SILVIO MESSINETTI, Lucano: «Michele Di Bari ha distrutto Riace» -IL MANIFESTO DEL 11 DICEMBRE 2021 + Giuliano Foschini e Fabio Tonaccici, Il prefetto scelto da Salvini che sollevò il caso Riace- REPUBBLICA DEL 11 DICEMBRE 2021 —

 

IL MANIFESTO DEL 11 DICEMBRE 2021

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Lucano: «Michele Di Bari ha distrutto Riace»

 

Viminale. Si dimette il capo dipartimento libertà civili e immigrazione. Era stato prefetto a Reggio Calabria dal 2017 al 2019. L’ex sindaco del borgo calabrese: «Quando arrivò in prefettura per noi cambiò tutto»

 

L'ex sindaco di Riace Mimmo LucanoL’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano

 

 

Silvio Messinetti

EDIZIONE DEL  11.12.2021

PUBBLICATO10.12.2021, 23:59

 

«Umanamente mi dispiace per la moglie (Rosalba Bisceglia ndr) perché è una storia di sofferenza che io rispetto anche e soprattutto alla luce del principio di innocenza, che sulla carta dovrebbe valere per tutti», dice Mimmo Lucano dopo le dimissioni del capo dipartimento libertà civili e immigrazione del Viminale Michele Di Bari. L’ex sindaco di Riace lo conosce bene perché dal 2017 al 2019 è stato prefetto a Reggio Calabria e ha gestito il caso Riace. «Le mie critiche sono state sempre di natura politica e le sue dimissioni la dimostrazione che la luce si fa strada da sola».

 

Lucano, lei non è mai stato tenero con Di Bari. Come giudica le sue dimissioni di ieri?

L’inchiesta che vede coinvolta la moglie è indubbio che abbia creato in lui un qualche imbarazzo da cui pensa di sottrarsi rassegnando le dimissioni. Ma il problema è di natura politica. Troppi misteri si sono annidati nella prefettura di Reggio quando a guidarla era Di Bari. Prima che lui arrivasse, Riace aveva avuto sempre rapporti molto stretti con la prefettura perché era sempre disponibile ad accogliere a tutte le ore i migranti. Un filo diretto tra istituzione e seconda accoglienza che funzionava. Poi, con il cambio al vertice, tutto è iniziato a mutare. La prefettura è diventato luogo ostile, era impossibile comunicare con i funzionari.In quel tempo la notorietà acquisita da Riace era alta e aveva attirato l’attenzione mondiale. Sono iniziate le ispezioni della Guardia di Finanza, dei funzionari prefettizi. Quattro relazioni in poco tempo, due a favore e due contrarie. Una di queste, quella più favorevole dove si descrive il modello di accoglienza di Riace, così come lo raccontava il mondo intero, è sparita. Abbiamo aspettato un anno con incessanti richieste formali dei miei legali prima di poterla leggere per intero. Un giorno mi presentai con padre Zanotelli in prefettura e Di Bari si rifiutò di incontrarci. Mentre fu molto solerte e puntuale nel firmare l’autorizzazione a una manifestazione neofascista a Riace. Portarono le bandiere nere fin sotto al Comune. Una vergogna.

 

Matteo Salvini ha attaccato duramente la ministra degli Interni. Parla di «disastro Lamorgese» e ne chiede le dimissioni immediate. Che ne pensa?

 

Penso che è capace di tutto, anche di smentire se stesso. Ma se è stato lui a nominare Di Bari capo dipartimento del Viminale, cosa vuole ancora? Era stato lo stesso prefetto a firmare l’ordine di demolizione della baraccopoli di San Ferdinando. Quando Salvini si presentò con le ruspe c’era al suo fianco proprio Di Bari. È uno scandalo che Di Bari sia stato confermato al vertice del dipartimento Immigrazione anche dai governi Conte e Draghi. Le piaghe del caporalato, del neoschiavismo, delle baraccopoli come Rosarno e Foggia sono i frutti marci di una politica delle migrazioni fallimentare. Io continuo a girare per l’Italia per raccontare Riace. Per parlare degli sfruttati, rievocare Becky Moses, Soumaila Sacko e gli altri martiri della Piana. Perché, malgrado la procura di Locri, il prefetto Di Bari e gli altri personaggi che l’hanno affossata, Riace è per sempre.

 

 

 

REPUBBLICA DEL 11 DICEMBRE 2021 —

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scelto_da_salvini_che_sollevo_il_caso_riace-329732442/?
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Il prefetto scelto da Salvini che sollevò il caso Riace

di Giuliano Foschini e Fabio Tonaccici

 

Matteo Salvini e il Prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari (agf)

Michele Di Bari: “Sono un uomo delle istituzioni e mi pare giusto fare un passo indietro per coerenza, anche se sono certo che si tratti solo di un equivoco”

 

Prefetto, che succede?

«Ma niente…»

Beh, insomma, sua moglie Rosalba Livrerio Bisceglia è indagata a Foggia per sfruttamento di migranti e caporalato. L’azienda è sotto amministrazione giudiziaria.

«E infatti ho appena comunicato alla ministra Lamorgese le mie dimissioni dal Dipartimento per l’Immigrazione. Sono un uomo delle istituzioni e mi pare giusto farlo per coerenza, anche se sono certo che si tratti di un equivoco».

Sa quanti migranti hanno lavorato con l’azienda cerealicola di sua moglie?

«Non lo so, ma pochi, era l’anno scorso, per il raccolto dell’uva… tra l’altro per ognuno c’è un iban pagato al lavoratore, ci sono le distinte dei bonifici. Mia moglie sta già dimostrando tutto agli inquirenti».

La ministra Lamorgese cosa le ha detto?

«Niente, non ha parlato…».

 

Sono le 11.30 di ieri quando il prefetto Michele Di Bari risponde alla telefonata di Repubblica. Ha rassegnato le dimissioni da pochi minuti. Il ministero degli Interni è in subbuglio, così come le stanze di mezzo Governo.

Anche perché Di Bari, al Viminale, non è esattamente un passante.

Fino a ieri era il capo del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, ossia l’uomo chiamato a gestire tutta la questione migranti, dall’accoglienza, alle autorizzazioni per i porti di sbarco, dall’erogazione dei fondi pubblici a cooperative e comuni per i progetti dell’integrazione alla lotta all’illegalità.

 

E’ stato nominato nel maggio del 2019 dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, dopo essersi guadagnato il plauso del leader leghista perché da prefetto di Reggio Calabria (2016-2019) aveva avviato di sua iniziativa ispezioni sul sistema Riace di Mimmo Lucano.

E aveva gestito – in un modo che a Salvini era piaciuto molto – la vicenda scivolosissima della baraccopoli di San Ferdinando, uno dei polmoni dello sfruttamento dei migranti. Una circostanza, quella della nomina di Di Bari, che la Lega, ora infoiata nel chiedere le dimissioni della ministra Lamorgese, pare essersi dimenticata.

Sul tavolo del prefetto Michele Di Bari, negli ultimi due anni e mezzo, sono finiti i dossier più complicati per il governo del fenomeno migratorio, compreso quello sui ghetti.

Primo tra tutti quello di Borgo Mezzanone, poco fuori Foggia, la più grande baraccopoli d’Italia dove va in scena da anni una crisi umanitaria. E da cui il gambiano Saidy Bakary, il caporale al centro dell’inchiesta della procura di Foggia, nel settembre del 2020 reclutava decine di lavoratori, anche privi di permesso di soggiorno, per l’azienda Bisceglia S.S., “approfittando del loro stato di necessità – si legge nell’ordinanza del giudice che dispone le misure cautelari – e per una paga di 5,70 euro all’ora per otto ore al giorno”.

Senza pausa, senza ferie, senza periodo di riposo, contando i cassoni riempiti a fine giornata.

 

Può darsi che davvero il prefetto Di Bari, nato a Mattinata (Foggia) 62 anni fa, niente sapesse di come la moglie e il cognato Matteo gestivano la Bisceglia S.S., l’azienda di cui sono amministratori e soci.

Un’azienda importante, che fa della famiglia Di Bari-Bisceglia un nome noto in tutta la provincia foggiana, la carica prefettizia unita al prestigio e alle terre dei latifondisti.

Dicono che il loro sia l’olio più buono del Gargano e lo dicono, forse, anche perché Di Bari è ovunque, anche in Vaticano: è infatti il vice presidente del cda dell’ospedale ecclesiastico di San Giovanni Rotondo. Il prefetto non ha mai staccato il cordone che lo lega alla sua terra: ogni volta che i quotidiani online locali scrivono di lui, apre la mail e invia lunghe precisazioni. “Gentile direttore…”

Non è la prima volta che il nome di Michele Di Bari finisce sotto il riflettore della cronaca giudiziaria. La pratica della concessione (poi non avvenuta) del passaporto comunitario a Luis Suarez, il giocatore su cui la Juve un anno fa aveva messo gli occhi, passò anche tra le sue mani.

E’ stato anche sentito come testimone dai pm di Perugia, e a Repubblica, intervistato, disse: “Non c’è stato alcun favoritismo, alcuna anomalia”. Oggi come allora: “Nessuna anomalia”.

 

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  1. ueue scrive:

    E’ angoscioso pensare che persone del genere siano in posti di potere.

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