LA CITTA’ DI DONEC’K NELL’UCRAINA ORIENTALE ( DONBASS ) – qualcosa prima dell’invasione — + Luca Steinmann, Lettera da Donec’k, Russia, Limes – 4 aprile 2022 –

 

 

 

 

Donec'k – Veduta

Donec’k – Veduta

Andrew Butko

 

 

Prima città dell’Ucraina orientale per popolazione, con una stima di 905 364 abitanti nel 2020, raggiunge con l’intero agglomerato urbano, un totale di oltre 1,8 milioni di abitanti (2016).

Fu fondata intorno al 1869 come colonia mineraria e industriale col nome di Juzovka e le fu riconosciuto il titolo di città nel 1917. Ridenominata in Stalin nel 1924 e poi Stalino nel 1929, in onore di Iosif Stalin, prosperò e si espanse diventando presto il centro amministrativo dell’oblast’ circostante fino allo scoppio della seconda guerra mondiale; l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica distrusse completamente la città e dopo la ricostruzione avvenuta nel dopoguerra essa abbandonò il nome di Stalino nel 1961 assumendo l’attuale nome di Donec’k, in onore del fiume Severskij Donec. Con la proclamazione d’indipendenza della Repubblica Popolare di Doneck nel 2014 la città ne è divenuta capitale subendo gravi danni nell’ambito della guerra del Donbass tra cui la distruzione del vicino aeroporto internazionale ad opera delle forze armate ucraine. L’Ucraina considera l’area di Donec’k come “territorio temporaneamente occupato da gruppi armati illegali e truppe della Federazione Russa”

 

Donec’k e il circondario, come l’intero bacino del Donec, basano la propria economia sull’industria pesante e sull’estrazione del carbone. La città, sede di oltre 200 organizzazioni industriali, era secondo Forbes la più conveniente per gli affari in Ucraina, risultando prima per una serie di indicatori: capitale umano, potere d’acquisto dei cittadini, situazione degli investimenti, stabilità economica, infrastrutture e comfort.

 segue :

https://it.wikipedia.org/wiki/Donec%27k

 

 

Un edificio che era sede di una scuola inglese di Juzovka

Andrew Butko

 

 

 

Un mercato di Juzovka nel 1887

foto di sconosciuto

 

 

L’hotel Velikobritanija è uno degli edifici più antichi di Donec’k, costruito nel 1883.

Andrew Butko

 

 

 

 

La Cattedrale della Trasfigurazione di Donec’k

Sergiy Klymenko

 

 

 

La stazione di Donec’k

Andrew Butko

 

 

 

 

Rovine dell’Areoporto Internazionale Sergey Prokofiev di Donek’s, 24 dicembre 2014

 

 

 

 

una strada della città

Sven Teschke – Fotografia autoprodotta

 

 

 

La Donbass Arena

Валерий Дед – 2014 январь Донбасс -Арена

 

 

Piazza Lenin

Andrew Butko

 

 

 

Teatro dell’Opera

Podvalov – Opera propria

 

 

 

Monumenti nel parco di Komsomol

Andrew Butko

 

 

 

Cattedrale di San Nicola

Andrew Butko

 

 

La Rosa, simbolo di Donec’k, è una delle attrazioni del Parco delle Figure Forgiate

Sigismund von Dobschütz – Opera propria

 

 

Donetsk la miglior città industriale dell'Ucraina

foto :

Donetsk la miglior città industriale dell’Ucraina

 

 

 

foto :

https://www.hostelscentral.com/

 

 

 

 

 

 

Вид на Миколаївську церкву та міст.jpg

Ryzhkov Sergey – Opera propria

Il Monastero della Dormizione di Svjatohirs’k ( noto anche come Svjatohirs’ka Lavra ), è una laura situata sulla sponda destra del fiume Severskij Donec presso la città di Svjatohirs’k, nell’Ucraina orientale.

Il monastero venne descritto a partire dal 1526 come sentinella contro i tatari di Crimea.

https://it.wikipedia.org/wiki/Monastero_di_Svjatohirs%27k

 

Regione di Donetsk, monastero Svyatogorsky: storia, rettore, reliquie e santuari

La parte più antica è costruita sulla roccia

 

 

 

Holy Dormition Svyatogorsk Lavra. Svyatogorsk.

foto santosepulcro.co.il

 

 

LIMESONLINE – 4 APRILE  2022

https://www.limesonline.com/cartaceo/lettera-da-doneck-russia

 

 

LETTERA DA DONEC’K, RUSSIA

Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022

 

 4/04/2022

Dal 24 febbraio truppe e attivisti russi stanno di fatto annettendo il Donbas. Oltre agli aiuti umanitari, è il tempo della propaganda. I riferimenti all’Urss e i vessilli zaristi. L’orizzonte del Russkij Mir. Ma gli abitanti del territorio in guerra da otto anni restano apatici.

di Luca Steinmann

Pubblicato in: LA FINE DELLA PACE – n°3 – 2022

 

GUERRA D’UCRAINA, UCRAINA, RUSSIA, DONBAS

1. «Welcome to the USSR», dice ridendo un soldato inquadrato nelle milizie popolari dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donec’k, l’esercito filorusso che affianca le truppe regolari del Cremlino nelle operazioni militari nel Donbas. Volto scavato dal freddo e dalle fatiche della guerra, divisa militare verde, kalashnikov in spalla, baionetta legata alla cintura, larghi pantaloni alla zuava infilati negli stivali neri. Insieme a centinaia di altri commilitoni uguali a lui bivacca nel centro di Hranitne, villaggio disperso nella steppa dell’Ucraina orientale, una sessantina di chilometri a sud di Donec’k.

Hranitne è stata per otto anni terra di confine tra i territori controllati da Kiev e quelli dei separatisti filorussi. Il 28 febbraio è caduta sotto il controllo delle truppe di Mosca, che appena entrate hanno iniziato a conquistarla non soltanto militarmente ma anche simbolicamente. Le bandiere ucraine sono state immediatamente ammainate e sostituite con quelle russe. I simboli dell’amministrazione di Kiev, un tempo disegnati sul monumento della piazza centrale, sono stati imbrattati da colate di vernice. Sopra di loro qualcuno ha scritto a caratteri cubitali: Cccp. Acronimo russo di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. La nostalgia per i tempi del comunismo è, insieme al nazionalismo imperiale panrusso, uno dei due capisaldi simbolici, narrativi e motivazionali su cui si fonda l’espansione russa verso ovest. Specie nelle Repubbliche di Donec’k e Luhans’k, riconosciute come formalmente indipendenti dalla Federazione Russa.

Poco distante, in una piazza all’ingresso del paese, una densa folla di cittadini si accalca di fronte a dei furgoni arrivati da Donec’k e dalla Federazione. Distribuiscono pacchi alimentari e beni di prima necessità: medicinali, saponi e dentifrici. Su molti scatoloni sono ben visibili i colori della bandiera russa. Uno dei camion reca i simboli di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin. «Siamo la sezione del partito di Donec’k e siamo qui per aiutare i nostri compatrioti di questo villaggio», racconta la loro portavoce, una giovane ragazza bionda, mentre organizza la fila di persone che ricevono i viveri. «È dovere di ogni russo aiutare i propri connazionali, soprattutto quando si trovano in difficoltà come sta avvenendo ora».

Già ufficialmente attivo nelle due repubbliche separatiste da diversi anni, Russia Unita sta ora mettendo radici nei territori che man mano i russi annettono. Suo membro è addirittura Denis Pušilin, il presidente della Repubblica di Donec’k. Il quale non nasconde la vicinanza ideologica a Putin e rimarca continuamente, in pubblico e in privato, il concetto di Russkij Mir. Ovvero l’idea secondo cui esista un unico popolo russo a prescindere dalla nazionalità sul passaporto. Accomunato dalla lingua, dalla cultura e dalla professione della cristianità ortodossa. Compito della Russia, secondo questa ideologia, è di intervenire direttamente nei paesi russofoni anche al di fuori dei propri confini nazionali (con l’eccezione di Israele) qualora questi elementi vengano minacciati. Per esempio in Georgia, nei paesi baltici e naturalmente in Ucraina.

«La Russia mancava al nostro popolo da almeno trent’anni, da quando è finita l’Unione Sovietica», ha detto Pušilin in occasione di un evento pubblico di fine febbraio, ringraziando il Cremlino per l’intervento militare. A Hranitne gli attivisti del partito dicono apertamente di volere «diffondere l’ideologia» del Russkij Mir (Mondo russo) tra i cittadini del Donbas. Obiettivo: porre le basi per una penetrazione permanente della Russia in questi territori, a prescindere dai futuri sviluppi geopolitici e militari nella regione. Secondo gli strateghi di Mosca il Donbas deve diventare di fatto parte integrante dello spazio geopolitico russo, qualunque sia la sua appartenenza statuale formale.

Carta di Laura Canali - 2022Carta di Laura Canali – 2022

2. Lungo le strade usurate e malconce che attraversano le steppe dell’Ucraina dell’Est avanzano verso occidente i carri armati del Cremlino. Molti dei quali espongono bandiere: alcune rosse con la falce e il martello, altre con i colori nazionali russi, altre ancora con il profilo di un orso. Infine, alcune mostrano i vessilli dell’impero zarista che poi vengono issati nei villaggi e nelle cittadine conquistati, in segno di avvenuta annessione o, come dicono i russi, di riunificazione. L’avanzata delle truppe di Mosca nel Donbas, pur lenta e faticosa, corrisponde allo spostamento verso ovest della simbologia, della narrazione e del sistema di welfare offerto dal Cremlino, con il fine di conquistare le menti e i cuori delle popolazioni che ingloba nella sua area geopolitica. Si tratta, di fatto, della russificazione dei territori conquistati. Questa fa leva sia su fattori economici e sociali estremamente tangibili sia su riferimenti storiografici, letterari, linguistici, simbolici e ideologici, che accomunano le popolazioni del Donbas e di gran parte dell’Ucraina orientale a quelle della Federazione Russa.

Sul piano geopolitico questo processo di russificazione assume un triplice valore strategico: innanzitutto il compattamento del fronte interno russo per creare una solidarietà fondata su un’identità condivisa in vista di tempi estremamente conflittuali; poi il sedimento perpetuo della russofilia in questi territori nell’ipotesi che vengano formalmente reintegrati in altri Stati, che dovrebbero così tenere conto degli interessi dei propri russofili; infine, la narrazione dell’inglobamento come vantaggioso per la popolazione locale rispetto alle condizioni che vigevano precedentemente.

La russificazione economica e sociale avviene in maniera analoga in tutti i territori di fatto annessi nel Donbas. Di fianco ai furgoni di Hranitne, per esempio, alcuni attivisti filorussi installano dei gazebo dove la valuta ucraina viene convertita in rubli. In altri gazebo, invece, i cittadini possono registrarsi per ottenere aiuti sociali: soprattutto sussidi e pensioni erogati dalle autorità di Mosca e Donec’k che sostituiscono quelle che fino a pochi giorni prima venivano fornite dal governo di Kiev. Gli aiuti russi sono generalmente più corposi, come testimoniano quasi tutti gli usufruenti. Pensando al «periodo ucraino», come viene chiamato da queste parti, i cittadini lamentano soprattutto gli alti costi della vita di allora, che i russi promettono di abbattere.

In questa fase dell’avanzata propaganda e assistenza sociale e umanitaria non sono distinguibili. Tuttavia, le popolazioni dei territori del Donbas che vengono man mano annesse reagiscono all’arrivo dei russi con apparente apatia, una sorta di freddo distacco da parte di chi comunque accetta gli aiuti forniti dal Cremlino ma difficilmente si lascia andare a slanci patriottici ed emotivi. La maggior parte non esprime preferenze tra Russia e Ucraina. Priorità di quasi tutti è potere vivere in sicurezza sotto un’unica amministrazione invece che in due regimi separati come è avvenuto dal 2014 a oggi. Inoltre, nel Donbas la percezione della guerra è molto diversa rispetto alle altre parti dell’Ucraina. A differenza di Kiev, Kharkiv o Leopoli, qui i cittadini sono abituati a vivere una costante situazione di crisi da otto anni, durante i quali i bombardamenti tra i due fronti non si sono mai veramente fermati. Le manifestazioni di patriottismo panrusso sono rare, ma lo sono anche quelle di bellicismo antirusso che invece divampano in altre zone del paese. L’impressione è che ci sia molto poco spazio per l’ideologia e che la popolazione locale sia spesso disposta ad accettare gli aiuti di Mosca per sopravvivere. Questione di convenienza, senza che questo corrisponda a una russofilia geopolitica.

Carta di Laura Canali - 2022Carta di Laura Canali – 2022

3. In questo contesto la dimensione simbolica e narrativa assume un’importanza strategica di primo piano agli occhi del Cremlino. Missione degli strateghi di Mosca è creare un’identità condivisa tra Russia e popolazioni russofone ucraine, con immediata applicazione geopolitica perché fautrice di una proiezione russa permanente sull’Ucraina. Il primo elemento utilizzato come minimo comune denominatore è il retaggio di appartenenza all’impero russo, di cui l’Ucraina e Kiev vengono narrate come il cuore pulsante. Russi e ucraini vengono descritti come un unico popolo che affonda le radici nell’odierna capitale ucraina ma che nel corso dei secoli ha sedimentato il proprio potere a San Pietroburgo e a Mosca. L’«operazione militare speciale di demilitarizzazione e di denazificazione» sarebbe un’azione di rimozione degli ostacoli ideologici e militari creati dall’Occidente per compromettere la comune identità tra russi e ucraini. Il riferimento è soprattutto ai partiti e ai movimenti politico-militari ucraini con venature banderiste se non neonaziste, che vengono definiti un prodotto del sistema occidentale e quindi diffusori di un’identità artificiale antirussa. Secondo la narrazione del Cremlino chi rifiuta la sovrapposizione tra russi e ucraini viene bollato genericamente come banderista, nazista, nazionalista o fautore del genocidio dei russi nel Donbas. L’esistenza di questi movimenti e gruppi militari, e soprattutto l’integrazione di alcuni fra essi nell’esercito regolare di Kiev sono di vitale importanza per la narrazione di Mosca, che sovrappone in maniera totale il particolarismo ucraino al neonazismo.

Nella narrazione russa sono importanti i riferimenti alla Grande guerra patriottica e alla sconfitta dei nazisti per mano sovietica. Le strade di Donec’k e di molti altri centri urbani del Donbas sono tappezzate di manifesti che raffigurano i miliziani filorussi di oggi a fianco dei soldati sovietici durante la seconda guerra mondiale. «Abbiamo vinto nel 1945, vinceremo anche oggi», si legge su uno di questi. Attivi nella diffusione di questa narrazione sono gruppi di agitatori giunti da Mosca e in questi tempi di base a Donec’k, afferenti al partito nazionalbolscevico che fu dello scrittore Eduard Limonov. Con loro anche attivisti del movimento culturale eurasiatico che hanno in Aleksandr Dugin il proprio punto di riferimento.

Infine, nella narrazione russa gioca un ruolo importante l’annessione della Crimea, descritta come ricongiungimento alla patria ancestrale. Quanto avvenuto nel marzo 2014 viene raccontato come modello esportabile anche in altre parti dell’Ucraina russofona. Ovvero parte del processo di inglobamento all’interno di un’area pacifica e destinataria di investimenti, favorevole per le imprese. Il ricongiungimento (o l’annessione) alla Russia porterebbe solo vantaggi. E andrebbe pertanto esteso ad altre parti di Ucraina.

Carta di Laura Canali - 2022Carta di Laura Canali – 2022

Pubblicato in: LA FINE DELLA PACE – n°3 – 2022
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  1. ueue scrive:

    Forse sbaglio, ma i ricorsi ad un passato “mitologico” mi sembrano una base debole per il richiamo alla guerra degli abitanti di questi luoghi così tormentati. Mi vengono in mente i riferimenti all’impero romano da parte del fascismo in Italia.

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