ORIETTA MOSCATELLI, LA RUSSIAFRIQUE — LIMES ONLINE IL MONDO OGGI — DEL 4 FEBBRAIO 2022 

 

 

LIMES ONLINE DEL 4 FEBBRAIO 2022 

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Carta di Laura Canali - 2018

 

 

 

LA RUSSIAFRIQUE

 di Orietta Moscatelli

 

 

 

L’attivismo del presidente della Francia Emmanuel Macron sulla crisi ucraina – tre telefonate con il suo omologo russo Vladimir Putin in una settimana e lunedì prossimo a Mosca – è accompagnato da movimenti dei mercenari russi del gruppo Wagner in Africa occidentale, come sempre poco leggibili ma molto suggestivi.

 

Mali - Wikipedia

 

Nel nord del Mali non c'è più neanche un prete per dire Messa. «Restano  bombe e attentati» - Tempi

IL MALI E I SUOI VICINI

 

 

 

Fonti americane segnalano spostamenti di piccoli gruppi di paramilitari russi dalla Repubblica centrafricana, ipotizzando il trasferimento ai confini con l’Ucraina per prossime azioni ‘ibride’ in stile Crimea. Altre letture suggeriscono una redistribuzione nell’area: verso il Mali, dove la presenza dei contractor russi è accertata, e in Burkina Faso, dove è lecito sospettare un aiutino di Mosca dietro il golpe del 24 gennaio. Entrambe opzioni preoccupanti per il presidente francese, che mentre tenta la carta negoziale con la Russia per far rientrare l’escalation con Nato e Usa non può ignorare la situazione nel Sahel, sempre più scottante. Macron probabilmente spera che anche il Cremlino faccia il collegamento: buoni servigi sul fronte ucraino potrebbero aiutare su quello africano.

 

 

 

Jambo Africa: Timori per la stabilità del Sahel dopo i massacri in Mali e  in Burkina Faso

IL SAHEL

 

 

 

Il Mali è il cuore del problema e il centro dell’irradiamento regionale delle Wagner. I cosiddetti ‘istruttori russi’ si installano nelle basi abbandonate dai francesi nel centro e nord del paese. A Timbuctu è accaduto di recente e i media parigini scoprono con stupore che molti maliani salutano contenti sia la partenza dei francesi che l’arrivo dei russi. Il Mali ha dato avvio nel 2020 alla lunga serie di golpe in Africa occidentale di cui l’ultima puntata, non riuscita, è di questa settimana in Guinea Bissau.

Il ritorno dei militari africani in grande stile, in particolare nel Sahel, scompagina la “Françafrique” e manda gli europei in ordine sparso. Parigi in questi giorni cerca di ridimensionare la portata dell’espulsione del suo ambasciatore da Bamako e si lascia sfuggire che sarebbe stato più logico cacciare il rappresentante dell’Italia dopo la missione a Roma dei ribelli tuareg del Nord maliano. Intanto la task force Takuba a guida francese perde pezzi: lasciano la Danimarca, la Svezia, forse la Germania; la Norvegia rinuncia preventivamente e l’Italia chissà. Concepita come supporto anti-jihadista e contro la tratta di migranti, Takuba per i francesi doveva essere la trincea per difendere la propria influenza nella regione. È diventata simbolo del fallimento europeo e della natura velleitaria dell’idea di costruire a breve una difesa comune. I russi esultano.

Gli uomini della Wagner, con un discreto seguito di funzionari e imprenditori moscoviti, fungono da supporto tecnico e militare ai nuovi colonnelli africani senza fare troppe domande. E incassando, secondo il capo del comando Usa per l’Africa, il generale Townsend, 10 milioni di dollari al mese.

L’imprenditore Evgenyj Prigozin, noto come “lo chef di Putin” e considerato il regista finanziario del Wagner, ha celebrato il golpe in Burkina Faso come ulteriore capitolo di un «nuovo movimento di liberazione» in atto nel continente africano. E ha dato una non richiesta lezione agli occidentali: «Non fanno altro che organizzare intrighi: con una mano creano gruppi terroristici, con l’altra li combattono e, sfortunatamente, lo fanno molto male».

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