ANPI.IT — 4 NOVEMBRE 2021 : O.d.g. del Comitato nazionale ANPI sul Milite ignoto, sull’autonomia differenziata, sulla censura alla casa editrice Kappa Vu + DON RENATO SACCO, Basta strumentalizzare il «milite ignoto»- IL MANIFESTO DEL 4 NOVEMBRE 2021

 

ANPI.IT — 4 NOVEMBRE 2021

https://www.anpi.it/articoli/2593/odg-del-comitato-nazionale-anpi-sul-milite-ignoto-sullautonomia-differenziata-sulla-censura-alla-casa-editrice-kappa-vu

O.d.g. del Comitato nazionale ANPI sul Milite ignoto, sull’autonomia differenziata, sulla censura alla casa editrice Kappa Vu

4 Novembre 2021

Il testo degli Ordini del giorno approvati dal Comitato nazionale ANPI nella riunione del 27 ottobre 2021

ORDINE DEL GIORNO SUL CENTENARIO DEL MILITE IGNOTO APPROVATO DAL COMITATO NAZIONALE DELL’ANPI DEL 27 OTTOBRE 2021

 

In occasione dell’importantissimo centenario del Milite Ignoto segnaliamo con preoccupazione diversi tentativi di strumentalizzazione che si accompagnano ad una ventata di nazionalismo che richiama tempi oscuri della storia del Paese. Il Milite ignoto, accanto al valore dei nostri soldati nel primo conflitto mondiale, quasi tutti operai e contadini, rappresenta la pietà ed il dolore per i Caduti e la condanna inequivocabile della guerra, costituzionalmente sancita all’art. 11. Il centenario è l’occasione per una consapevole conoscenza delle immani sofferenze causate dalla “inutile strage” che causò nel solo nostro Paese centinaia di migliaia di militari morti, mille dei quali ingiustamente fucilati, di cui 300 con la pratica criminale della decimazione; per questo non può essere trasformato in una celebrazione di stampo nazionalista o irredentista. La difesa dei confini della Patria non si può mescolare con la retorica aggressiva e bellicista. Viceversa assistiamo a spettacoli equivoci ed incongrui, come ad Aquileia, dove sono stati portati nella basilica i labari neri degli Arditi con tanto di teschio ed è stata innalzata la bandiera sabauda sull’altare principale, per non parlare del grottesco uso del logo “Milite Ignoto” per una serata promozionale dei vini friulani.

Sono fuori luogo sfilate di bandiere, labari e gagliardetti inneggianti all’eroismo e alla guerra, e iniziative impostate sull’“eroismo del sacrificio” e sul panegirico della subordinazione acritica, mentre la complessa drammaticità della prima guerra mondiale viene ancora oscurata da una narrazione astorica, priva di qualsiasi riferimento critico, in una sorta di memorialismo sovranista. Fu grazie ai nostri soldati che caddero, per tanta parte operai e contadini, che si conseguì la vittoria militare pagata a carissimo prezzo, e la loro memoria sia monito perché mai più si ritorni agli orrori della guerra.

 

ORDINE DEL GIORNO SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA APPROVATO DAL COMITATO NAZIONALE DELL’ANPI DEL 27 OTTOBRE 2021

 

Inquieta la notizia della presenza del tema dell’autonomia differenziata tra i disegni di legge dichiarati collegati alla manovra di bilancio nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.

Più volte in passato il Comitato Nazionale dell’ANPI ha dichiarato il suo dissenso su di una proposta che minerebbe alla base l’unità che è a fondamento del sistema costituzionale e dei rapporti Stato-Regioni. La drammatica esperienza della pandemia, le gravi difficoltà economico-sociali in cui versa il Paese, l’estendersi e l’aggravarsi delle diseguaglianze e il conseguente generale indebolimento della coesione sociale rafforzano le ragioni di tale dissenso. In particolare l’esperienza della gestione della pandemia ha confermato l’assoluta priorità di un servizio sanitario pubblico, efficiente e tale da garantire pari prestazioni a tutti i cittadini al fine di garantire l’universalità dei diritti. Tutto ciò verrebbe messo in discussione dagli attuali progetti di autonomia differenziata, di fatto competitivi verso le altre regioni ed aggiuntivi di poteri e competenze nei confronti di ciascuna regione interessata. Altra cosa sarebbe, respingendo l’idea di un nuovo centralismo, un decentramento regionale incardinato sull’idea di solidarietà, prossimità e mutualità fra regioni, in particolare le più lontane dal punto di vista socio-economico. Riteniamo perciò che la facoltà attribuita dal terzo comma dell’art.116 della Costituzione (autonomia differenziata) non possa e non debba essere esercitata se non nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, di inderogabilità dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2), di eguaglianza sostanziale (art. 3) e di unità della Repubblica (art. 5).

Ma la pandemia ha messo in luce anche la fragilità dell’insieme della riforma del Titolo V, che non vincola la legislazione concorrente ai principi di mutualità che dovrebbero ispirare il decentramento e costituzionalizza l’elezione diretta del presidente della giunta, rappresentando una forma di governo delle Regioni di tipo presidenziale, a fronte di una forma di governo della repubblica di tipo parlamentare.

L’esperienza ha dimostrato che in questo modo si è minimizzata la dialettica fra maggioranza e opposizione, si sono svuotati i poteri dei Consigli regionali senza alcun ragionevole contrappeso al potere monocratico del presidente, è stata scoraggiata la partecipazione popolare. Il meccanismo elettorale per i Comuni è addirittura peggiorativo rispetto a quello regionale. Il ballottaggio infatti, personalizzando radicalmente la scelta dell’elettore, è suscettibile di produrre un effetto di riduzione anche drastica del numero dei votanti. L’astensionismo, in particolare in occasione del secondo turno delle recenti amministrative, ha raggiunto un evidente livello di guardia e richiama il Legislatore ad un profondo ripensamento dei meccanismi elettorali. In generale, ma in particolare a proposito dell’autonomia differenziata e del Titolo V, va messo a valore nella sua interezza l’art. 5 della Costituzione, ove la natura una e indivisibile della Repubblica è la rigorosa chiave di lettura di ogni decentramento e autonomia, perché contiene quei princìpi di mutualismo solidale, secondo i principi stabiliti all’art. 2 e 3 della Costituzione, senza i quali prevarrebbe l’egoismo territoriale in un Paese dove, sia pure in forme mutate nel corso dei decenni, permane centrale dal tempo dell’unità nazionale la questione meridionale.

 

 

ORDINE DEL GIORNO SULLA CENSURA ALLA CASA EDITRICE KAPPA VU APPROVATO DAL COMITATO NAZIONALE DELL’ANPI DEL 27 OTTOBRE 2021

 

Scorre sul Paese intero un’aria subdola di insofferenza, di intolleranza, di rigetto di quelle che sono le normali funzioni che spettano ad uno Stato democratico. Allarma il fastidio e in alcuni casi la vera e propria censura nei confronti del dissenso e la rinuncia al confronto delle idee, con un implicito richiamo al superamento delle regole basilari della democrazia, in nome di una presunta verità che fa a pugni con la storia e si rivela al servizio di una politica di parte. È quello che è avvenuto in Friuli Venezia Giulia, dove la Giunta Regionale ha escluso a priori dalla presenza al Salone del libro di Torino una casa editrice, la Kappa Vu, accusata di “negazionismo o riduzionismo” con una successiva, sconcertante dichiarazione fondata sul rispetto di una indecente mozione approvata nel 2018 dal Consiglio regionale, che impegnava l’assessore competente “a sospendere ogni contributo finanziario e di qualsiasi altra natura (es. patrocinio, concessione di sale) a beneficio di soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo o in qualunque modo a diffondere azioni volte a non accettare l’esistenza di vicende quali le Foibe o l’Esodo ovvero a sminuirne la portata e a negarne la valenza politica”, attaccando esplicitamente – fra l’altro – l’ANPI e Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia. La casa editrice Kappa Vu pubblica volumi di storia, didattica per il friulano, letteratura in italiano e friulano, e le analisi e le ricerche dei suoi testi possono o meno essere condivise, ma nulla si può obiettare sulla rigorosa documentazione storica che puntualmente pubblica. La censura preventiva operata dalla Regione FVG è una conclamata violazione dell’art. 21 della Costituzione perché nega il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

 

 

 

IL MANIFESTO DEL 4  NOVEMBRE 2021

https://ilmanifesto.it/basta-strumentalizzare-il-milite-ignoto/

Basta strumentalizzare il «milite ignoto»

 

Sergio Mattarella e altre autorità sulla Tomba del Milite Ignoto il 4 novembre 2020 Sergio Mattarella e altre autorità sulla Tomba del Milite Ignoto il 4 novembre 2020

© Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

 

don Renato Sacco*

EDIZIONE DEL  04.11.2021

PUBBLICATO3.11.2021, 23:58

 

Non strumentalizziamo il «milite ignoto» in questo 4 novembre per giustificare la guerra, ripudiata dalla Costituzione. Le «celebrazioni» piene di retorica di questi giorni purtroppo ne sono la conferma. E coinvolgeranno anche le scuole.

«L’Italia aggredì l’Austria con cui questa volta era alleata. (…) Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti ? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una “inutile strage”? (l’espressione non è d’un vile obiettore di coscienza ma d’un papa)». Sono parole di un mio confratello, don Lorenzo Milani, priore di Barbiana: L’obbedienza non è più una virtù, 1965.

 

Il 4 novembre ricordiamo invece che l’opposizione popolare alla guerra fu molto ampia, anche nell’esercito. Su 5 milioni e 500 mila mobilitati per la prima Guerra Mondiale, 870.000 furono denunciati per insubordinazione. Oltre il 15%. Cadorna aveva ordinato rappresaglie e fucilazioni immediate. Ma in Italia quante via o piazze ancora oggi sono dedicate proprio a Luigi Cadorna! A quando la cancellazione di queste vergognose intitolazioni?

Il 4 novembre non si «celebra» una vittoria ma la fine di una carneficina. Non si può far retorica usando chi è stato mandato in trincea come carne da macello.

Nelle trincee non c’erano eroi, ma uomini terrorizzati: chi non balzava fuori dalla trincea al grido di «Avanti Savoia», veniva fucilato anche sul posto. E non erano «ignoti» ognuno aveva un nome, una casa, affetti, progetti…

Il 4 novembre: chiamiamo le guerre con il loro nome: crimine, strage. E chiamiamo con il nome giusto i responsabili: criminali e stragisti. Non si può cambiare le carte in tavola parlando di missioni di pace, di guerre umanitarie, di bombe intelligenti… Non si può studiare nuove armi «autonome» o Killer robot. Non si può unire la parola intelligenza con la parola bomba. Sono incompatibili. Sarebbe come dire uno «stupro bello».

Il 4 novembre dovrebbe essere l’occasione per il Ministro della Difesa per interrogarsi sulla violazione dell’art. 11 della Costituzione con i grandi progetti folli e costosi come quello degli F- 35, che di Difesa non hanno nulla. O la scelta di investire milioni di euro per armare i droni e renderli adatti a uccidere a migliaia di chilometri di distanza. E poi arriveranno anche i Cruise.

È cinico e immorale ricordare i 650.000 morti della prima guerra mondiale, investendo miliardi per fare la guerra oggi. Ursula Von del Leyen, ha addirittura parlato di un azzeramento dell’Iva sulle armi. Un grande favore alla potente lobby delle armi. E Draghi a fine settembre ha detto «bisognerà spendere molto di più nella difesa di quanto fatto finora…».Un insulto a tutte le vittime di tutte le guerre.

 

Il 4 novembre dovrebbe essere l’occasione per tutti i preti, chiamati a guidare preghiere, commemorazioni e benedizioni, per non assecondare e benedire la guerra, rendendola giusta e a volte anche santa. Un’occasione per dare voce non solo al Vangelo ma anche a tutto il magistero della chiesa che ha sempre condannato la guerra da Benedetto XV, 1 agosto 1917 «inutile strage», a Paolo VI all’Onu, 4 ottobre 1965 «Mai più la guerra», a Giovanni Paolo II «la guerra è avventura senza ritorno», fino agli innumerevoli interventi di papa Francesco, che ha ripetuto ancora lo scorso 2 novembre: «Fermatevi, fabbricatori di armi, fermatevi!». E invece assistiamo ancora, non solo da parte dei Cappellani militari, presenza imbarazzante e discutibile all’interno del sistema militare, ma anche in tante situazioni «normali», preghiere e benedizioni che avallano una cultura militare e di guerra, magari pregando perché Dio «renda forti le nostre armi…».

Il 4 novembre: ma perché suonare o cantare «La leggenda del Piave», composta nel 1918 per ridare morale alle truppe e incitare alla battaglia, per far dimenticare le atrocità e i tanti morti della guerra.

Il 4 novembre dovrebbe essere l’occasione per ricordare che il nome del «milite ignoto» è …ignoto. Ma i nomi dei responsabili della strage sono noti. I nomi di ieri e i nomi di oggi.

* consigliere nazionale di Pax Christi e redattore di «Mosaico di pace»

 

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *