaus to a thousand meters above sea level and surrounded by imposing volcanoes. The soil is arid, dug by water and wind; the climate is harsh. All this forms the natural scenario of a region that has seen, since the first century, the arrival of early Christianity and the fathers of the church, and then the spread of Byzantine culture, which with its countless hermit and monastic settlements, churches and sanctuaries will form one of the most important Christian communities of the first millennium. To all this correspond spaces that today reveal themselves with extraordinary pictorial cycles, sacred buildings and artifacts dispersed in a vast territory, which starting from the thirteenth century, with the disappearance of the Byzantine presence, will become stables, rural houses and cisterns, and a multitude of pigeon houses that provide those who cultivate the land with the guano necessary for the fertility of the fields.

 

 

 

 

 

Valle delle Rose – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

The two valleys emerge from this context, and show us the extent and the profound value of a landscape in which the forms of human settlement and the disruptive geological nature of the soil retain traces of an ancient culture of predominantly cave dwelling, in conditions of equilibrium between the different manifestations of nature and cultures that pass through it over the course of the centuries.

 

 

 

Veduta della Valle delle Rose (Güllüdere) e del paesaggio circostante – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

At the same time, everything here tells us about the contradictions of today’s society, such as the abandonment of places, their consumption connected to mass tourism and its times, but also, together, of the need to seek and cultivate a different look, obtaining from what with difficulty remains and regenerates, a new vision of the tools of work, of human relations, of the forms of government necessary to grow a awareness of the landscape oriented towards hospitality and in-depth study rather than rapid consumption.

 

 

 

Sant’Agatangelo-Chiesa delle Tre Croci – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

 

Not far from Göreme (between the two main cities of Cappadocia, Nevşehir and Kayseri) and along the road that leads from the village of Çavuşin to Ortahisar, the Red Valley and the two branches of the Rose Valley open and run almost parallel to stop, to the east, at the base of the massif that separates them from the Zelve Valley. Steep paths and stairs engraved in the rock connect them, climbing over the plateaus that alternate in this territory readable only through slow steps and tangible relationships, without which it’s difficult to grasp the exceptional, extremely fragile nature of these places, often condemned to a single, immediate perception: the one that associates the morphology of the washed and constantly eroded rocks with the fixed and seductive image of fantastic figures such as those of the “fairy chimneys”.

 

 

 

Mappa delle valli, Thilo Folkerts – Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

The area containing the two valleys has an extension of about 3 square kilometers, and is characterized by an environment with a dry climate, very scarce of water, in which man digging the rock has always found the necessary shelter from the harsh winters and the summer heat of these high altitude territories.

 

 

La Valle Rossa (Kızılçukur) vista dall’altopiano – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

Deeply engraved in the terrain of the plateau, the two valleys are in tune with a process in continuous evolution, connected to the geological stratifications of volcanic nature that explain the origin of the shape’s settlements, the fertility of the soil and the singular adaptability of the rock to the needs that humans and animals have had to build a refuge.

 

 

San Giovanni, Valle delle Rose – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

A dense sequence of cultivated fields and terraces with fruit trees and vineyards unwinds along the furrows dug by the water, passable in the valleys, neatly arranged to form a mosaic of shapes interrupted by uncertain roads that follow the banks of a stream, from the flank of a rocky wall, with infinite gaps and cracks that announce on the outside the rich articulation of environments excavated in the darkness of the rock mass.

 

 

 

Il susseguirsi delle diverse pareti rocciose in una parte della Valle Rossa – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

The place is therefore an invitation to knowledge, which foresees on the one hand forms of slow approach, and on the other the acceptance of the invisible dimension of a landscape in which man has found space and welcome in the living rock, designing living environments that oscillate between dark and light, between excavation of the tuff and cultivation of a soil originated by the getting rid of that same inhabited rock.

 

 

 

 

Piccionaie, Valle delle Rose – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

The valleys are scattered with churches and monastic complexes, mostly obtained by subtraction from the rock: complex architectures, rich in pictorial cycles that cover the excavated volumes, environments invisible from the outside, if not for the collapse or flaking of a wall. The painted surfaces re-emerge from dense layers of soot and centuries of scarring: partial appearances, but sufficient to understand the value of a historical phase that saw Byzantine culture characterize the social life and environment of this region for a few centuries.

 

 

Missione italiana in Cappadocia, Sahinefendi – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-
2019

In the valleys, churches still mark the coordinates of this barely visible network of relationships: with their interiors full of references to the landscape that generated them, they help us understand and penetrate the meaning of these places. Some are collected in the compact structure of a tufaceous cone, others dug behind a rocky wall: the first ones, those of Sant’Agatangelo (also called Church of the Three Crosses, in Turkish Üç Haçli Kilise), of San Giovanni (also called Church of the Quince, in Ayvalı Kilise in Turkish) and of Stilita Niceta (also called Chiesa dell’Uva, in Turkish Üzümlü Kilise) invite us to look for access gates between the stairs and the narrow passages of the rural environment; the second, that of the Columns and that of Saints Joachim and Anna, are more accessible and on the main road, behind walls that continuous erosion makes less thick and safe.

 

 

 

 

Missione italiana in Cappadocia, Tokali Kilise – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

 

 

 

 

Cappadocia, for a long time ignored, rarely described by European travelers and only from the eighteenth century, will be “discovered” at the beginning of the twentieth century, with the start of a season of explorations and studies along which it is placed, in the 1969, the sharp gaze of an Italian poet, Pier Paolo Pasolini who as director leads into this world of rock nature, “between pink and poor ocher”, the narration of one of his works, Medea.

 

 

 

Una parte dell’architettura interna della Chiesa delle Colonne, lungo la Valle delle Rose (Güllüdere) – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

What was then still an adventurous exploration, later became a wider awareness in the direction of the protection of these places and the recognition of their cultural value, culminating in 1985 in the designation by UNESCO of a world heritage site (attributed in particular to the “Göreme National Park and the rock sites of Cappadocia”). But what is now subject to international protection is bitterly confronted with the many contradictions of a local and global society that lives in the tourist presence an extraordinary economic opportunity but also a great danger for the integrity and a possible future of the common goods of the humanity subject to protection.

 

 

Sant’Agatangelo, Chiesa delle Tre Croci – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

 

In a context of rapid changes, of evident abandonment of traditional landscapes, of emergence of new uses and settlement forms connected to mass tourism, among the flourishing of studies and discoveries of this immense historical heritage, stands out the presence of an Italian group who works in particular in the direction of the recovery of the precious pictorial cycles hidden in the rock churches, establishing important human and cultural relationships and restoring legibility and value with this work to an entire landscape. A work that embodies the sense of citizenship, the measure of belonging and care for a place that crosses every national border.

 

 

 

Chiesa Santi Gioacchino e Anna, Valle delle Rose – Foto proveniente dall’Archivio fotografico della Missione di studi dell’Università della Tuscia in Cappadocia 2006-2019

 

 

 

For these reasons, the Scientific Committee of the Fondazione Benetton Studi Ricerche has decided to entrust the “seal” designed by Carlo Scarpa, symbol of the thirty-first edition of the Award, to the art historian Maria Andaloro, creator and coordinator of the research mission that belongs to the University of Tuscia, and which since 2006, straddling Italy and Cappadocia, has developed a work capable of combining the development and constant transmission of attention and knowledge with the growth of an outlook on the landscape in terms of belonging and responsibility.

 

 

 

Piccionaie, Göreme – Foto di Marco Zanin per Fondazione Benetton Studi Ricerche

 

 

 

This thirty-first edition is exceptionally “biennial”, 2020-2021, as a consequence of the restrictions imposed by the health emergency, which have determined a new articulation of the public stages of the project, an articulation that will begin on the penultimate weekend of October 2020 and will end in May 2021, taking the opportunity to build several opportunities for further study.

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1 risposta a LA VALLE DELLE ROSE E LA VALLE ROSSA IN CAPPADOCIA –LANDSCAPE FIRST, SETTEMBRE 2020 –Comitato scientifico della Fondazione Benetton

  1. ueue scrive:

    Affascinanti queste immagini e le minuscole vigne coltivate appena il terreno lo permette.

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