LUIGI MANCONI, Chi ha liberato Patrick Zaky – REPUBBLICA DEL 8 DICEMBRE 2021

 

 

REPUBBLICA DEL 8 DICEMBRE 2021

https://www.repubblica.it/commenti/2021/12/08/news/liberazione_patrick_zaky-329347353/

 

 

 

Chi ha liberato Patrick Zaky

di Luigi Manconi

 

Roma, manifestazione per Patrick Zaky (ansa)

 

 

Sono i “giovani europei”, le cui radici non sono circoscritte al perimetro del Vecchio continente, ma si allungano fino al Medio Oriente e al Nord Africa. Sono loro, da Berlino ad Atene, dal Cairo a Tunisi, che hanno tenuto viva la mobilitazione per quel giovane uomo sottoposto alla tortura di veder rinnovato, ogni 45 giorni, il dispositivo di una carcerazione insensata

Mentre la Ue mostra le sue vergogne e mentre la sua pavidità su questioni cruciali (diritti umani, accoglienza dei migranti, stato di diritto) si traduce in una sorta di rigor mortis, viene alla luce un’altra Europa.

Un’Europa di individui che si muovono velocemente, superando di un balzo solo le barriere etniche, linguistiche e culturali: soggetti non istituzionali e tuttavia informati e competenti, non legati ai partiti, eppure politicamente sagaci e solleciti del bene pubblico, non riconducibili alle internazionali del secolo scorso (socialista, popolare, conservatrice), ma cosmopoliti per esperienza e vocazione.

Sono i “giovani europei”, le cui radici non sono circoscritte al perimetro del Vecchio continente, ma si allungano fino al Medio Oriente e al Nord Africa. Sono loro, da Berlino ad Atene, dal Cairo a Tunisi, che hanno tenuto viva la mobilitazione per quel giovane uomo, Patrick Zaky, sottoposto alla tortura di veder rinnovato, ogni 45 giorni, il dispositivo di una carcerazione insensata; sono loro che hanno comunicato questo sentimento di affinità elettiva con un “prigioniero di coscienza”, che ha dormito per 660 notti sul pavimento di cemento della sua cella.

Per questo, mi viene da pensare Patrick Zaky come un giovane europeo: per come ha vissuto la sua adolescenza in Egitto e la sua appartenenza a una minoranza religiosa, per come ha fatto della sua sensibilità civile una occasione di formazione intellettuale e politica, per come ha voluto allargare i propri orizzonti recandosi nel cuore della cultura europea, in quella Università di Bologna che è la più antica del mondo occidentale. E, infine, per come ha affrontato la detenzione: senza mai abdicare ai propri principi e perseguendo con una caparbietà, quasi ascetica, il proprio desiderio “di studiare”.

Su Internet si trova una sequenza di foto, disegni, dipinti, dove l’immagine di Zaky viene reiterata migliaia di volte. Questa ossessione iconica potrebbe apparire a qualcuno come la celebrazione di un rito funebre. Ma è, piuttosto, l’autorappresentazione allegorica di una identità plurima, cangiante, mobile, fatta della speranza e del coraggio dei tanti giovani europei, che hanno “indossato” i panni e la faccia di Zaky per affermare, con la sua, la propria libertà. Non un cerimoniale del lutto, bensì – direbbe Susan Sontag – il modo per accedere al dolore dell’altro, sottraendolo allo spettacolo mondano, e assorbendolo nello sguardo e, dunque, nell’anima.

Una comunanza generazionale che ha contribuito alla scarcerazione, seppure non definitiva, di Zaky e che mostra una imprevista tenacia, ma anche una irreparabile fragilità. Tale perché questa alleanza sovranazionale rimanda a un’epopea tragica, fatta di vittime ventenni e trentenni.

Un tessuto di idee e biografie, intelligenze e passioni, che propone i volti di Andy Rocchelli, finito dai colpi di mortaio in Ucraina il 24 maggio 2014, Valeria Solesin, uccisa nella strage al Bataclan di Parigi il 13 novembre 2015, Giulio Regeni torturato a morte al Cairo nei primi giorni del febbraio 2016, Antonio Megalizzi, trucidato nell’attentato a Strasburgo dell’11 dicembre 2018; e, insieme a loro, i tanti anonimi combattenti per i diritti umani in Turchia, in Egitto e nel Maghreb.

 

Molti di questi non hanno ottenuto giustizia: e proprio perché l’Unione politica e istituzionale, quella che tollera sovranismi e fili spinati, non ha saputo darsi una strategia unitaria nemmeno per tutelare i valori che, si afferma, sono alla base della stessa idea e costituzione di Europa.

 

Di conseguenza, oggi c’è da rallegrarsi per questo primo esito positivo, ma si deve continuare a vigilare perché sono sempre possibili le più amare sorprese. L’autorità che ha disposto la scarcerazione di Zaky è un’articolazione di quel regime dispotico di Abdel Fattah al-Sisi, che ha sprezzato la dignità di Giulio Regeni e ha tentato di sfregiarne la personalità. Da quel feroce sistema di potere, è lecito attendersi qualunque inganno.

 

E resta il rammarico per come la domanda di verità e giustizia per Giulio sia stata lasciata senza risposta. I quattro governi italiani che si sono succeduti fino al 2020 hanno rivelato una colpevole sudditanza psicologica nei confronti dell’autocrate egiziano. L’unica azione politico-diplomatica intrapresa – il richiamo a Roma dell’ambasciatore italiano al Cairo – è durata appena 16 mesi e non è stata sostituita da altri provvedimenti efficaci. Solo l’attuale governo, costituendosi come parte lesa nel processo contro i quattro ufficiali della Nazional Security, ha mostrato una qualche determinazione. Ma, come si sa, ora si deve ricominciare daccapo.

 

Sembra sfuggire all’intera classe politica che nel caso di Giulio Regeni, così come in quello di Patrick Zaky è in gioco, certo, un fondamentale principio umanitario. Ma, ancor più, una essenziale questione di sovranità nazionale: l’indipendenza e l’autorità di uno Stato si misurano, in primo luogo, nella sua capacità di tutelare l’incolumità dei propri cittadini. E di chi, come Zaky, si vuole, a pieno titolo, cittadino europeo.

 

 

 

Qualche  notizia delle persone citate nell’articolo :

 

1.

Morte di Andy Rocchelli, Markiv assolto in appello e scarcerato - Rai News

ANDY ( ANDREA ) ROCCHELLI ( Pavia, 27 settembre 1983- Andreevka, Distretto di Slov’jans’k, Ucraina, 24 maggio 2014 ) è stato un giornalista, fotoreporter e fotografo italiano. Fotoreporter freelance professionista, è stato fondatore e membro del collettivo di fotografi indipendenti Cesura.

Viene ucciso nel corso della guerra del Donbass da un colpo di mortaio sparato dall’esercito ucraino, secondo la ricostruzione dei giudici italiani, mentre svolgeva il suo lavoro.

Insieme al fotoreporter, quel pomeriggio vi erano l’attivista dei diritti umani e interprete Andrej Nikolaevič Mironov, anch’egli rimasto ucciso nell’attacco, il fotoreporter francese William Roguelon e l’autista locale, rimasti entrambi feriti, oltre un civile di passaggio, rimasto illeso. Il gruppo di giornalisti stava documentando le condizioni dei civili che si trovavano tra il fuoco dell’esercito ucraino e le postazioni dell’artiglieria separatista.

 

per il processo, assai complicato, vedi :

https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Rocchelli

 

 

2.

 

Nessuna descrizione della foto disponibile.
VALERIA SOLESIN UCCISA A 28 ANNI NELLA STRAGE DEL BATACLAN A PARIGI

3.

Immagine

4.

Nessuna descrizione della foto disponibile.
FOTO DAL FACEBOOK ” FONDAZIONE ANTONIO MEGALIZZI “– https://www.facebook.com/FondMegalizzi/

Antonio Megalizzi ( Reggio Calabria, 15 maggio 1989, cresciuto a Trento – ucciso a Strasburgo il 14 dicembre 2018, a 29 anni, dalla pistola di Chérif Chekatt),
” era un giovane reporter appassionato dell’Europa ” ( Ansa )

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