Pier Paolo Pasolini, La lunga strada di sabbia, Guanda, 2017 — ” Descrizione di Genova ” da Repubblica, 2021 + Marco Belpoliti, Doppiozero, 03 gennaio 2017 : ” Pasolini, La lunga strada “

 

 

GUANDA, 2017

 

 

È un Pasolini che si abbandona a momenti di vera e propria gioia quello che tra il giugno e l’agosto del 1959, al volante di una Fiat 1100, percorre la «lunga strada di sabbia»

Un viaggio da Ventimiglia a Palmi e poi, spinto da una specie di «ossessione deliziosa», fino al comune siciliano più meridionale, per risalire infine la costa orientale e arrivare a Trieste. A La Spezia, da dove parte per San Terenzo e Lerici, sente che sta per avere inizio una fra le domeniche più belle della sua vita; a Livorno, non lascerebbe mai «l’enorme lungomare, pieno di ragazzi e marinai, liberi e felici»; e, finalmente, al Circeo: «Il cuore mi batte di gioia, di impazienza, di orgasmo. Solo, con la mia mille-cento e tutto il Sud davanti a me. L’avventura comincia». A commissionargli il viaggio è stata la rivista «Successo», che pubblicherà il reportage in tre puntate fra luglio e settembre, e Pasolini, spiaggia dopo spiaggia, incontra amici intellettuali e personaggi noti, si lascia incantare dalla gente semplice dei paeselli più remoti (a Portopalo «la gente è tutta fuori, ed è la più bella gente d’Italia, razza purissima, elegante, forte e dolce») e, portandosi in giro il suo entusiasmo per la scoperta, il suo sguardo emozionato e insieme acuto di futuro regista, annota scorci e impressioni tanto potenti da restituirci un quadro dell’Italia di allora: un’Italia in cui il boom economico, solo presagito, non riesce ancora ad avere la meglio sulla felicità del sogno pasoliniano d’innocenza

 

 

 

 

 

UN RITRATTO DI GENOVA :

 

” Il mare cambia colore, dopo essere scomparso per decine di chilometri in una enorme fuligginosa città di magazzini: ricompare dietro due spunzoni di roccia e una torre campanaria tra barbaresco e liberty, con una fila di grattacieli sopra un’altura color polvere, com’è polvere tutto.

Gema fuma, sfuma in un guazzabuglio supremo. L’attraversi, a metà Corso Italia, già verso Levante, ti volti, e alle tue spalle ecco la più bella visione di tutta la Liguria.

Il porto, con catene di navi, banchine battute da un mare color paglia, una frana di palazzi, impastati in un’unica polvere, e più vicino vecchie navi ruggini, moli di massi neri, il mare verde oliva, torbido come un fiume in piena, con un ghirigoro di scoglietti, isolotti, rotonde, tutto di ferro battuto, e orridi, qui sotto, con erbe, fichi d’India e spazzatura. Nel limite di questo quadro, ai piedi di chi guarda, in fondo ad un vertiginoso muraglione da città del futuro, otto una rete di protezione, c’è una piccola spiaggia di ciottoli. Si intravede, nella luce del temporale, qualcuno che fa il bagno. Una ragazza bionda, nuda, di carne, di carne calda, in mezzo a tutto quel ferro. ”

 

 

da : ” Smisuratamente pazzamente PASOLINI “, a cura di Massimo Minella, La Repubblica 2021

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UniGe con Repubblica: ancora una volta un libro in omaggio nelle edicole della Liguria | UniGe.life

 

 

 

SEGUE DA:

DOPPIOZERO, .COM  — 3 GENNAIO 2017

https://www.doppiozero.com/rubriche/3/201412/pasolini-la-lunga-strada

 

 

Pasolini, La lunga strada

Marco Belpoliti

 

“Sono felice. Era tanto che non potevo dirlo: e cos’è che mi dà questo intimo, preciso senso di gioia, di leggerezza? Niente. O quasi. Un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio albergo, in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta e normale”.
Così scrive su carta intestata dell’Albergo Savoia di Casamicciola Terme, a Ischia, Pier Paolo Pasolini nel luglio del 1959. Partito da Ventimiglia, sta esplorando le coste e le spiagge italiane scendendo fino in Sicilia per poi risalire a Trieste. Si tratta di una serie di articoli, tre in tutto, che il settimanale Successo dell’editore Palazzi, diretto da Arturo Tofanelli, gli ha commissionato.

 

L’idea è del fotografo Paolo di Paolo e Tofanelli ha pensato subito a Pasolini quale compagno di viaggio. Nel mese di maggio ha pubblicato Una vita violenta, suo secondo romanzo dopo la scandaloso Ragazzi di vita; il riscontro di critica e di pubblico è positivo, come racconta Nico Naldini in Pasolini, una vita, biografia del poeta riedita da poco in forma accresciuta (Tamellini Edizioni). Si tratta di uno dei primi reportage sull’Italia del boom, che scopre le vacanze e si stende al sole sotto gli ombrelloni nelle spiagge. I due, lo scrittore e il fotografo, partono insieme dalla città di confine con la Francia.

 

Come racconterà molti anni dopo Paolo di Paolo, Pasolini siede taciturno accanto a lui in automobile e la conversazione langue. Raggiunta la prima meta, Viareggio, salgono nelle loro camere d’albergo. Di Paolo propone di vedersi a cena. Pasolini accetta, ma subito precisa: dopo però ci separiamo. Alla sorpresa del suo accompagnatore, Pasolini spiega che probabilmente lui, il fotografo, ha gusti diversi, e che magari dopo cena avrà sicuramente voglia di divertirsi con una donna. Cenano, poi Pasolini si congeda. Di Paolo si alza e fa in tempo a vederlo lì fuori, in mezzo a un gruppo di ragazzi vocianti, come se tra loro ci fosse già una grande intesa. Sembravano, racconta, amici da una vita. Il viaggio prosegue verso Genova, dove si presenta uno dei ragazzi di Viareggio. Fotografo e scrittore si separano, ciascuno farà il suo lavoro da solo. Il risultato è sulle pagine di Successo.

 

Di Paolo fotografa, racconta, come se lavorasse per “il Mondo”, Pasolini scrive come solo Pasolini sa scrivere. Anche se tempo dopo in un articolo definirà il reportage “un piccolissimo, stenografato Reisebilder: in cui sono andato non oltre la prima cute”, questi fogli di viaggio descrivono l’Italia e le sue coste come un luogo meraviglioso e incantato, dove non è ancora esplosa la speculazione edilizia e non è avvenuta la “mutazione antropologica” che lo strazierà quindici anni dopo e di cui racconterà in Scritti corsariSuccesso fece dei tagli, probabilmente motivati da ragioni di spazio, sebbene in un caso, quello di un concorso di bellezza maschile sulla costa veneta dell’Adriatico, la riduzione suggerisce l’ipotesi di una piccola censura nell’Italia sessuofoba degli anni Cinquanta.

 

La lunga strada di sabbia, Fotografia di Philippe Séclier
La lunga strada di sabbia, Fotografia di Philippe Séclier

 

Il dattiloscritto integrale è stato ripristinato e raccolto in un volume, La lunga strada di sabbia (Contrasto, pp. 197, € 24,90), mentre figura incompleto nelle opere di Pasolini (Romanzi e racconti, 1946-1961, Mondadori). L’ha realizzato un fotografo francese, Philippe Séclier. Nel 2001 Séclier ha ripercorso la strada di Pasolini scattando delle fotografie nei luoghi delle sue soste, come racconta nella presentazione. Dopo l’incontro con la nipote dello scrittore, Graziella Chiarcossi, nel 2005, ha avuto in mano il dattiloscritto originale; ha cercato Paolo di Paolo e recuperato un ritratto di Pasolini, l’unico scatto di quel viaggio che lo raffigura: in piedi a Genova, sul lungomare, maglioncino, camicia bianca e cravatta, sguardo serio e fiero.

 

 

Philippe Séclier - Commissaires - Les Rencontres d'ArlesRitratto di Philippe Séclier: LP/Olivier Corsan

Nato nel 1958 a Villeneuve-St-Georges, Francia.
Vive e lavora a Parigi, Francia.

da: www.rencontres-arles.com

 

 

Le foto di Séclier sono color seppia, morbide, pastose, evocano quello spazio e quei luoghi, visti oggi. Ma con l’occhio di ieri. Sono immagini malinconiche e nostalgiche, dotate di un’energia e di una vitalità che richiama le pagine di Pasolini. Sono il ritratto di quell’umile Italia che il poeta aveva cantato qualche anno prima del suo transito sulle coste nelle Ceneri di Gramsci. Se fino al litorale romano Pasolini ritrova in quell’estate del 1959 i suoi amici, che cita, e con cui s’accompagna (Fellini, Elsa de Giorgi, Moravia, ecc.), quando invece s’immerge nel Sud la sua prosa sembra lievitare: uno stato di grazia che scaturisce dal paesaggio, ma anche dai corpi delle ragazze e dei ragazzi che vede.

 

La sua prosa rivela qui una sensualità differente, separando con cura tra l’incanto di un mondo visto e immaginato nel proprio passato e il “grande fritto misto all’italiana” attuale. Ci sono luoghi dove dichiara di aver lasciato “un pezzetto sanguinante di cuore” e, anche se non lo dice, sono i corpi dei ragazzi, mescolati al paesaggio, a dargli tutta quella felicità cui si sente vocato come uomo e come poeta. Arrivato sull’Adriatico, conosciuto anni prima nel corso dell’infanzia, mette subito a fuoco l’artificiosità delle spiagge, delle costruzioni, stigmatizza il colore “cacca di bambini” con cui sono tinteggiate le nuove case. Si lascia andare anche al racconto di “una avventuretta” giovanile a Riccione, con una allieva ballerina, a quattordici o forse quindici anni. La storia parte da una fotografia che ha conservato e s’allarga con forza visiva all’addio della giovinetta rinnovato nella sua memoria. Sta per diventare regista.

 

La prosa di Pasolini è scarna, sincopata, ma non priva di eleganza, anche se poi la definirà “ron ron rondista”, l’unico stile, dice, a disposizione per quella esperienza giornalistica. Ma è uno dei suoi soliti gesti blasé, perché ci sono frasi che sconfinano nella poesia, e il modello è piuttosto quello del simbolismo tardo romantico con un tocco alla Biagio Marin; il tono è quello della confidenza diaristica, non certo dell’articolo di giornale. A Trieste va a Lazzaretto, ultima spiaggia italiana prima del confine jugoslavo, e tende l’orecchio per cogliere la parlata del luogo: “Presteme el petine!”, “Speta”, “Giovanota!”, “Da dove vignìu?”, “Da quela barca lavìa?”, “A me mi ocoressi un petine, questo el xè roto!”. Termina il viaggio: “Sulle povere voci, sulla povera spiaggetta, il temporale getta un’ombra leggera, biancastra. Qui finisce l’Italia, finisce l’estate”.

 

 

Questo pezzo è apparso precedentemente su La Stampa

La lunga strada di sabbia, Fotografia di Philippe Séclier

 

 

 

 

 

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