Gianni Barbacetto
28 novembre 2020
Strage di Bologna: i soldi di Gelli e Bellini, il quinto uomo
SEGRETI
Strage di Bologna: i soldi di Gelli e Bellini, il quinto uomo
Sopra c’è Licio Gelli, il Maestro Venerabile della P2, con il fiume di denaro che riesce a manovrare. Sotto i Nar, ma non solo. Insieme a loro, Terza posizione, Ordine nuovo, Avanguardia nazionale. I gruppi della destra eversiva insieme. Dal giovane Giusva Fioravanti alla vecchia Primula nera Paolo Bellini. In mezzo, faccendieri come Francesco Pazienza ed eminenze grigie dei servizi segreti come Federico Umberto D’Amato. Una ragnatela vischiosa che avvolge la strage di Bologna, lambisce la tragedia di Ustica, incrocia il crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
Il lavoro della Procura generale di Bologna, al termine della lunga inchiesta sui mandanti dell’esplosione del 2 agosto 1980, potrebbe cambiare la storia italiana. Grazie alla digitalizzazione di migliaia di pagine dei processi degli anni Settanta e Ottanta, è stato possibile rivedere testimonianze e documenti che era utile confrontare e incrociare.
Mai era stato considerato, per esempio, che il 30 luglio 1980, a Roma, fossero presenti alcuni dei protagonisti dell’impresa bolognese: Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, giudicati in via definitiva come esecutori materiali della strage, quel giorno sono nella capitale, arrivati (in volo) da Palermo o (in treno) da Taranto (a seconda delle versioni raccontate nel corso dei vari processi).
Anche Licio Gelli in quegli stessi giorni è a Roma, soggiorna all’Hotel Excelsior dal 28 al 30 luglio.
Negli stessi giorni, dal 29 al 31 luglio, all’Excelsior c’è anche Marco Ceruti, prestanome e cassiere del Venerabile. Pochi giorni prima, secondo i magistrati, Ceruti riceve in contanti 1 milione di dollari, un anticipo dei 5 milioni pattuiti per la strage. Sono soldi distratti dal Banco Ambrosiano Andino, consociata dell’Ambrosiano di Roberto Calvi. Per la Procura generale non è un caso che nel documento “Averi” di Gilberto Cavallini – ultimo Nar a essere stato condannato (in primo grado) per aver dato supporto per la strage a Fioravanti, Mambro e Luigi Ciavardini – si segnali la disponibilità di 57 mila dollari americani e 3 milioni e mezzo di franchi svizzeri. Denaro che mai i Nar hanno rapinato nella loro epopea nera.
Eppure Cavallini, “il ragioniere”, aveva due conti correnti bancari in Svizzera. Lo dimostrano le verifiche finanziarie, lo racconta già nel 1982 Dragutin Petrovic, bandito complice di Cavallini in diverse imprese criminose: riferisce che l’ex sodale aveva ricevuto un “grosso finanziamento” dall’Italia, e forse dal Sud America. I neri dei Nar hanno sempre negato con sdegno ogni legame con Gelli, adesso però lo sdegno sembra vacillare. Oggi comincia al Tribunale di Bologna l’udienza preliminare per Paolo Bellini, fascista di Avanguardia nazionale in contatto con uomini di Cosa nostra e degli apparati dello Stato, accusato di essere il quinto uomo della strage.
Lo ricollega all’attentato il fotogramma di un filmato amatoriale, un Super 8 girato da un turista, in cui compare un uomo riccio con i baffi, troppo simile a Bellini, che il 2 agosto si aggira nei pressi del primo binario della stazione di Bologna, subito dopo l’esplosione. Tra le prove raccolte a suo carico c’è anche il riconoscimento dell’ex moglie e una vecchia intercettazione ambientale a casa di Carlo Maria Maggi, il capo di Ordine nuovo Triveneto, condannato per la strage di Brescia: parlando con il figlio, Maggi dice di sapere che l’azione di Bologna è attribuibile alla banda Fioravanti e che all’evento partecipò un “aviere” che portò la bomba.
Bellini era conosciuto negli ambiente di destra per la sua passione per il volo. Nella stessa intercettazione, Maggi compie un collegamento tra la strage di Bologna e il disastro di Ustica: “Ustica è stato un episodio di guerra fredda, la strage di Bologna è stato un tentativo di confondere le acque, per far dimenticare Ustica”. Una tesi confermata anche da Bellini stesso che in un interrogatorio del 1999 riporta che il padre gli aveva riferito che la strage era stata commessa per coprire Ustica. Verità e menzogna mescolate, come sempre nelle storie dei servizi segreti e delle stragi.
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Strage di Bologna, l’ex moglie incastra Bellini (Avanguardia Nazionale): lo riconosce in un video girato in stazione il giorno della bomba
Il riconoscimento è arrivato davanti alla Corte di assise, dopo che la donna ha rivisto in aula il video del turista straniero girato nello scalo felsineo la mattina del 2 agosto 1980.
di F. Q. | 21 LUGLIO 2021
Maurizia Bonini ha pochi dubbi: l’uomo ripreso in un video girato nella stazione di Bologna la mattina del 2 agosto 1980 è il suo ex marito Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia Nazionale, imputato nel nuovo processo sulla strage. Difficile equivocare le parole della donna: “Sembra mio marito, è Paolo, è Paolo, perché ha una fossetta qua, ha i capelli più indietro, ma è comunque lui, nella foto del telegiornale lo riconosco ancora meglio. È Paolo, ed è riconoscibile da parte mia nella parte inferiore del video, qui però ha i capelli più indietro”. Il riconoscimento è arrivato davanti alla Corte di assise, dopo aver rivisto in aula il video del turista straniero girato in stazione a Bologna la mattina della bomba. L’imputato era uscito dall’aula poco prima della testimone, che ha parlato coperta da un paravento, su sua richiesta e dopo che la Corte d’Assise ha deciso in tal senso. “Noi diamo parere favorevole alla testimonianza con il paravento – ha detto il Pg – perché è una situazione delicatissima, conosciamo la storia di Bellini e si tratta di cose che riguardano legami familiari, emergono preoccupazioni e la Corte deve assicurare la genuinità della testimonianza”. Frase che ha scatenato una schermaglia con i legali dell’ex Avanguardia Nazionale. Anche Bellini, dopo la decisione della corte si è alzato e ha detto: “Io esco dall’aula durante l’audizione dei miei familiari, così non si creano problemi, ma i miei legali hanno diritto di vedere la testimone”.
Strage di Bologna, il video, 0.11 minuti
all’ex moglie di Paolo Bellini in Aula
www.ilfattoquotidiano.it video Ansa
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“Ha ingannato tutti”
Al netto del paravento e della disputa tra difesa e accusa, Maurizia Bonini ha detto anche altro, specie sulla ricostruzione dei movimenti dell’imputato durante la mattina del 2 agosto di 41 anni fa. Riferendosi all’ex marito, la donna ha sottolineato che all’epoca l’uomo “ha detto una bugia, ha ingannato tutti, non potevo immaginare che fosse lì in quella situazione, e Daniela (cioè la nipote di Paolo Bellini, che era in auto con lui nel tragitto verso Rimini, ndr) c’era, dovete chiedere a lui dove ha messo la bambina, e anche se è arrivato in ritardo, era il 2 agosto”. Non solo. Rispondendo alle domande del sostituto pg Umberto Palma, Bonini ha precisato di aver detto “purtroppo è lui” quando riconobbe per la prima volta l’ex marito – durante l’interrogatorio del 12 novembre 2019 – nel video registrato da un turista il giorno dell’attentato perché, appunto, “non potevo immaginare che fosse lì in quella situazione“. Senza contare, ha aggiunto, che all’epoca Bellini “non aveva ancora fatto la carriera criminale” di cui fu protagonista negli anni successivi. “Ma aveva già ucciso Alceste Campanile nel 1975″, le ha ricordato il presidente della Corte, Francesco Caruso, a cui però Bonini ha replicato che nel 1980 non sapeva di quell’omicidio.
“All’epoca dissi il falso”
Quando Bellini fu indagato per la strage, però, la donna confermò l’alibi dell’uomo, dicendo che era arrivato a prenderla a Rimini intorno alle 9-9.30 del mattino, per poi partire insieme a lei, ai due figli piccoli e alla nipote per il Passo del Tonale: si tratta di orari non compatibili con la sua presenza in stazione al momento dell’esplosione della bomba, alle 10.25.
Oggi il cambio di rotta.
Motivato con queste parole: “Ho detto una bugia, chiedo scusa a tutti”. E ancora: “Sì, a questo punto, posso dire che all’epoca ho dichiarato il falso“. Completamente diversa anche la ricostruzione di cosa accadde quella mattina: “Non ricordo a che ora arrivò mio marito a prendermi a Rimini, mi ricordo però che mia madre tornò tardi in albergo” ha detto. La madre di Maurizia (Eglia Rinaldi, deceduta), infatti, come è emerso durante gli interrogatori, rientrò a Torre Pedrera, località vicino a Rimini, in ritardo per l’orario di pranzo, tanto che ci fu una discussione con il marito. Questa versione è stata confermata anche dal fratello della Bonini, l’ex cognato di Bellini. “L’orario delle 9.15 – ha spiegato poi Maurizia rispondendo alle domande dei legali di Bellini – me lo disse mio suocero (Aldo Bellini, ndr)”.
La testimonianza della figlia di Bellini
“Visto che mi trovo in questo processo, mi sento di voler dire a tutti che è stata una mia decisione testimoniare, perché questa vicenda ha scombussolato la mia vita, credo sia giusto dare testimonianza per una cosa così grave, ma soprattutto perché penso alle vittime, al di là di quello che sarà l’esito di questa cosa, nonostante io sono figlia di Paolo Bellini, vado a testa alta perché ho avuto una vita completamente diversa”. Sono le parole di Silvia Bonini, figlia di Paolo Bellini: quel giorno la donna aveva solo 9 anni. Oggi ha spiegato di aver cambiato cognome una ventina di anni fa prendendo quello della madre e di aver interrotto completamente i rapporti con il padre. Davanti ai pg ha spiegato di non ricordare nulla del giorno dell’attentato, tantomeno del viaggio fatto in auto con i genitori, il fratello Guido e la cugina Daniela, da Rimini al Passo del Tonale. Tuttavia ha dichiarato, con la voce rotta dall’emozione, di sperare che “tutte le testimonianze possano fare luce per le vittime. Per la mia famiglia è stata una grande sofferenza, mi sono sentita davvero di venire oggi, era più facile non rispondere, ma io ho una coscienza, perché siamo tutti toccati da questa cosa”.
La nipote Daniela si avvale della facoltà di non rispondere
La cugina Daniela Bellini (figlia del fratello di Paolo Bellini, Guido, deceduto) invece, che aveva la stessa età all’epoca, si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ma durante gli interrogatori con i Pg, anche lei aveva detto di non ricordare nulla di quel giorno. Tra gli altri familiari di Bellini che hanno testimoniato oggi, c’è l’ex cognato Michele Bonini, che ha confermato che il 2 agosto 1980, mentre la famiglia era riunita a pranzo a Torre Pedrera (Rimini), sua madre, Eglia Rinaldi, arrivò molto tardi, verso le 13.30, perché aveva accompagnato Maurizia Bonini (ex moglie di Paolo Bellini) a Rimini, da dove poi i due partirono con i figli per la montagna. Questo confermerebbe la falsità dell’alibi di Bellini, che collocò la partenza dalla cittadina romagnola attorno alle 9 di mattina.
Più complicata la deposizione di Marina Bonini, vedova di Guido Bellini (fratello di Paolo), che dopo aver detto, in fase di indagine, di non ricordare come e con chi sua figlia Daniela raggiunse il Passo del Tonale per le vacanze nell’agosto del 1980, oggi ha detto di aver accompagnato la figlia, la mattina del 2 agosto, a Scandiano o a Pratissolo, nel Reggiano, e di averla lasciata a Paolo Bellini. Alle contestazioni dei Pg, che hanno più volte sottolineato questa incongruenza, Bonini ha spiegato di essere andata in confusione al momento dell’interrogatorio perché si è sentita “inquisita“.
Del mistero di Paolo Bellini si è occupato Giovanni Vignali nel libro L’uomo nero e le stragi (edizioni PaperFirst) in cui – attraverso la consultazione di atti giudiziari, rapporti di polizia, inchieste giornalistiche, interviste con magistrati e investigatori – ricostruisce la vicenda della “primula nera”.
L’ uomo nero e le stragi. Dall’eccidio di Bologna alla Trattativa con la mafia. Il mistero del neofascista Paolo Bellini
Giovanni Vignali
Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Editore: PaperFIRST
Anno edizione: 2021
In commercio dal: 11 febbraio 2021
Pagine: 250 p.
14 euro, prezzo pieno
Chi è Paolo Bellini, accusato dalla Procura generale di essere “il quinto uomo” del commando che agì a Bologna il 2 agosto 1980, causando la peggiore strage della storia recente d’Italia e la morte di 85 persone? Quali segreti nasconde? “Bellini va arrestato” avevano chiesto i pm, ma il tribunale ha rigettato la richiesta. “In aula mi difenderò – si limita a dire lui – E rideremo”. Il suo curriculum criminale già oggi fa impressione. In un trentennio il bandito di Reggio Emilia ha ammesso l’assassinio del militante di Lotta Continua Alceste Campanile, eseguito per conto di Avanguardia nazionale; all’alba della Seconda Repubblica ha giocato un ruolo nelle trattative fra Stato e mafia intercorse fra l’uccisione di Falcone e Borsellino e le bombe esplose a Firenze, Roma e Milano nel 1993; nel ’99 si è autoaccusato di oltre 10 omicidi per conto della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna. Soprannominato “la primula nera”, secondo l’accusa è lui la figura centrale nel nuovo processo per scoprire esecutori, mandanti e depistatori della strage alla stazione di Bologna. Attraverso la consultazione di atti giudiziari, rapporti di polizia, inchieste giornalistiche, interviste con magistrati e investigatori che hanno indagato su di lui, emerge la figura di un personaggio unico nel suo genere.
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Quello che non riesco a capire, davvero, è come mai Mambro e Fioravanti, condannati per la strage di Bologna, siano liberi da un bel po’ di anni.