ALBERTO FLORES D’ARCAIS, Cuba chiama Castro per fermare la protesta. Almeno 100 gli arresti -REPUBBLICA DEL 13 LUGLIO 2021- + REPUBBLICA 14 LUGLIO 2021: Cuba, un morto nelle proteste. I vescovi in difesa della gente

 

REPUBBLICA DEL 13 LUGLIO 2021

https://www.repubblica.it/esteri/2021/07/13/news/cuba_arrestata_giornalista_camila_acosta-310139787/

 

 

Cuba chiama Castro per fermare la protesta. Almeno 100 gli arresti

di Alberto Flores D’Arcais

La protesta degli esuli cubani a Miami (afp)

Fermata anche la giornalista del quotidiano spagnolo Abc: Camila Acosta sarà giudicata per “reati contro la sicurezza dello Stato”. Alla riunione per gestire la crisi partecipa anche l’ex presidente, che si era ritirato a vita privata

13 LUGLIO 2021 

 

 

 

“Alla riunione ha partecipato il generale dell’esercito Raúl Castro Ruz”. Il comunicato di Granma, organo ufficiale del regime è scarno, ma segnala la gravità di una situazione che Cuba sta vivendo tra ansia, incredulità e paure. All’Avana, come in ogni altra città dell’isola, centinaia di poliziotti controllano ogni angolo della capitale per impedire nuove proteste, da lunedì internet, social media e piattaforme di messaggistica sono inaccessibili quasi ovunque.

 

 

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Cuba in piazza sfida il regime: “A morte il comunismo, ora libertà”
https://www.repubblica.it/esteri/2021/07/12/news/cuba_in_piazza_sfida_il_regime_a_morte_il_comunismo_ora_liberta_-310102697/

di Alberto Flores D’Arcais –12 Luglio 2021

 

 

 

 

Colto di sorpresa da una sollevazione di piazza che non ha precedenti nell’ultimo mezzo secolo di comunismo castrista, il regime ha scelto la strada più facile, quella della repressione. Può avere successo nell’immediato, ma non cancella certo i sintomi di un malessere profondo, che tra crisi economico-sanitaria e voglia di libertà può rappresentare l’inizio della fine per il modello rivoluzionario dei fratelli Castro, oggi gestito da eredi più che modesti.

Il governo del presidente Miguel Díaz-Canel mette sotto accusa “le provocazioni orchestrate da elementi controrivoluzionari organizzati e finanziati dagli Stati Uniti”, chiama alle armi il “popolo che ha dato una risposta esemplare difendendo la Rivoluzione nelle strade” (le contro-manifestazioni organizzate dai fedelissimi del regime) ma in un segnale di grande debolezza arresta giornalisti stranieri(la corrispondente dello spagnolo Abc, Camila Acosta è in carcere per non meglio specificati “reati contro la sicurezza dello Stato”), subisce le critiche del presidente Usa Biden (“quella dei cubani è una chiamata per la libertà”) e delle Nazioni Unite (“Cuba rispetti la libertà di espressione”) e riceve solo gli applausi della sinistra autoritaria, del caudillo del Venezuela Maduro e del presidente della Bolivia, Luis Arce.

 

Raúl Castro, che dall’aprile scorso si era ritirato a vita privata, prova a gestire la complicata situazione ma il tempo (ha novanta anni) non gioca a suo favore. Negli ultimi tre anni, le caute aperture da lui stesso volute hanno cambiato molto velocemente le abitudini dei cubani verso l’unico regime e l’unica propaganda che il 90 per cento dei cubani hanno conosciuto nella propria vita. Internet e i social network– che sono stati il motore delle storiche proteste di domenica scorsa – fino al 2018 erano quasi sconosciute alla stragrande maggioranza della popolazione.

 

Per il regime, già alle prese con una situazione economica complicata e con l’embargo rinnovato dalla Casa Bianca di Donald Trump, aprire la rete era una priorità per modernizzare Cuba ma per la propaganda di regime si è rivelato presto un boomerang. Su circa 11 milioni di abitanti, più di 4 alla fine del 2020 erano collegati via internet e con l’inizio della pandemia le critiche al governo e al sistema sanitario (un tempo vanto del castrismo) si sono moltiplicate.

 

 

Cuba, la battaglia per la libertà di espressione di Luis Manuel Otero Alcantara: in ospedale per lo sciopero della fame. Insorgono gli artisti
https://www.repubblica.it/esteri/2021/05/03/news/cuba_-299185151/

di Daniele Mastrogiacomo –03 Maggio 2021

 

 

Quando domenica i residenti della piccola città di San Antonio de los Baños, a circa 30 chilometri dall’Avana, hanno iniziato a marciare al grido di “abbasso la dittatura”, le immagini, trasmesse in diretta su Facebook sono state viste in ogni angolo dell’isola e il contagio è stato immediato. L’arrivo del 3G è stata insieme una risposta alla domanda dei cittadini e una grade fonte di entrate per le casse dell’operatore statale monopolista Etecsa. I giovani ne hanno subito colto la potenzialità, come nel novembre scorso quando si sono mobilitati davanti al ministero della Cultura per il rilascio di un rapper anti-regime (la musica e i musicisti sono all’avanguardia delle proteste) o tre mesi fa quando l’immagine di un dissidente ammanettato è diventata virale sui social network.

 

Da mesi a Cuba le due parole più ricorrenti sono “hasta cuando?” (fino a quando?). Da decenni pazienti verso un regime che in cambio della mancanza di libertà gli ha garantito una minima sussistenza, ora guardano con totale sfiducia al primo presidente che non si chiama Castro.

 

Negli anni di Obama avevano sperato che l’allentamento delle tensioni con il potente vicino aprisse le porte a una parziale democratizzazione (che c’era stata), l’arrivo di Trump alla Casa Bianca ha cambiato di nuovo il corso delle cose: ha fortemente limitato i viaggi di cittadini americani nell’isola, ha tagliato i miliardi di dollari in rimesse annuali dei cubani-americani vitali per l’economia di Cuba.

 

Poi è arrivata la pandemia, il turismo ha subito una brusca frenata quando l’’sola è stata costretta all’isolamento totale e i cubani all’estero non hanno più potuto inviare medicine e denaro tramite i cosiddetti “muli” (quelli che portano da Miami valigie di medicine e valuta).

 

Sempre più a corto di denaro, il governo cubano ha iniziato a far pagare le merci difficili da trovare in valuta estera e le fila per il cibo sempre più scarso sono diventate quotidiane, con assembramenti che hanno moltiplicato gli effetti del Covid. “La gente non mangia i piani”, aveva detto tempo fa il primo ministro Manuel Marrero Cruz durante una riunione ripresa dalla tv di Stato, ma nessuno sembra aver ascoltato. E oggi i cubani guardano ancora una volta alla Florida e vedono nel presidente Biden l’uomo che potrebbe finalmente aiutare Cuba a uscire da una crisi che appare senza sbocchi. Ma il prezzo, tra violenze e repressione potrebbe essere molto alto.

 

 

REPUBBLICA DEL 14 LUGLIO 2021 

https://www.repubblica.it/esteri/2021/07/14/news/cuba_proteste_morto-310279260/

 

Cuba, un morto nelle proteste. I vescovi in difesa della gente: “Hanno il diritto di manifestare”

di Alberto Flores D’Arcais

Protesta pro-Cuba a Miami (afp)

Le proteste si allargano. Arrestata una youtuber mentre era in diretta tv

14 LUGLIO 2021

 

Il primo morto si chiama Diubis Laurencio Tejeda. Aveva 36 anni e lunedì era sceso nelle strade di La Guinera, quartiere tra i più poveri nella periferia sud dell’Avana, per continuare a protestare contro un regime capace di rispondere alle manifestazioni solo con la repressione. Lui (e molti altri) non si erano spaventati di fronte ai poliziotti che in assetto di guerra pattugliavano le strade della capitale,  non si aspettavano che un pacifico e spontaneo corteo potesse essere attaccato con violenza.

 

VEDI ANCHE :

E ora Cuba sarà senza Castro
https://www.repubblica.it/esteri/2021/04/15/news/cuba_senza_i_castro-296541290/

dal nostro inviato Omero Ciai —  15 Aprile 2021

 Per i media cubani ufficiali Tejeda faceva parte di “un gruppo di controrivoluzionari che avevano assaltato una struttura pubblica”, ma le poche immagini visibili sui social media (nonostante la censura quasi totale di internet) dimostrano il contrario. Waldo Herrera, un testimone oculare, ha coraggiosamente raccontato alla Reuters che gli agenti hanno estratto le loro pistole e hanno iniziato a sparare a freddo contro i manifestanti: “Penso che i comunisti abbiano perso il controllo, non hanno una soluzione per questa drammatica crisi”.

  Un morto, decine di feriti, dozzine di arresti. Martedì sera sul Malecón, il famoso lungomare della capitale che fu teatro delle ultime grandi manifestazioni contro il regime castrista nel 1994, c’erano solo poliziotti e qualche gruppo di militanti del partito comunista mobilitati dal presidente Miguel Diaz-Canel “per difendere la rivoluzione”.

Il ruolo dei Social network

 La tv di Stato, l’unica visibile per chi non riesce con parabole clandestine a captare i segnali dalla vicina Florida, mostra e intervista solo loro, in un’opera continua di propaganda ufficiale che contrasta sempre di più con la realtà che viene raccontata dai semplici cittadini, da chi si espone (quando riesce miracolosamente a collegarsi) su Facebook, dagli artisti del Movimento San Isidro (diversi tra loro sono in carcere) che dal 2018 sono schierati contro censure e violazioni dei diritti umani e ancora una volta sono la voce ufficiale della protesta. 

 Per i giovani cubani, che da anni si appassionano al rap e al cubaton (il reggaeton in versione cubana) la musica è diventata una formidabile arma di protesta, così come lo sono diventati gli youtuber che raccontano sui social network cosa è la vita reale a Cuba, così diversa da quella di facciata e di comodo della propaganda. Una di loro, una delle più conosciute si chiama Dina Stars, negli ultimi giorni è stata intervistata da diversi media internazionali denunciando cosa stava accadendo realmente nell’isola della Rivoluzione. Sui suoi social, dove ha un grande seguito, aveva lanciato un appello per una nuova grande mobilitazione popolare contro il regime, ma mentre era in diretta con una tv spagnola è stata arrestata. 

 Quando è iniziata l’intervista con il canale Cuatro, la youtuber ha iniziato a segnalare che c’era qualcosa che non andava. “Dina, vuoi dire qualcosa?”, le ha chiesto la conduttrice del programma ‘Todo es mentirà (è tutta una bugia). “Gli uomini della Sicurezza sono qui fuori”, ha risposto, costretta poi ad interrompere la conversazione quando un uomo le ha preso il computer e l’ha condotta fuori dalla stanza. Dina è riuscita in qualche modo con la telecamera a far vedere in diretta cosa accadeva: la conversazione è impercettibile, ma la si vede mentre parla con qualcuno. “Ti arresteranno?”, le chiede ancora la conduttrice. “Non lo so, mi hanno detto di accompagnarli. Dal vivo ritengo il governo responsabile di tutto ciò che può succedermi”, aggiunge prima di salutare e chiudere il computer.

La protesta dei vescovi

Intanto, la Chiesa cattolica di Cuba ha preso posizione in difesa dei manifestanti. “Comprendiamo che il popolo ha il diritto di manifestare le sue necessità, le sue aspirazioni e speranza, e a esprimere pubblicamente che alcune delle misure adottate lo stanno colpendo seriamente”, afferma la conferenza episcopale cubana in un comunicato pubblicato sul proprio sito web. I vescovi si dicono preoccupati che “la risposta a queste lamentele sia l’immobilismo che contribuisce a dare continuità ai problemi senza risolverli“. Inoltre, proseguono, “vediamo che non solo le situazioni si aggravano ma che si procede verso una rigidità e un inasprimento delle posizioni che potrebbero avere conseguenze imprevedibili con danno di tutti noi”.

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