GIULIO MAROTTA, La salute in mano alle mafie: ecco la mappa delle aziende sanitarie REPUBBLICA DEL 26 NOVEMBRE 2021 

 

 

REPUBBLICA DEL 26 NOVEMBRE 2021 

https://www.repubblica.it/dossier/cronaca/storie-di-mafia/2021/11/26/news/sanita_mafia_infiltrazioni_asl-326499578/?ref=RHTP-BI-I327935285-P6-S3-T1&__vfz=medium%3Dsharebar

 

 

La salute in mano alle mafie: ecco la mappa delle aziende sanitarie infiltrate

di Giulio Marotta

 

Un’emergenza circoscritta a Campania e Calabria, con ripercussioni sui costi e sulla qualità del servizio sanitario nazionale. Oltre agli interessi economici, perseguita l’assunzione di persone legate ai clan locali per accrescere il consenso della popolazione intorno alle organizzazioni criminali

 

La sanità in mano alle mafie. L’infiltrazione della criminalità organizzata in uno dei gangli vitali di ogni società. Lo sfruttamento, per questo ancora più intollerabile, di aziende sanitarie e ospedaliere, voci fondamentali del welfare sul quale si basa il nostro Paese come comunità. Come condivisione di diritti e responsabilità. Un’altra faccia del preoccupante fenomeno del condizionamento mafioso sulle amministrazioni locali (364 scioglimenti per infiltrazioni della criminalità organizzata dal 1991 al 15 novembre 2021).

 

In base all’art. 146 del testo unico sugli enti locali, la complessa procedura di verifica delle infiltrazioni mafiose negli enti locali (Commissione di accesso prefettizia, relazione del Ministro Interni per il Consiglio dei ministri, Decreto del Presidente della repubblica) si applica infatti anche “agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere”.

Dal 1991 ad oggi, le commissioni di accesso nominate dal ministero degli Interni hanno portato al commissariamento di 7 aziende (nel caso dell’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano, all’archiviazione del 2014 ha fatto seguito, nel 2015, un decreto di scioglimento per infiltrazioni della criminalità organizzata), mentre in altri 6 casi la procedura si è conclusa con un’archiviazione.

‘Storie di mafia’ mette a disposizione dei lettori di Repubblica e delle istituzioni, un database navigabile e aggiornato che disegna la mappa delle aziende sanitarie sottoposte alla verifica delle infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, con link che rimandano ai provvedimenti di commissariamento o di archiviazione adottati dal governo; alle sentenze dei giudici amministrativi sui ricorsi presentati dagli amministratori; alle relazioni sull’attività delle commissioni straordinarie cui è  affidata la gestione dell’azienda durante la fase di commissariamento. Tutte le aziende commissariate sono situate in Calabria e Campania: e il fatto non è casuale se si considera che nei territori di Napoli, Caserta, Reggio Calabria e Vibo Valentia si registra il più alto numero di consigli comunali sciolti per condizionamento della criminalità organizzata.

 

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Perché le mafie si infiltrano nelle aziende sanitarie
LA MAPPA LA PUOI VEDERE SOLO NEL LINK DEL GIORNALE ALL’INIZIO,

ma per comodità lo ripetiamo

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Dalla copiosa documentazione esistente (relazioni governative, atti commissioni di inchiesta, relazioni semestrali della Direzione investigativa antimafia, sentenze etc.) è possibile tracciare un quadro complessivo delle caratteristiche di questo fenomeno, che ha inevitabili ripercussioni anche sulla qualità e sui costi del servizio sanitario nazionale.

Il forte interesse delle mafie si giustifica innanzitutto con la volontà di appropriarsi delle risorse del servizio sanitario nazionale. La violazione sistematica del codice degli appalti (mancato rispetto delle procedure di gara tramite frazionamento delle spese, proroga illegittima dei contratti, violazione della disciplina dei subappalti etc.) e del codice antimafia (viene eluso l’obbligo di verificare l’esistenza di interdittive delle società che stipulano contratti con la pubblica amministrazione) e, più in generale, una gestione amministrativa caratterizzata da forte inefficienza e disordine, facilitano l’affidamento di servizi e forniture a soggetti legati alla criminalità organizzata.

Funzionale a tale obiettivo è l’individuazione di “referenti” tra il personale dirigenziale e amministrativo, in particolare negli uffici preposti alla gestione delle spese, che possano indirizzare l’attività dell’amministrazione a favore delle cosche locali (spesso le relazioni prefettizie sottolineano la presenza all’interno delle aziende sanitarie di dipendenti legati da rapporti di frequentazione o parentela con esponenti dei clan mafiosi, ovvero con precedenti penali o di polizia).

 

Comuni sciolti per mafia, ecco le mappe delle infiltrazioni della criminalità organizzata

di Giulio Marotta – 22 Ottobre 2021

 

Il secondo motivo di interesse è costituito dal fatto che la sanità ha rappresentato per anni un sistema clientelare per le assunzioni (così il procuratore della repubblica di Reggio Calabria di fronte alla Commissione antimafia, 28 marzo 2019), funzionale a garantire l’immissione nelle strutture sanitarie di persone legate ai clan locali ed accrescere così il consenso della popolazione intorno alle organizzazioni criminali.

Infine, come evidenziato dalla relazione predisposta dalla Commissione antimafia al termine della scorsa legislatura (febbraio 2018), l’infiltrazione nelle aziende sanitarie può risultare utile a garantire l’assistenza medica ai propri affiliati in condizioni di particolare riservatezza.

 

 

Le procedure di accesso in Campania

Il primo scioglimento nel comparto sanitario campano avviene nel 2005: il lavoro della commissione d’accesso evidenzia che nell’Azienda sanitaria provinciale 4 di Pomigliano d’Arco di Napoli, i clan locali erano in grado di esercitare un forte controllo degli appalti, soprattutto per quanto riguarda i servizi di pulizia e sanificazione, fornitura pasti, vigilanza, trasporto rifiuti ospedalieri e nei servizi informatizzati, con l’affidamento ad aziende legate alla criminalità organizzata, alcune delle quali già colpite da interdittiva antimafia.

I giudici amministrativi parlano di “abnorme soggezione dell’ASL alle forze malavitose”, favorita dall’assenza di programmazione degli appalti e forniture, dal frequente ricorso alla trattativa privata, dall’artificioso frazionamento della spesa e dalle assunzioni ‘pilotate’ del personale. Gravi irregolarità sono state riscontrate anche con riferimento alle autorizzazioni e agli accreditamenti a strutture sanitarie private.

Si segnala che anche il comune di Pomigliano D’Arco era stato commissariato per infiltrazioni della camorra nel 1993.

 

Il secondo caso riguarda l’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, sciolta nel 2015, dopo che la procedura di accesso dell’anno precedente, avviata per il coinvolgimento dei vertici dell’azienda in un’inchiesta della magistratura, si era conclusa con l’archiviazione. A seguito di una successiva indagine della magistratura, la nuova commissione di accesso attesta che nel periodo 2008-2013 imprese legate alla camorra hanno ottenuto in affidamento il 70% dell’importo dei lavori eseguiti dall’azienda (manutenzione di immobili, lavori edili presso l’ospedale di Caserta, gestione e manutenzione degli impianti elevatori etc.). Le gravi irregolarità nella gestione aziendale sono confermate anche dall’Autorità nazionale anticorruzione. La relazione del Ministro evidenzia la “sussistenza di un sistema di controllo capillare degli appalti da parte del clan camorrista egemone che, infiltrandosi all’interno dell’azienda ospedaliera, ha tratto vantaggio da una rete di connivenze e collusioni tra la politica, l’imprenditoria e l’amministrazione”.

 

Storie di mafia, la memoria e la resistenza
https://www.repubblica.it/dossier/cronaca/storie-di-mafia
/2021/09/16/news/storie_di_mafia-317945431/

di Maurizio Molinari16 Settembre 2021

 

L’attività di ripristino della legalità portata avanti nel periodo di commissariamento straordinario si è incentrata sulla riorganizzazione della struttura amministrativa (ricambio del vertice amministrativo e sanitario, rotazione degli incarichi apicali, attuazione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione, istituzione del Nucleo operativo di controllo e del servizio ispettivo, adozione del nuovo Piano attuativo dell’Azienda) e sulla corretta gestione delle procedure di gara, con la stipula di una convenzione con la stazione unica appaltante presso il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche di Campania, Molise, Puglia e Basilicata e la revoca di alcuni appalti).

 

La procedura di accesso avviata nel luglio 2019 con riferimento all’Azienda sanitaria Napoli 1 si è invece conclusa con un’archiviazione. Nel comunicato del ministero degli Interni sono sottolineate le “irregolarità amministrative che hanno determinato evidenti disfunzioni nell’organizzazione e nella gestione delle attività della predetta azienda sanitaria, con particolare riguardo ai servizi forniti dal presidio ospedaliero San Giovanni Bosco”: sarà compito della Regione adottate le misure necessarie per evitare il ripetersi di tali distorsioni. Le inchieste della magistratura su irregolarità registratesi in altri ospedali della stessa azienda sanitaria 1 di Napoli hanno spinto alcuni parlamentari a sollecitare, con un’interpellanza del novembre 2021, l’invio di una nuova commissione di accesso.

 

Recentemente in sede parlamentare è stato sollecitato l’intervento ispettivo anche presso l’azienda sanitaria 3 di Napoliper verificare l’esistenza di forme di condizionamento dell’ente da parte della camorra: l’interrogazione del giugno 2021 non ha avuto sinora risposta da parte del Governo.

 

 

Il condizionamento della ‘ndrangheta sulle strutture sanitarie calabresi

Le procedure di verifica delle infiltrazioni mafiose hanno riguardato numerose aziende sanitarie calabresi. Tra i casi più recenti va ricordata innanzitutto l’Azienda provinciale di Reggio Calabria, che copre l’intero territorio provinciale (l’azienda 5 di Reggio Calabria era stata già commissariata per lo stesso motivo nel 2005).

Le relazioni sottolineano innanzitutto il “caos organizzativo e gestionale” (ad esempio per quanto riguarda il patrimonio immobiliare, con edifici in stato di abbandono ovvero occupati senza titolo) e la gravissima situazione di dissesto economico-finanziario (negli anni 2013-2017 non sono stati approvati neppure i documenti di bilancio). In materia di appalti lavori e forniture sono affidate a ditte già colpite da interdittiva antimafia ovvero sottoposte ad amministrazione controllata (in particolare nei settori dei servizi di pulizia e sanificazione, lavaggio e noleggio biancheria, gestione dei rifiuti, lavori di manutenzione e approvvigionamento materiali edili), grazie alla sistematica assenza della certificazione prevista dal codice antimafia. Assume rilievo anche la mancata o tardiva attivazione delle procedure disciplinari nei confronti dei dipendenti condannati in via definitiva per associazione mafiosa o per altri gravissimi reati.

 

Come segnalato dal Commissario ad acta del Governo per la sanità` in Calabria, prefetto Guido Longo, nel corso dell’audizione del 12 maggio scorso presso la Commissione parlamentare antimafia, al temine del periodo di gestione straordinaria una nuova operazione della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha portato all’arresto di medici, dirigenti e altro personale dell’azienda, con l’accusa di partecipazione alla cosca dei Piromalli.

 

L’ultimo caso di scioglimento riguarda l’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro.

La commissione di accesso, istituita dopo l’emissione di 24 ordinanze di custodia cautelare, da parte della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, a carico di dirigenti e dipendenti dell’azienda sanitaria (ad alcuni dei quali è stato contestato il reato di associazione mafiosa) evidenzia la violazione, da un lato, delle disposizioni in materia di appalti di lavori, servizi e forniture (con la mancata indizione di gare e la successiva proroga illegittima dei contratti); dall’altro, la sistematica elusione della normativa antimafia, con l’affidamento degli appalti a ditte legate ai potenti clan locali: ad esempio il servizio sostitutivo delle ambulanze del ‘118’ era stato svolto per 8 anni da ditte raggiunte da interdittive antimafia. Le relazioni parlano di “totale controllo della struttura anche per lo stato di soggezione del personale medico e paramedico” da parte dei clan locali” e di “superficiale gestione amministrativa dell’azienda sanitaria”, con inevitabili conseguenze sia sulla qualità dei servizi che sulla situazione di forte disavanzo dell’ente.

 

Proprio i piani di rientro  dal deficit finanziario ed il superamento del contenzioso esistente (che dava luogo a ingenti interessi moratori) sono stati al centro dell’azione dei commissari straordinari delle due aziende, come evidenziato dalle relazioni del governo (agosto 2020 e settembre 2021), che analizzano tutte le misure adottate per il pieno ripristino della legalità: reperimento di nuovo personale qualificato, rotazione degli incarichi nei settori a più alto rischio corruzione, piano di recupero del patrimonio immobiliare, revisione delle procedure di appalto, procedimenti disciplinari nei confronti del personale assenteista etc.

 

Il lungo commissariamento della sanità calabrese

In Calabria il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle aziende sanitarie  (relazione di agosto 2021 della Dia, capitolo 2) si intreccia con il problema generale del grave disordine ed inefficienza del sistema sanitario: e recentemente le indagini della procura della Repubblica di Cosenza hanno investito ex dirigenti, ex direttori generali e personale amministrativo dell’Azienda provinciale di Cosenza, accusati di falso in bilancio.

Tale situazione ha determinato il ricorso ad un lunghissimo periodo di commissariamento. In particolare, con la legge 25 giugno 2019, n°60 sono state introdotte misure volte a consentire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza ed il rientro dalla situazione di grave disavanzo finanziario, dotando il commissario straordinario di poteri straordinari. E’ stata disposta la verifica dei direttori generali e dei direttori amministrativi e sanitari al fine della loro eventuale sostituzione con un commissario ad acta; per l’affidamento di lavori e la fornitura di beni e servizi le strutture sanitarie calabresi devono avvalersi della Consip e delle centrali di committenza di altre regioni in caso di importi superiori alla soglia comunitaria ovvero del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Sicilia-Calabria; contestualmente è stato rafforzato il ruolo dell’Autorità anticorruzione per gli appalti sotto soglia e, per quanto concerne le attività di progettazione per l’edilizia sanitaria, di Invitalia. Una compressione “temporanea” delle competenze regionali in materia di sanità, che si giustifica proprio con la necessità di riallineare i servizi della sanità calabrese con quelli delle altre regioni (così la Corte costituzionale,sentenza n°233 del 2019).

 

Per un efficace sistema di monitoraggio e controllo

Durante la pandemia, le organizzazioni criminali si sono ulteriormente radicate nel settore sanitario.

Come evidenziato dalla relazione del giugno 2021 della Commissione antimafia (sulla base del lavoro istruttorio svolto dal Comitato, istituto ad inizio legislatura, per la prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l’emergenza sanitaria), le mafie hanno approfittato dell’emergenza covid per rafforzare le loro capacità di penetrazione nel tessuto socioeconomico, anche attraverso l’aggressione di imprese in difficoltà economica (utilizzando l’enorme disponibilità di capitali derivanti dalle attività illegali); per quanto concerne, in particolare, il settore medico-sanitario e farmaceutico l’interesse si è rivolto ai settori delle forniture e dei servizi direttamente legati al Covid-19: aziende legate alla criminalità organizzata hanno ricavato ingenti profitti tramite la produzione o la messa in commercio di prodotti medicali falsificati o contraffatti o di materiali connessi alla sanificazione (significativi sono i dati sui sequestri effettuati durante l’emergenza sanitaria di mascherine protettive, guanti, apparecchi sanitari etc.) ovvero operando nei servizi di smaltimento dei rifiuti.

Per eliminare la presenza mafiosa risulta essenziale realizzare un attento monitoraggio dell’attività delle aziende sanitarie, a partire dai territori e dalle aree a maggior rischio (sarebbe utile la pubblicazione delle relazioni delle commissioni di accesso anche in caso di archiviazione, in modo da far emergere tutte le disfunzioni accertate, i rimedi proposti e consentire di verificare l’attuazione delle misure correttive), e una profonda revisione delle procedure di controllo, al fine di prevenire i fenomeni di corruzione: non risulta infatti ammissibile che situazioni di grave degrado dell’azione amministrativa, come quelle sopra descritte, possano emergere solo in seguito ad indagini della magistratura o agli accertamenti delle commissioni di accesso.

Massima trasparenza delle procedure di spesa e recupero della piena efficienza amministrativa costituiscono le condizioni per contrastare la “penetrazione silenziosa” delle mafie nelle istituzioni locali. Come osservato dalla relazione della Commissione antimafia al termine della scorsa legislatura, “disordine amministrativo, mancanza di atti regolamentari, instabilità dei vertici, assenza di meritocrazia, abnorme contenzioso legale, bassa qualificazione professionale, dimensione dei debiti fuori bilancio, sono tutti fenomeni che possono essere considerati indicatori di inefficienza e al contempo di grave rischio di infiltrazioni criminali”.

Per realizzare tali obiettivi occorre assicurare il reperimento di adeguate professionalità nelle singole aziende, dotate di capacità manageriali, sviluppare programmi di formazione del personale e realizzare una proficua collaborazione da parte di tutte le amministrazioni, a partire dall’Autorità anticorruzione, che ha sottolineato in più occasioni la possibilità di ottenere significativi risparmi attraverso la definizione dei prezzi di riferimento dei beni e servizi sanitari.

 

 

 

 

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1 risposta a GIULIO MAROTTA, La salute in mano alle mafie: ecco la mappa delle aziende sanitarie REPUBBLICA DEL 26 NOVEMBRE 2021 

  1. ueue scrive:

    Ricordo, a proposito dell’inefficienza della sanità pubblica soprattutto in alcune Regioni, la vicenda di un nostro coinquilino: da pensionato era tornato nel suo paese di origine, credo in provincia di Catanzaro, insieme alla moglie. Essendosi ammalata questa, in modo abbastanza grave, è dovuto ritornare in fretta al nord, per la malasanità e l’inefficienza di quella calabrese ( con tutte le pesanti conseguenze economiche che si possono immaginare).

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