NICCOLO’ LOCATELLI, FEDERICO PETRONI :: IL DISCORSO DI ZELENSKY E LA REPLICA DI DRAGHI –LIMESONLINE DEL 22 MARZO 2022

 

 

LIMESONLINE DEL 22 MARZO 2022

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Il discorso di Zelensky, gli obiettivi dell’Italia e altre notizie sulla guerra in Ucraina.

 

Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali – 2020.

 22/03/2022

La rassegna geopolitica del 22 marzo.

analisi di Federico Petroni, Niccolò Locatelli

 

GUERRA D’UCRAINA, SCONTRO USA-CINA, SCONTRO USA-RUSSIAJOE BIDEN, MARIO DRAGHI, VLADIMIR PUTIN

IL DISCORSO DI ZELENSKY E LA REPLICA DI DRAGHI

 

di Niccolò Locatelli

 

Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelens’kyj (Zelensky) ha rivolto un discorso al parlamento del nostro paese, cui ha fatto seguito un intervento del primo ministro italiano Mario Draghi, presente in aula alla Camera dei deputati.

 

Perché conta:

 

Zelensky e Draghi hanno chiarito priorità e poste in gioco dei rispettivi paesi nella guerra iniziata dalla Russia quasi un mese fa. Il presidente dell’Ucraina sta lottando per la sopravvivenza del suo paese, oltre che della sua persona. Perciò ha poco tempo da dedicare a paesi non decisivi in questo conflitto, come il nostro. Tant’è che prima di rivolgersi al nostro parlamento ha già fatto lo stesso con quelli di Stati Uniti (parzialmente in lingua inglese), Canada, Regno Unito, Israele e Germania – domani sarà il turno della Francia. E che ha iniziato il suo intervento informando Camera e Senato del suo colloquio con un capo di Stato straniero, il papa, a sottolineare che Roma conta non in virtù di chi la governa ma di chi la governava. Il breve discorso è poi proseguito sulla falsariga umanitaria e dopo un passaggio a favore di ulteriori sanzioni si è chiuso con l’invito a dichiarare l’embargo commerciale e petrolifero contro la Russia. Per l’Italia, che non rischia l’obliterazione come Stato sovrano, la posta in gioco in questo conflitto è inevitabilmente minore. L’obiettivo tattico è limitare i danni della crisi economica e dell’emergenza migratoria scatenate dall’invasione decisa da Putin. Quello strategico è contribuire alla creazione di un nuovo ordine europeo nel dopo-guerra e non limitarsi a subirla. L’intervento di Draghi, che ha biasimato “l’arroganza russa” e rivendicato la fornitura di armi all’Ucraina, punta a sgombrare il campo dagli equivoci – in questa crisi siamo stati percepiti come troppo filo-russi dagli Usa e troppo filo-americani da Mosca – collocandoci saldamente dal lato occidentale della barricata. Il sostegno dichiarato all’ingresso di Kiev nell’Unione Europea, al di là della sua fattibilità, è un messaggio a Francia e Germania: quando si decide, Roma vuole esserci. La fermezza oggi è un prerequisito per avere voce in capitolo domani.

 

 

Il resto della rassegna è a cura di Federico Petroni.

 

 

«PUTIN DITTATORE OMICIDA»

 

Putin «puro delinquente» e «dittatore omicida». «Chiari segnali che sta considerando di usare armi chimiche e biologiche». Possibile impiego di armi nucleari tattiche. «Sulla base di informazioni in evoluzione, la Russia potrebbe star pianificando un attacco cibernetico contro di noi». Parole pronunciate in questi giorni dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden o dalla sua cerchia.

 

Perché conta: Gli americani le pronunciano per diversi motivi.

 

Il primo è in continuità con il loro atteggiamento dall’inizio della crisi: hanno la superiorità informativa, la impiegano per preparare gli alleati al peggio. Nei prossimi giorni si discuteranno nuove sanzioni da varare contro la Russia, tra cui il già menzionato embargo petrolifero, che i tedeschi hanno fatto sapere di essere pronti ad adottare immediatamente se venissero usati ordigni non convenzionali.

Il secondo è un messaggio a Putin: a differenza del preguerra, stavolta gli Stati Uniti non sembrano intenzionati a stabilire che cosa faranno in caso di attacco bio-chimico. Hanno comunicato che è una linea rossa, ma non si sono legati le mani. Ne parleranno nei prossimi giorni; al momento non è escluso il ricorso alla forza. Anche per questo i tedeschi mettono le mani avanti, essendo contrari a un’opzione militare.

Il terzo riguarda i concreti sviluppi sul campo. I russistanno contemporaneamente facendo progressi (Mariupol, Donbas), subendo controffensive (Kherson) e affrontando perdite molto dure. Chiedono contributi a chiunque, dalla Siria (che ha accettato) alla Bielorussia (che tentenna) fino al Kazakistan (che ha rifiutato).

Questo ha spinto Putin ad abbassare le pretese nei negoziati, ma potrebbe anche spingerlo a usare armi non convenzionali. Allo stesso modo, il fantasma bio-chimico sprona gli ucraini a resistere ma con un grano di giudizio, cioè senza proseguire i combattimenti a ogni costo: la sorte dei territori conquistati in questa guerra (il corridoio Donbas-Crimea, le fonti idriche per la penisola) è infatti l’argomento più spinoso dei negoziati, su cui non si intravede alcun spazio per il compromesso. Per costringere Kiev a cedere, Mosca potrebbe proseguire e inasprire i combattimenti, anche al prezzo di varcare soglie disumane.

Il quarto concerne nuovamente gli europei e le sanzioni. Al momento, l’unità nella Nato investe la comune percezione della mostruosità di Putin e della necessità di impedire alla guerra di allargarsi. Per il resto gli interessi divergono, anzi proprio la guerra, come ogni crisi in Europa, rende manifeste le differenze. Non è infatti chiaro che cosa potrà uscire nel concreto dai colloqui dell’Alleanza Atlantica in questi giorni. C’è chi vuole una no-fly zone, chi una missione Nato in Ucraina, chi riarmare la nuova cortina di ferro, chi riarmarsi alla leggera per tenersene lontano. Ribadire ciò che unisce è un modo per nascondere le divergenze.

 

Per approfondireChe cosa (non) vogliono gli Usa da Putin

 

 

GLI USA, LA CINA, IL GENOCIDIO

 

Direttamente collegato al precedente c’è il rialzo retorico nei confronti della Cina. Il segretario di Stato degli Usa Antony Blinken ha annunciato restrizioni sul visto a funzionari cinesi coinvolti «nel genocidio e nei crimini contro l’umanità in Xinjiang, nelle politiche repressive in Tibet, nella soppressione delle libertà fondamentali a Hong Kong e nelle violazioni e negli abusi dei diritti umani e della libertà religiosa nel resto del paese».

 

Perché conta: Stupisce la tempistica. Gli Stati Uniti stanno trattando con la Cina che cosa fare della Russia. Il negoziato avviene anche attraverso parole forti, per esempio l’accusa americana che Pechino fosse a conoscenza dell’intento di Putin di invadere l’Ucraina e che stia pensando di rifornire d’armi Mosca.

Ma questa lista così precisa delle malefatte umanitarie non aiuta certo a trovare un’intesa. Washington avrebbe potuto offrire un abbassamento dei toni e non l’ha fatto. Gli americani hanno dunque stabilito che cinesi e russi sono irrimediabilmente alleati?

Prima di giungere a questa conclusione vale la pena considerare il fattore europeo. Questa settimana Biden partecipa al Consiglio Europeo assieme al premier giapponese: all’ordine del giorno c’è il nuovo contesto delle relazioni Ue-Cina alla luce della guerra in Ucraina. Ecco che i destinatari del messaggio potrebbero essere i paesi del Vecchio Continente: gli Stati Uniti si aspettano un Occidente compatto con la Repubblica Popolare. In cosa? Nel chiarire a Pechino che schierarsi con la Russia implica mettere a repentaglio i rapporti non solo con l’America ma pure con l’Europa.

Washington pensa di usare gli europei per alzare agli occhi dei cinesi il costo di sostenere militarmente Putin e di essere considerati alleati della Russia.

 

Per approfondireXi e Biden parlano di Russia

 

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