LIMES ONLINE DEL 29 GIUGNO 2021
ALBERTO DE SANCTIS ( FOTO DAL SUO TWITTER )
Giornalista, consigliere di redazione e studioso di geopolitica dei mari di Limes, manager presso UTOPIA, Public Policy, Advocacy e Communication. Su Twitter: @albdesanctis
BLINKEN A ROMA
di Alberto de Sanctis, da “Il mondo oggi” di martedì
Il segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken è arrivato in Italia domenica per una tre giorni di incontri e summit: il G20 dei ministri degli Esteri, la visita in Vaticano, il vertice intergovernativo contro lo Stato Islamico e l’intervento alla Fao. Il capo della diplomazia americana si è intrattenuto con gli omologhi italiano Luigi Di Maio e israeliano Yair Lapid, con il primo ministro Mario Draghi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.La trasferta oltreoceano di Blinken è utile a dimostrare il rinnovato impegno di Washington per il rafforzamento dei legami con alcuni dei propri partner nell’area del Mediterraneo e a ribadire la leadership a stelle e strisce sulle questioni globali. Iniziative ad altissimo gradiente scenografico che in concreto servono a perseguire la creazione di un fronte comune contro Cina e Russia, nonostante le difficoltà già sperimentate dal presidente Joe Biden nel suo viaggio in Europa di metà giugno.La stampa tricolore ha festeggiato l’evento come un incontrovertibile successo del nostro paese, tornato al centro dei grandi consessi diplomatici internazionali e di nuovo meritevole della piena considerazione da parte del nostro più importante alleato. Peccato che dietro alle celebrazioni per il rilancio delle democrazie e “il forte allineamento dei valori tra Italia e Usa” resti immutata la sostanza della realtà geopolitica.Blinken è arrivato in Italia per richiamarci alle nostre responsabilità, soprattutto in Nord Africa – per la superpotenza la gestione del mare di mezzo spetta ad altri alleati europei (Francia e Regno Unito) prima che a noi. Così, dietro alle richieste di un maggiore impegno politico e militare italiano nel Sahel non c’è l’urgenza di scongiurare il radicamento locale dei gruppi jihadisti battuti in Medio Oriente, quanto piuttosto la necessità di non lasciare sguarnita un’area finita al centro degli interessi strategici della Russia. Senza dimenticare la “talpa” cinese, le rinnovate ambizioni imperiali turche e le conclamate difficoltà della Francia a stabilizzare da sola le aree attualmente più calde del suo ex dominio coloniale africano.Persino le promesse di un sostegno Usa per la stabilizzazione della Libia vanno interpretate per quello che sono: non garanzia di un intervento risolutore a nostro vantaggio, quanto ennesima sollecitazione a cavarcela da soli se vorremo ottenere un po’ di copertura americana – magari nei confronti di Ankara, che non ha nessuna intenzione di sgomberare la Tripolitania. Trastullarci con l’idea che gli Stati Uniti sono pronti a tornare in forze nel Mediterraneo soltanto in ragione della rinnovata sintonia politica e valoriale fra i nostri attuali governi sarebbe l’errore peggiore che potremmo commettere.Per Washington, infine, il viaggio di Blinken ha rappresentato un’altra occasione per esigere dall’Italia maggiore distacco dalla Cina. Al termine del G7 in Cornovaglia, il Draghi aveva già annunciato un riesame del controverso memorandum sulle nuove vie della seta firmato dal primo governo Conte. Stavolta è toccato al ministro Di Maio prendere pubblicamente le distanze da Pechino, spiegando che i rapporti commerciali con i cinesi non vanno a interferire con le relazioni dell’Italia con Usa e Nato. Il titolare della Farnesina è l’esponente più importante nel governo del MoVimento 5 stelle, il partito finito al centro della polemica per le sue posizioni filocinesi – a cominciare da quelle del fondatore Beppe Grillo.
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E’ sempre utile agitare il pericolo “giallo”.