SILVIA MOROSI E PAOLO RASTELLI, POCHE STORIE BLOG : SACCO E VANZETTI: ” LA GIUSTIZIA CROCEFISSA ” -CORRIERE DELLA SERA, 23 AGOSTO 2016 + altri link

 

 

CNDDU Il 23 agosto 2020 cade l’anniversario di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti , ricordiamoli

https://www.welfarenetwork.it/cnddu-il-23-agosto-2020-cade-l-anniversario-di-nicola-sacco-e-bartolomeo-vanzetti-ricordiamoli-20200818/

 

Ferdinando Nicola Sacco (Torremaggiore, Prov. Foggia, Puglia.–  22 aprile 1891 – Boston, 23 agosto 1927)- Arrivò a Boston nel 1913 a 22 anni.

Bartolomeo Vanzetti (Villafalletto, pr. Cuneo, Piemonte– 11 giugno 1888 – Boston, 23 agosto 1927) – giunse a New York nel 1908 a vent’anni.

https://it.wikipedia.org/wiki/Sacco_e_Vanzetti

 

 

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Sacco e Vanzetti: “La giustizia crocefissa”

 

 

Poche Storie

 

 

 

Sacco e Vanzetti: “La giustizia crocefissa”

 

23 AGOSTO 2016 | di Silvia Morosi e Paolo Rastelli | @MorosiSilvia @paolo_rastelli

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Assassini per l’America, eroi per l’Europa. Esempio di “giustizia crocefissa” (come titolò un giornale dell’epoca), celebrati dalle musiche di Woody Guthrie e Joan Baez, ricordati dal regista Giuliano Montaldo nel 1971 con i volti di Gian Maria Volontè e Riccardo Cucciolla.

È il 23 agosto 1927 quando Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti in cerca di fortuna, vengono giustiziati sulla sedia elettrica (il primo alle 00.19, il secondo alle 00.26) con l’accusa di aver ucciso, nel corso di una rapina a mano armata, il cassiere e la guardia giurata del calzaturificio Slater and Morril, per rubare 16mila dollari.

I due erano stati condannati pochi mesi prima, il 9 aprile di quello stesso anno, dal tribunale di Thayer, Boston. A nulla servirono la confessione di un detenuto portoricano che li dichiarava innocenti e i dubbi sulla loro effettiva responsabilità.

Nemmeno la confessione di un gangster, Celestino Madeiros, che ha ammesso di essere stato lui l’autore della rapina insieme a due complici, portò alla riapertura del processo. I due morirono nel penitenziario di Charlestown, a sette minuti l’uno dall’altro.

Sacco era un ciabattino della provincia di Foggia, mentre Vanzetti era un pescivendolo del cuneese: un pugliese e un piemontese a caccia di riscatto sociale. Due italiani in cerca, come si direbbe oggi, di un futuro migliore.

 

Solo il 23 agosto 1977, a cinquant’anni esatti dalla morte (la classica casualità che due amanti della storia non si lasciano certo scappare, ndr), Michael Dukakis, durante il suo primo mandato come governatore del Massachusetts, riabilitò la loro memoria ammettendo che – con ogni probabilità – nel giudicare i due anarchici, erano stati commessi alcuni errori.

 

Io dichiaro che ogni stigma e ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.

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Una vera e propria “ingiustizia”, che dominava il giudizio dell’opinione pubblica sulla vicenda: la sensazione generale era che alla base del verdetto di condanna vi fosse “solo” la politica del terrore che caratterizzava il clima politico statunitense di quegli anni, instaurata senza distinzione contro anarchici, operai, sindacalisti e masse.

La morte di Sacco e Vanzetti voleva probabilmente essere una dimostrazione esemplare: sui due italiani si rovesciò il pregiudizio che l’America borghese nutriva nei confronti degli immigrati e dei “rossi”, le persone di sinistra in odore di rivoluzione. 

 

“Al centro immigrazione ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America”. E in seguito scrisse: “Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era la Terra Promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me”, dirà Vanzetti al processo,  ricordando l’arrivo a New York sulla nave «La Provence» il 19 giugno 1908, quando aveva vent’anni.

 

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Non solo. Durante il processo, il giudice li chiamò non solo “wops”, storpiatura del termine “guappi”, ma li definì più volte «bastardi». Vanzetti, che conosceva l’inglese meglio di Sacco, replicò:

Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra, ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole.

 

Ma facciamo un passo indietro: come erano arrivati in America, insieme?

I due si erano conosciuti dieci anni prima, nel 1916, ed erano entrati a far parte di un gruppo anarchico italo-americano.

Allo scoppio della Grande Guerra, tutto il collettivo fuggì in Messico per evitare la chiamata alle armi: Nicola e Bartolomeo tornarono in Massachusetts al termine del conflitto, non sapendo di essere stati inclusi in una lista di sovversivi del ministero di Giustizia e di essere pedinati dagli agenti segreti Usa.

Nella stessa lista era stato incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo siciliano Andrea Salsedo: fu proprio lui ad essere ucciso dalla polizia il 3 maggio del 1920, “cadendo” dal quattordicesimo piano di un edificio del Ministero di Giustizia.

 

In quell’occasione, Vanzetti organizzò in segno di protesta un comizio che  avrebbe dovuto partire da Brockton il 9 maggio, ma insieme a Sacco venne arrestato pochi giorni prima. Entrambi vennero trovati in possesso di una rivoltella e Vanzetti con degli appunti – destinati alla tipografia – che annunciavano la manifestazione. I due vennero anche ritenuti colpevoli della rapina avvenuta a South Braintree, un sobborgo di Boston. Secondo una grottesca testimonianza, uno dei rapinatori “camminava come uno straniero”.

Come non accusare Vanzetti?

 

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Quando la condanna a morte fu resa nota, le strade si riempirono di gente, fino al giorno della loro morte, dieci giorni dopo. Anche l’Italia fu scossa dalla notizia: Benito Mussolini, nonostante l’ideologia politica lo allontanasse dai due condannati, si adoperò perché fossero risparmiati. Anche numerosi intellettuali, tra cui Albert Einstein e Bertrand Russell, si schierarono con Sacco e Vanzetti. Mussolini trattò segretamente con il governo a stelle e strisce: il Duce chiese più volte la grazia per i due emigrati, ritenendo che la loro salvezza avrebbe potuto giovare anche all’immagine internazionale del regime fascista. Petizioni e manifestazioni si susseguirono, in America Latina, negli Stati Uniti, in Europa, e le ambasciate Usa furono assediate. 

Molti giornali come il settimanale anarchico Le Libertaire e poi  l’Humanité denunciarono quella che consideravano una “sentenza di classe” (resta famoso il titolo in prima pagina di un’edizione speciale “Li hanno folgorati! Il proletariato li vendicherà”). Ma ogni iniziativa fu inutile.

E i due trovarono la morte sulla sedia elettrica (inventata da un dentista, come vi abbiamo raccontato qui :https://pochestorie.corriere.it/2016/08/05/sedia-elettrica-colpa-dentista/  ), strumento introdotto negli Usa nel 1888 per sostituire l’impiccagione, considerata troppo cruenta.

La sedia elettrica “garantiva” ai condannati un tempo massimo di sopravvivenza di quindici minuti. Legati con cinghie, ci metteranno sette e cinque minuti a morire sotto la scarica. Prima Sacco, poi Vanzetti, come dicevamo sopra. Prima di morire “Bart”, come lo chiamavano i figli, ha riaffermato la sua innocenza: “Io non ho commesso né delitto né peccato… Perdono qualcuno per il male che mi fanno”. 

I funerali vennero seguiti da 400mila persone, molte delle quali indossavano con un braccialetto con la scritta: “La giustizia è stata crocifissa. Ricordatevi del 23 agosto 1927″.

E’ a causa delle loro idee – che non hanno mai rinnegato durante tutti i lunghi sette anni che hanno preceduto l’esecuzione – che i due militanti sono stati uccisi. Ed è grazie a questa loro fedeltà alle proprie convinzioni che sono entrati nella leggenda del movimento operaio.

 

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Here’s to you Nicola and Bart, rest forever here in our hearts. The last and final moment is yours, that agony is your triumph!

Vi rendo omaggio Nicola e Bart, per sempre riposate qui nei nostri cuori. Il momento estremo e finale è vostro, questo dolore è il vostro trionfo!

(Joan Baez, The Ballad of Nick & Bart – Here’s to you)

 

 

NE ABBIAMO GIA’ PARLATO ::

NICOLA SACCO E BARTOLOMEO VANZETTI — DISCORSO DI BARTOLOMEO VANZETTI, 9 APRILE ’27 // LETTERA AL FIGLIO DI NICOLA SACCO + TRE CANTI : KATYA SANNA; GIOVANNA DAFFINI; JOAN BAEZ

 

 

 

FILM DI GIULIANO MOLTALDO, 1971

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