Paolo Berizzi @PBerizzi
#21luglio 2001. In una scuola e in una caserma di #Genova viene scritta col sangue la peggiore pagina del fascismo di Stato dal ’45 a oggi. #G8Genova2001 #democraziasospesa
ROBERTO RODODENDRO –
— testimonianza del 20 / 22 luglio 2001 —
Ecco qua qualcosa, come al mio solito, non proprio ordinato ma sono quasi tutte, testimonianze di allora. Quel giorno, il 20 luglio 2011 io ero ad una riunione sindacale di lavoro a Milano. Ho ricevuto molte telefonate disperate e questo è poi stato il risultato:
Genova G8.
Estratto da un articolo sul Corriere della Sera del luglio 2016
Un altro motivo è che, alla fine, se l’obiettivo di quanto è successo era la distruzione del movimento antagonista italiano, è stato pienamente raggiunto: i no global, quelli che provavano a immaginare un futuro diverso dal capitalismo senza freni post fine Guerra Fredda, non si sono mai ripresi dalla batosta del 2001.
Tutto quel che ha minacciato il capitalismo dopo di allora è stato il capitalismo stesso, con le sue bolle finanziarie che hanno dato origine alla crisi che stiamo tuttora vivendo.
E infine per un altro motivo.
Perché, prima ancora che il G8 avesse inizio, tutti gli organi di informazione, sia pure con diverse sfumature, decisero di battere la grancassa sui rischi di scontri e disordini con toni apocalittici?
Minacce subacquee, minacce aeree, sacche di sangue infetto stoccate in luoghi segreti pronte a essere lanciate sulle forze dell’ordine, pericolo di bombe. C’erano stati altri G8 e meeting internazionali finiti nel mirino dei no global, con disordini anche gravi. Mai nessuno però in cui l’allarme fosse portato, con tutti i mezzi, a un simile livello di parossismo.
A Genova arrivarono 16 mila uomini delle forze dell’ordine con tanto di blindati. Uno spiegamento di forze mai visto prima e dopo.
o Perché, prima della chiusura delle stazioni ferroviarie genovesi solo a partire dal primo giorno del summit, non ci fu un reale tentativo di identificare e respingere alla frontiera gli attivisti del cosiddetto blocco nero che pure venivano considerati il pericolo principale?
o Perché non ci fu nessun intervento serio contro il blocco nero? Le forze dell’ordine non riuscirono a fermare nemmeno un aderente al black bloc, nonostante le segnalazioni dei cittadini raccolte dalla sala operativa della Questura genovese sulle devastazioni che venivano operate dai nerovestiti mascherati. E’ appena il caso di ricordare che proprio da un mancato intervento contro i black bloc di un folto gruppo di carabinieri e poliziotti e dalle cariche di questi stessi contingenti contro i pacifisti della Rete Lilliput e contro il corteo (autorizzato) dei disobbedienti, presero il via le circostanze che portarono alla morte di Carlo Giuliani e al disastro, in termini di ordine pubblico, di Piazza Alimonda.
o Perché Filippo Ascierto, responsabile per la sicurezza di Alleanza nazionale, era nei centri di coordinamento delle forze dell’ordine di Genova? Per molto tempo si è detto che Gianfranco Fini, leader di An e in quel momento vice presidente del Consiglio del Governo Berlusconi, era anche lui nella sala operativa. Fini ha smentito, sostenendo che è rimasto bloccato dai disordini per sei ore a Forte San Giuliano, senza partecipare all’organizzazione delle azioni di polizia e carabinieri.
o Perché ci sono delle fotografie che mostrano rappresentanti dei black bloc a colloquio, apparentemente amichevole, con poliziotti e carabinieri?
o Perché è stata decisa l’irruzione alla Diaz e perché si è ritenuto opportuno, fin dall’inizio, farla apparire necessaria costruendo l’indizio delle due molotov introdotte nella scuola dalla stessa polizia? E’ il caso di sottolineare che tutti i responsabili dell’ordine pubblico interrogati su alcuni scontri di piazza parlano in continuazione del lancio di bombe Molotov di cui invece non c’è traccia nei documenti filmati.
o Perché le forze dell’ordine hanno in alcuni scontri, tra le mani, oltre ai manganelli speciali (i cosiddetti tonfa) anche armi improprie, non in dotazione? Da dove arrivano e come sono arrivate in piazza?
E, l’ultima, che le raccoglie e tiene insieme tutte.
Perché non è stato fatto nulla per sanare la ferita (noi sentiamo ancora il sapore amaro del sangue in bocca)?
Racconto del giornalista inglese, Mark Covell, 33 anni :
A lui, come a decine di altre persone di quel sabato cileno una sola domanda: che cos’è successo?
“E’ successo che sono diventato un ‘human football’, un pallone umano – risponde -. Ero in mezzo alla strada, proprio davanti al cancello della scuola Diaz, quando sono arrivate le camionette. E ci sono rimasto intrappolato mentre i carabinieri chiudevano i due lati della via. Quando ho visto un gruppo venirmi addosso, ho mostrato la tessera da giornalista (è l’inviato di Indimedia UK, un network on line di informazione alternativa con diverse edizioni, compresa quella italiana, tra i più seguiti, ndr). Mi hanno colpito subito con i manganelli. Poi uno con lo scudo mi ha schiacciato contro il muro e l’altro mi ha riempito di botte ai fianchi”
“Mi dicevano in inglese – continua – ‘you are blackblock, we kill blackblock’ (tu sei un black e noi ti uccidiamo). A quel punto sono caduto mezzo svenuto e ho visto che il furgone stava sfondando il cancello della scuola. Ero a terra e loro continuavano a prendermi a calci. Correvano da una parte e mi mollavano un calcio. E’ lì che sono diventato un pallone”.
Testimonianza di un poliziotto (nome nascosto)
Un poliziotto che presta servizio al Reparto Mobile di Bolzaneto, e di cui Repubblica conosce il nome e il grado ma che non rivela per ragioni di riservatezza, racconta la “notte cilena” del G8.
“Purtroppo è tutto vero. Anche di più. Ho ancora nel naso l’odore di quelle ore, quello delle feci degli arrestati ai quali non veniva permesso di andare in bagno. Ma quella notte è cominciata una settimana prima. Quando qui da noi a Bolzaneto sono arrivati un centinaio di agenti del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria”.
E’ il primo di uno dei molti retroscena sconosciuti del drammatico sabato del G8. Il nostro interlocutore ammette che “nella polizia c’è ancora tanto fascismo, c’è la sottocultura di tanti giovani facilmente influenzabili, e di quelli di noi che quella sera hanno applaudito. Ma il macello lo hanno fatto gli altri, quelli del Gom della penitenziaria”.
E il pestaggio sistematico nella scuola?
“Quello è roba nostra. C’è chi dice sia stata una rappresaglia, chi invece che da Roma fosse arrivato un ordine preciso: fare degli arresti a qualunque costo. L’intervento lo hanno fatto i colleghi del Reparto Mobile di Roma, i celerini della capitale. E a dirigerlo c’erano i vertici dello Sco e dirigenti dei Nocs, altro che la questura di Genova che è stata esautorata. E’ stata una follia. Sia per le vittime, che per la nostra immagine, che per i rischi di una sommossa popolare. Quella notte in questura c’era chi bestemmiava perché se la notizia fosse arrivata alle orecchie dei ventimila in partenza alla stazione di Brignole, si rischiava un’insurrezione”.
La trasformazione della caserma di Bolzaneto in un “lager” comincia lunedì con l’arrivo dei Gom, reparto speciale istituito nel 1997 con a capo un ex generale del Sisde, e già protagonista di un durissimo intervento di repressione nel carcere di Opera.
Appena arrivati – vestiti con le mimetiche grigio verde, il giubbotto senza maniche nero multitasche, il cinturone nero cui è agganciata la fondina con la pistola, alla cintola le manette e il manganello, e la radiotrasmittente fissata allo spallaccio – prendono possesso della parte di caserma che già alcune settimane prima del vertice era stata adattata a carcere, con annessa infermeria, per gli arrestati del G8.
26.07.2001
Testimonianza di un fotografo
” Continuavano a colpire cantando Faccetta Nera e un inno a Pinochet ”
Alfonso De Munno, 26 anni, fotografo freelance di Roma
Ha un piede fratturato, una costola incrinata. Il viso tumefatto, il corpo pieno di lividi. Il suo racconto è lucido e concitato.
“Mi portano a Bolzaneto verso le 16.30 di sabato. Sono già stato pestato a sangue dalla guardia di finanza mentre scatto alcune foto dei black bloc. Arrivo alla caserma in camionetta, assieme a una ventina di fermati. Ho le mani legate, lacci neri di plastica, molto stretti. Il benvenuto: ci lanciano fuori dal pullman e iniziano manganellate e insulti. “Perché non provi a chiamare Bertinotti o il tuo amico Manu Chao?”.
La colonna sonora dell’orrore è una cantilena, i celerini la sanno a memoria. Adesso anch’io l’ho imparata, purtroppo: “un due tre, viva Pinochet, quattro cinque sei, a morte gli ebrei, sette otto nove, il negretto non commuove”.
TG5 Enrico Mentana.
Intervista de Gennaro Capo della Polizia.
Il capo della Polizia Gianni De Gennaro: “Genova servirà da esempio per i futuri vertici. Alla Diaz siamo stati attaccati”
“Non abbiamo nulla da rimproverarci”
________________________________________ROMA
– Non lo dice esplicitamente, ma il senso delle parole del capo della polizia Gianni De Gennaro si può riassumere così: non abbiamo nulla da rimproverarci. Non la gestione della manifestazione “che servirà da esempio ai futuri vertici”; non il blitz della scuola Diaz, “era una normale perquisizione trasformata in un’operazione di ordine pubblico dal comportamento violento degli occupanti”; non l’episodio che ha provocato la morte di Carlo Giuliani, “il carabiniere ha sparato per legittima difesa”.
Ovvio che la conclusione dell’analisi del capo della Polizia non può essere che una: “Non ho mai pensato di dimettermi”.
Il Tg5 realizza l’ennesimo scoop di questo G8 e manda in onda l’intervista del suo direttore Enrico Mentana con il capo della Polizia.
Gianni De Gennaro fino ad oggi non aveva mai parlato. Di lui invece si era parlato molto. E adesso tocca a lui spiegare e analizzare le violenze di Genova.
“Avevamo tre esigenze: proteggere il summit, consentire la manifestazione, garantire la sicurezza ai cittadini di Genova” attacca De Gennaro. Centrato il primo obiettivo, meno gli altri due.
Di chi è la colpa?
“Di un migliaio di violenti, dai Black Bloc agli anarchici insurrezionalisti, a coloro che hanno cercato lo scontro con le forze di polizia” – replica De Gennaro.
G8 Genova, Scajola:
“De Gennaro presentò le dimissioni, io le rifiutai”
ROMA –
“La mattina successiva alla fine del G8 di Genova, il capo della polizia Gianni De Gennaro venne da me e mi presentò le sue dimissioni. Io le rifiutai, convinto, allora come oggi, che in quei momenti, assai delicati per la tenuta del Paese, le dimissioni del capo della polizia sarebbero state destabilizzanti per le istituzioni”.
Claudio Scajola, allora ministro dell’interno, racconta all’Ansa la sua versione dei fatti e, in riferimento all’intervista di Franco Gabrielli, attuale capo della polizia, al quotidiano la Repubblica, dice: “Con il senno di poi è troppo facile fare analisi”.
“La Repubblica” luglio 2017
Il G8 finisce nel sangue. Ucciso un manifestante. Via all’indagine parlamentare per fare luce sulla Diaz e sui presunti pestaggi nella caserma di Bolzaneto__
______________________________________ROMA –
Un morto, quasi seicento feriti (560), oltre duecento persone arrestate (219), circa cinquanta miliardi di danni: ecco le cifre del G8.
Ecco i numeri del vertice degli otto paesi più industrializzati, andato in scena a Genova da venerdì 20 luglio a domenica 22.
Tre giorni di discussioni per i grandi della terra, tre giorni segnati in maniera tragica dall’uccisione di un ragazzo di 23 anni, Carlo Giuliani, uno dei contestatori colpito venerdì pomeriggio da un colpo di pistola esploso da un giovane carabiniere.
16 anni dopo ( Huffington Post )
La foto di questo ragazzo, steso sul selciato di piazza Alimonda, con una pozza di sangue ad allargarsi dietro la testa, le braccia a croce e un compagno che tenta di rianimarlo è il simbolo di quello che è accaduto a Genova.
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Impaginato benissimo , brava e grazie!
A questo punto due ultime brevi annotazioni comuni:
Dopo vent’anni scopriamo l’attualità che avrebbe avuto quel summit G8 del 2001 sul clima: ne vediamo ora in questi giorni conseguenze tangibili. Dal Canada alla Cina all’Europa agli Stati Uniti ed anche altrove da tempo e forse il tempo è scaduto.
E per finire una piccola annotazione terribile: quel giorno a Genova non è stato ucciso solo Giuliani, con lui è morto anche ( se non fisicamente , ma con la vita distrutta: abbandonato da moglie figli ma non dal terribile rimorso di sentirsi addosso la morte di un ragazzo) Mario Placanica, l’ex carabiniere di leva, completamente digiuno di qualunque tecnica di sopravvivenza e di contenimento in una sommossa mandato a Genova .” Stavo in Sicilia, quando a me, carabiniere ausiliario, e ai miei colleghi fu comunicato che saremmo andati a Genova. Io a Genova non ero mai stato.Ricordo i comandanti. State attenti, qui siamo in guerra, ci lanceranno addosso sacche con sangue infetto di A.I.D.S. .Urlavano in continuazione per caricarci”
(preso da “Domani” intervista telefonica a Mario Placanica.)
E quindi non è sbagliato dire, oltre al massacro generalizzato, non una vittima ma due: Carlo Giuliani e il suo (forse, è stato assolto) carnefice.
Per l’omicidio di Carlo Giuliani non ci fu mai processo.
Mario Placanica fu espulso dai carabinieri.