PIETRAGALLA
Giovanni Lancellotti – Opera propria
Tamurro nero
È un vitigno originario del comune di Pietragalla, qui coltivato sin dal 1200. Fonti storiche riferiscono che questo vitigno era stato portato nel borgo lucano da un feudatario francese. Si deve a Leonardo il recupero del clone originario all’inizio di questo millennio, e ancora oggi sono gli unici a vinificarlo. Vendemmiato nella prima decade di novembre, subisce una macerazione di un mese e quindi affina in barrique per due anni prima del lungo riposo in bottiglia.Ora, la versione 2015 ricorda certi Gamay. Al naso ti offre una sensazione dolce che poi ritrovi anche in bocca in un sorso caratteristico con speziature proprie che evocano il tamarindo.
Che bell’esperienza è stata la visita in questa cantina che figura, a buon diritto, fra le «memorabili» di Golosaria 2020.
PAOLO MASSOBRIO HA ASSAGGIATO ANCHE PER NOI I VINI DELLE CANTINE ” TENUTA LE QUERCE ” E CE LI RACCONTA SU REPUUBLICA:
Punta di diamante è l’Aglianico del Vulture «Vigna della Corona», un cru (unica vigna di 60 anni) che, dopo la vendemmia cadenzata a inizio novembre, viene vinificato con macerazioni molto lunghe, affinamento in barrique nuove per almeno due anni, poi ancora acciaio e bottiglia per ulteriori dodici mesi—
Una bottiglia di Aglianico del Vulture «Vigna della Corona»: euro 60
Tenuta Le Querce::
https://www.tenutalequerce.it/
Barile (Pz)
c.da Le Querce
tel. 09711563392
BARILE
È una delle colonie albanesi d’Italia della regione Basilicata (insieme alle comunità lucano-albanesi di Ginestra, Maschito, San Costantino Albanese e San Paolo Albanese) fondata sul finire del XV secolo da esuli albanesi in fuga dalle persecuzioni turco-ottomane. Gli abitanti da oltre cinque secoli conservano l’uso corrente della lingua arbëreshe e la consapevolezza critica della propria identità etnica e culturale italo-albanese.
Feudo prima dei Caracciolo e dopo dei Carafa, mantenne il rito bizantino – tipico degli albanesi – fino al XVII secolo, quando la comunità fu spinta ad abbandonare il “rito greco” con una forzata latinizzazione rituale. È parte integrante dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio e dell’Associazione Nazionale Città del Vino
( WIKIPEDIA, BARILE )
https://www.repubblica.it/il-gusto/rubriche/in-cantina/2020/11/26/news/in-questa-cantina-scavata-nella-roccia-ho-bevuto-la-perfezione-un-aglianico-296097639/
Angelina- bianco — Tenuta Le Querce
AGLIANICO DEL VULTURE BISCEGLIA GUDARRA’ – 2016
PROVINCIA DI POTENZA
AVIGLIANO E’ PIU’ O MENO ALL’ALTEZZA DI PIETRAGALLA
POTENZA E’ SCRITTA IN PICCOLO
IL PARCO DEI PALMENTI
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Architecture & Design — 4 APRILE 2021
CICORIA CON BOLLITO DI VITELLO E SUGO DI POMODORO
Ricetta tipica pietragallese
Ingredienti per 4 persone: – 1 chilo di pancetta di vitello – sedano – 2-3 pomodori – un po’ di salsiccia – un po’ di cotechino – 1,5 chili di cicoria – 1 osso di prosciutto crudo
Preparazione:
Mettere la carne in una pentola e farla bollire, aggiungere tutti gli ingredienti, ovviamente tranne la cicoria. Una volta che il tutto è già bollito, filtrare il brodo e versarlo in un’altra pentola con la cicoria, anch’essa già bollita, per insaporirla. Ogni piatto viene condito, ragù pecorino. E’ d’obbligo accompagnare questo piatto con l’ottimo vino pietragallese.
COMUNE DI PIETRAGALLA ALL’INTERNO DELLA PROVINCIA DI POTENZA
Pietragalla
Pietragalla è un paese di circa 4.000 abitanti situato ad est del capoluogo di regione, Potenza. Il suo nome deriva da due parole: Pietra perché il paese sarebbe stato fondato sulla roccia, e Galla dal greco “gal” pietra bianca, chiara, o dal tardo latino “gallandus”, cioè fortificato.
La bellezza di Pietragalla si può scoprire nel suo centro storico ricco di vicoletti e archi che si arrampicano fino ad arrivare al punto più alto del paese dominato dall’imponente campanile.
Pietragalla sorge come insediamento di tipo feudale e come tale è dominata dal castello, l’attuale Palazzo Ducale simbolo del potere politico, e dalla Chiesa Madre simbolo del potere religioso.
“BR’ DETT” CARNE, UOVA E ASPARAGI…
Ricetta lucana pasquale
Ingredienti:
- carne di capretto
- 1 uovo a persona
- asparagi
- prezzemolo
- formaggio pecorino
- sale
- olio
- limone
Preparazione:
Tagliare la carne a pezzetti, aggiungere un pizzico di sale e soffriggerla a fuoco lento, in una padella coperta. Lessare le punte di asparagi, preferibilmente selvatici, in acqua salata. Sbattere le uova con prezzemolo, sale, qualche cucchiaio di pecorino grattugiato, il succo di un limone e le punte di asparagi. Versare il composto nella padella quando la carne è ben cotta, mescolare con un cucchiaio di legno finché le uova sono rapprese. Se si preferisce, invece di soffriggere la carne, si può preparare con essa un brodo e, quando è ristretto, versarvi il composto.
Si ringrazia la S.ra Teresa Bevilacqua per il materiale fotografico
IL PALAZZO DUCALE CHE HA FATTO LA STORIA DEL BRIGANTAGGIO IN BASILICATA
VEDI NEL LINK::
http://lnx.altobradano.it/palazzo-ducale/
Il Palazzo Ducale
Sulle origini del Palazzo Ducale è importante non trascurare l’influenza monastica che caratterizzò l’Italia meridionale dal VII all’VIII secolo, anche sotto il profilo architettonico.
Su una pietra scolpita risalente al 1654 che si trova all’interno della chiesa Madre, si fa riferimento alla comunità di San Basilio. Dopo il terremoto del 4 dicembre 1456 che rase al suolo il borgo di Casalaspro e parte dell’abitato di Pietragalla, dell’originaria struttura (di cui si suppone dell’esistenza di un piccolo monastero basiliano e un modesto castello) non restò che qualche traccia.
Al posto del castello, a partire dai primi anni del 1500, ebbe inizio – da parte di maestranze napoletane – la costruzione del Palazzo Ducale che, nel tempo, sarà oggetto di ristrutturazioni ed aggiunte, sino ad assumere la conformazione attuale che colpisce per la sua imponenza e complessità architettonica.
Il borgo che si sviluppa intorno al Palazzo Ducale era fortificato, e l’andamento delle mura marcava i limiti delineati in maniera netta dall’attuale centro storico.
architettura rupestre- Pinterest
Il Parco Urbano dei Palmenti
Il piccolo paesino di Pietragalla è caratterizzato dal parco dei Palmenti: un complesso di “grotte” che hanno origine nella prima metà del XIX secolo circa, visibili all’ingresso del paese e simili ad abitazioni rurali. Il palmento è un manufatto che rappresenta una singolare realizzazione di architettura rurale, frutto dei vignaiuoli pietragallesi, unica in Basilicata e forse in Europa, per il loro raggruppamento. Un incantevole approccio paesaggistico originato da un’aggregazione dei palmenti perfettamente in armonia con il contesto territoriale.
Qui, fino alla fine degli anni Sessanta, avveniva la pigiatura delle uve e la fermentazione del mosto, ma ancora oggi alcune famiglie vinificano nei palmenti, avendo avuto cura di salvaguardare, nel tempo, la struttura e le vasche scavate nel tufo, mantenendo viva la storia, la cultura e la memoria della civiltà contadina.
L’interno del palmento presenta due o quattro vasche differenziate (dove sono presenti quattro vasche, due erano per il vino rosso e due per il vino bianco). L’uva raccolta nei vigneti circostanti e trasportata con asini in bigonce, veniva versata nella vasca più piccola e alta e pigiata a piedi nudi. Il mosto, attraverso un foro, cadeva nella vasca sottostante in cui si raccoglievano anche i grappoli d’uva.
Al di sopra del varco di accesso al palmento, una feritoia consentiva la fuoriuscita dell’anidride carbonica, letale per l’uomo, che si generava dopo l’atto della pigiatura, nel corso della fermentazione. Dopo quindici/venti giorni di fermentazione, il vino – spillato e messo in barili di 35 litri – veniva depositato nelle botti in legno, di artigiana fattura, sistemate nelle altrettanto caratteristiche grotte del centro storico, la maggior parte ubicate avente esposizione a nord.
DA :
https://oliopace.it/conosci-le-eccellenze-della-basilicata-scopri-pietragalla/
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FOTO TRIPADVISOR
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CULTURA HERITAGE ONLINE
SALENTO COLORY
PATRIMONIO DIGITALE
LA PASTIERA Dolce tipico pasquale.
Ingredienti per pastiera dal diametro di 26 cm:
Per la pasta frolla
- 250 g. di farina
- 125 g di burro
- 125 g. di zucchero
- 1 uovo
- 1 bustina di vanillina
Per il ripieno
- 290 g. di grano cotto
- 25 g di burro
- 125 ml di latte
- Un pizzico di sale
- 350 g di ricotta
- 250 g di zucchero
- 2 uova intere
- 2 tuorli
- 2 bustine di vanillina
- 50 ml di aroma “fior d’arancio”
- 40 g di frutta candita
Preparazione della pasta frolla:
Impastare gli ingredienti fino ad avere un impasto omogeneo. Avvolgere nella pellicola e far riposare in frigo per un’ora.
Preparazione del ripieno:
Versare in una casseruola il grano cotto, aggiungere il latte, il burro e il sale, amalgamare. Portare a bollore e lasciar cuocere per 15 minuti. Togliere dal fuoco e far raffreddare; incorporare lo zucchero, la ricotta, la vanillina, le uova sbattute, l’aroma, la macedonia e mescolare. Imburrare la teglia a bordi alti di diametro 26 cm, tirare la sfoglia sottile di pasta frolla ricoprendo la teglia fino quasi all’orlo, versare il ripieno e decorare con strisce di pasta frolla disposte a griglia. Infornare in forno preriscaldato a 180°C per circa un’ora. A cottura innaffiare con lo zucchero a velo.
DA QUI IN FONDO SEGUIAMO QUESTO BELLISSIMO SERVIZIO DA ALTOBRADANO.IT – PORTALE LUCANO
Cantine e “Rutte” in Basilicata: Il Parco delle “Rutte” e delle Cantine di Pietragalla
PARCO DELLE CANTINE DI PIETRAGALLA
Cantine in Basilicata:
Il Parco delle Cantine di Pietragalla
Dopo la fermentazione del mosto che avveniva nei palmenti, situati a Sud Est del paese, il vino veniva trasportato fino alla parte “alta”del paese in cui vi erano e tuttora sono presenti le cantine (in pietragallese le cosidette “Rutte”). Sono ubicate a Nord Ovest, nella parte inferiore del borgo antico, quindi in tutt’altra zona rispetto ai palmenti. Tale zona, poco esposta al sole, assicura anche d’estate freschezza ai locali per favorire una migliore conservazione del vino che è gelosamente custodito in botti di rovere. Ancora una volta i contadini di un tempo oltre al senso pratico, hanno dimostrato di avere un ingegno, uno spirito di osservazione ed adattamento invidiabile considerando il contesto sociale in cui vivevano.
Questa cantine, sono delle vere e proprie grotte o per meglio dire delle cavità che sembrano portarci verso le viscere della terra e in alcuni casi è quasi impossibile verificare dove terminano. Sono costruzioni molto particolari, la cui peculiarità è la perfetta combinazione tra natura e ingegno dell’uomo il quale sapendosi adattare alla morfologia del suolo riesce con sapienza e pazienza a scavare e modellare la roccia tufacea di cui il suolo stesso prevalentemente si compone. Da qui scaturisce una rete di tunnel, una sorta di mondo sotterraneo in corrispondenza del centro storico, un luogo ricco di fascino e di mistero che molte volte ha stimolato la fantasia della gente del posto. Di aneddoti su queste cavità sotterranee se ne possono raccontare tanti ,ma esse vogliono soprattutto testimoniare la grande vocazione vitivinicola che questo borgo aveva sia per la quantità che per la eccelsa qualità del suo vino.Vi è un numero elevato di cantine ed è impresa molto ardua contarle tutte; si susseguono una dopo l’altra lungo via Neviera e lungo la via “Mancosa”, zone nelle quali vi è la maggiore concentrazione, ma sono dislocate anche in altri posti del paese.
VIDEO, 5 minuti ca– si vede anche un po’ il paese
Cantina “Zcchin” foto di Giovanni Lancellotti
Foto Giuseppe CIllis
Il loro ingresso è caratterizzato da antiche porte di legno ormai marcescente e a volte anche da portali e da archi a botte completamente realizzati in pietra. Situate generalmente rispetto al livello stradale ad una profondità che va dai 4 ai 5 metri, vi si accede tramite una scala interna in pietra o in tufo. Le cantine si sviluppano al di sotto delle abitazioni spingendosi a profondità considerevoli al cui interno si sviluppa una notevole escursione termica con un abbassamento di temperatura che raggiunge circa 7 °C che assicura un habitat naturale per la conservazione del vino.La chiusura orizzontale che delimita questi locali da quelli soprastanti delle abitazioni è del tipo volta a botte che può essere in pietra locale oppure ricavata nelle roccia tufacea. Per favorire la ventilazione e quindi il miglioramento delle condizioni termoigrometriche al loro interno sono stati predisposti dei fori nella muratura o delle finestrelle di dimensioni generalmente 10×20 cm. Tantissime botti a destra e sinistra e spesso non si riesce nemmeno a contarle tutte. Per farlo in alcuni casi bisogna percorrere l’intera cantina perché sono talmente lunghe da avere anche curve o rientranze. Forse le foto rendono più delle parole..
Foto Giuseppe CIllis