Galileo Galilei, 1640
Justus Sustermans -(Anversa, 28 settembre 1597 – Firenze, 23 aprile 1681), è stato un pittore fiammingo del periodo barocco.
Oggi 22 giugno è una data che tutti dovrebbero ricordare andando con la mente nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma in questo giorno del 1633, quando Galileo a 69 anni venne costretto in ginocchio a abiurare le sue ricerche pena la morte
Ricordiamo che non molto tempo prima, precisamente il 17 febbraio 1600
Il frate domenicano Giordano Bruno viene arso vivo in Campo de’ Fiori. Il filosofo e frate domenicano Giordano Bruno a Roma, in piazza Campo de’ Fiori, dopo l’arresto del filosofo avvenuto a Venezia il 23 maggio 1592 e il suo trasferimento nelle carceri romane dell’Inquisizione il 27 febbraio 1593. Il processo si concluse l’8 febbraio 1600 con la condanna al rogo per eresia eseguita in piazza Campo dei Fiori il 17 dello stesso mese.
rilievo di Ettore Ferrari, 1888
immagine dal Museo Alessandro Roccavilla, Biella
Galileo di fronte al Sant’Uffizio, dipinto di Joseph-Nicolas Robert-Fleury, 1850 ca
Il processo a Galileo Galilei, sostenitore della teoria copernicana eliocentrica sul moto dei corpi celesti in opposizione alla teoria geocentrica, sostenuta dalla Chiesa cattolica, iniziò a Roma il 12 aprile 1633 e si concluse il 22 giugno 1633 con la condanna per “veemente sospetto di eresia” e con l’abiura forzata delle sue concezioni astronomiche.
La condanna
Il giorno dopo, nella Sala capitolare del convento domenicano adiacente alla chiesa di Santa Maria sopra Minerva, viene letta in italiano, a un Galileo inginocchiato, la sentenza sottoscritta da sette inquisitori su dieci:
«Essendo che tu, Galileo fig.lo del q.m. Vinc.o Galilei, Fiorentino, dell’età tua d’anni 70, fosti denunziato del 1615 in questo S.o Off.o, che tenevi come vera la falsa dottrina, da alcuni insegnata, ch’il Sole sia centro del mondo e imobile, e che la Terra si muova anco di moto diurno; ch’avevi discepoli, a’ quali insegnavi la medesima dottrina; che circa l’istessa tenevi corrispondenza con alcuni mattematici di Germania; che tu avevi dato alle stampe alcune lettere intitolate Delle macchie solari, nelle quali spiegavi l’istessa dottrina come vera; che all’obbiezioni che alle volte ti venivano fatte, tolte dalla Sacra Scrittura, rispondevi glosando detta Scrittura conforme al tuo senso; e successivamente fu presentata copia d’una scrittura, sotto forma di lettera, quale si diceva esser stata scritta da te ad un tale già tuo discepolo, e in essa, seguendo la posizione del Copernico, si contengono varie proposizioni contro il vero senso e autorità della sacra Scrittura […]
Che il Sole sia centro del mondo e imobile di moto locale, è proposizione assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica, per essere espressamente contraria alla Sacra Scrittura;
Che la Terra non sia centro del mondo né imobile, ma che si muova eziandio di moto diurno, è parimente proposizione assurda e falsa nella filosofia, e considerata in teologia ad minus erronea in Fide.
Ma volendosi per allora procedere teco con benignità, fu decretato dalla Sacra Congre.ne tenuta avanti N.S. a’ 25 di Febr.o 1616, che l’Emin.mo S. Card. Bellarmino ti ordinasse che tu dovessi omninamente lasciar detta opinione falsa, e ricusando tu di ciò fare, che dal Comissario di S. Off.io ti dovesse esser fatto precetto di lasciar la detta dotrina, e che non potessi insegnarla ad altri, né difenderla né trattarne, al qual precetto non acquietandoti, dovessi esser carcerato; e in essecuzione dell’istesso decreto, il giorno seguente, nel palazzo e alla presenza del sodetto Eminen.mo S.r Card.le Bellarmino, dopo esser stato dall’istesso S.r Card.le benignamente avvisato e amonito, ti fu dal P. Comissario del S. Off.o di quel tempo fatto precetto, con notaro e testimoni, che omninamente dovessi lasciar la detta falsa opinione, e che nell’avvenire tu non la potessi tenere né difendere né insegnar in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto: e avendo tu promesso d’obedire, fosti licenziato.
E acciò che si togliesse così perniciosa dottrina, e non andasse più oltre serpendo in grave pregiudizio della Cattolica verità, uscì decreto della Sacra Congr.ne dell’Indice, col quale furono proibiti li libri che trattano di tal dottrina, e essa dichiarata falsa e omninamente contraria alla Sacra e divina Scrittura.
E essendo ultimamente comparso qua un libro, stampato in Fiorenza l’anno prossimo passato, la cui inscrizione mostrava che tu ne fosse l’autore, dicendo il titolo Dialogo di Galileo Galilei delli due Massimi Sistemi del mondo, Tolemaico e Copernicano; ed informata appresso la Sacra Congre.ne che con l’impressione di detto libro ogni giorno più prendeva piede e si disseminava la falsa opinione del moto della terra e stabilità del Sole; fu il detto libro diligentemente considerato, e in esso trovata espressamente la transgressione del predetto precetto che ti fu fatto, avendo tu nel medesimo libro difesa la detta opinione già dannata e in faccia tua per tale dichiarata, avvenga che tu in detto libro con varii ragiri ti studii di persuadere che tu lasci come indecisa e espressamente probabile, il che pur è errore gravissimo, non potendo in niun modo esser probabile un’opinione dichiarata e difinita per contraria alla Scrittura divina […]
E essendoti stato assegnato termine conveniente a far le tue difese, producesti una fede scritta di mano dell’emin.mo S.r Card.le Bellarmino, da te procurata, come dicesti, per difenderti dalle calunnie de’ tuoi nemici, da’ quali ti veniva opposto che avessi abiurato e fossi stato penitenziato, ma che ti era solo stata denunziata la dichiarazione fatta da N. S. e e pubblicata dalla Sacra Congre.ne dell’Indice, nella quale si contiene la dottrina del moto della terra e della stabilità del sole sia contraria alle Sacre Scritture, e però non si possa né difendere né tenere; e che perciò, non si facendo menzione in detta fede delle due particole del precetto, cioè docere e quovis modo, si deve credere che nel corso di 14 o 16 anni n’avevi perso ogni memoria, e che per questa stessa cagione avevi taciuto il precetto quando chiedesti licenza di poter dare il libro alle stampe […]
Invocato dunque il S.mo nome di N. S.re Gesù Cristo e della sua gloriosissima Madre sempre Vergine Maria; per questa nostra diffinitiva sentenza, qual sedendo pro tribunali, di consiglio e parere de’ RR Maestri di Sacra Teologia e Dottori dell’una e dell’altra legge, nostri consultori, proferimo in questi scritti nella causa e nelle cause vertenti avanti di noi tra il M.co Carlo Sinceri, dell’una e dell’altra legge Dottore, Procuratore fiscale di questo S.o Off.o, per una parte, a te Galileo Galilei antedetto, reo qua presente, inquisito, processato e confesso come sopra, dall’altra;
Diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiaramo che tu, Galileo suddetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S.o Off.o veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un’opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li suddetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma da noi ti sarà data.
E acciocché questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell’avvenire e essempio all’altri che si astenghino da simili delitti. Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de’ Dialoghi di Galileo Galilei.
Ti condanniamo al carcere formale in questo S.o Off.o ad arbitrio nostro; e per penitenze salutari t’imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta la settimana li sette Salmi penitenziali: riservando a noi facoltà di moderare, mutare o levar in tutto o parte, le sodette pene e penitenze.
E così diciamo, pronunziamo, sentenziamo, dichiariamo, ordiniamo e reservamo in questo e in ogni altro meglior modo e forma che di ragione potemo e dovemo […]»
(Sant’Uffizio, Sentenza di condanna di Galileo Galilei[13])
Pochi mesi dopo la condanna la pena venne tramutata in arresti domiciliari, che Galieo scontò fino alla morte presso la villa Il Gioiello ad Arcetri (Firenze). Per quanto riguarda la recita dei Salmi Penitenziali, lo scienziato chiese ed ottenne che li recitasse in sua vece la figlia Virginia, suora di clausura.
Dopo la lettura della sentenza Galileo abiurò:
«Io Galileo, figlio di Vincenzo Galileo di Fiorenza, dell’età mia d’anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l’eretica pravità generali Inquisitori; avendo davanti gl’occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l’aiuto di Dio crederò per l’avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la Santa Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma perché da questo Santo Officio, per aver io, dopo d’essermi stato con precetto dall’istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il Sole sia centro del mondo e che non si muova, e che la Terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere né insegnare in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d’essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l’istessa dottrina già dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto che il Sole sia centro del mondo e imobile e che la Terra non sia centro e che si muova;
pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d’ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li suddetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per l’avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonziarò a questo S. Offizio, o vero all’Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò.
Giuro anco e prometto d’adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo Santo Officio imposte; e contravenendo ad alcuna delle mie dette promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da’ sacri canoni e altre costituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m’aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani.
Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel Convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633.
Io Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria»
Il 1º luglio 1633 gli è concesso di trasferirsi a Siena nell’abitazione dell’amico arcivescovo Antonio Piccolomini, poi nella sua villa di Arcetri, in una sorta di arresti domiciliari. Nell’aprile del 1634 perde l’amata figlia Virginia, suor Maria Celeste.
Il 2 gennaio 1638 scrive all’amico Elia Diodati a Parigi di essere diventato cieco da un mese: «mentre che vo considerando che quel cielo, quel mondo e quello universo che io con mie maravigliose osservazioni e chiare dimostrazioni avevo ampliato per cento e mille volte più del comunemente veduto da’ sapienti di tutti i secoli passati, ora per me s’è sì diminuito e ristretto, ch’è non è maggiore di quel che occupa la persona mia». È assistito dal giovanissimo allievo Vincenzo Viviani.
Nel 1638 quando era già completamente cieco, pubblicò (a Leida, nei Paesi Bassi) il suo lavoro più importante: Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze. In essa tratta le leggi del moto e la struttura della materia.
È del 1640 la spinta decisiva data al suo allievo Bonaventura Cavalieri con la scoperta della proprietà caratteristica dell’infinito, che definisce come infinita una quantità che uguaglia una sua parte.
Il 15 novembre 1641 Pier Francesco Rinuccini scrive a Leopoldo de’ Medici che Galileo è «fermo nel letto da dieci giorni in qua con una febbriciattola lenta lenta [… ] Gli dà davvantaggio un gran dolor di rene. Questi mali, alla sua età, mi par che devano far temere della sua vita», e Benedetto Castelli, a Bonaventura Cavalieri, il 1º gennaio 1642 scrive di tenere «poco buone nuove del nostro venerabile Vecchio; e mi spaventa l’età grave, quando bene l’infermità, che pure è di considerazione, non fosse tanto grande».
Scrive il Viviani che Galileo morì l’8 gennaio 1642:
«a ore quattro di notte, in età di settantasette anni, mesi dieci e giorni venti […] il corpo suo fu condotto dalla villa di Arcetri in Firenze, e per commissione del nostro Serenissimo Gran Duca fatto separatamente custodire nel tempio di S. Croce, dove è l’antica sepoltura della nobil famiglia de’ Galilei, con pensiero di essergli augusto e suntuoso deposito in luogo più conspicuo di detta chiesa»
Il Sant’Uffizio si oppose tuttavia all’erezione di un monumento allo scienziato, che fu possibile edificare soltanto nel 1737, per raccogliere le spoglie di Galileo e del Viviani.
Nel gennaio 1648, esattamente sei anni dopo la morte di Galileo, scendeva nella tomba di famiglia nella stessa Basilica di Santa Croce di Firenze, a poche decine di metri di distanza dal sepolcro di Galileo, quel Tommaso Caccini, primo denunziante dello scienziato: nessuna lapide lo ricorda.
La prima vera riabilitazione dello scienziato da parte della Chiesa cattolica si può datare al 1822 da parte del papa riformatore Pio VII–
da :
https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_a_Galileo_Galilei
La basilica di Santa Maria sopra Minerva accanto alla quale si trovava il convento domenicano in cui avvenne la condanna e l’abiura di Galileo Galilei
Santa Maria sopra Minerva (Roma); Facciada
JTSH26 – Opera propria
Prende il nome dal tempio di Minerva Calcidica sui cui resti si credeva fosse stata edificata in età altomedievale. Fu ricostruita a cavallo tra ‘200 e ‘300 dai domenicani, modificando una chiesa precedente appartenuta alle monache greche di Campo Marzio. Nel ‘500 Giuliano da Sangallo modificò il coro e nel ‘600 Carlo Maderno ingrandì l’abside. A metà ‘800 vennero ripristinate le forme gotiche, ormai irrimediabilmente perse con gli interventi barocchi all’interno e in facciata. Oltre ai grandi capolavori, la chiesa conserva la lastra tombale del pittore Beato Angelico.
http://www.arte.it/guida-arte/roma/da-vedere/chiesa/basilica-di-santa-maria-sopra-minerva-130
La facciata e l’obelisco.
sonofgroucho – Flickr.com:
La basilica di Santa Maria sopra Minerva (latino: basilica Sanctae Mariae supra Minervam) è una basilica minore di Roma situata nel rione Pigna, in piazza della Minerva, nelle vicinanze del Pantheon.
Si tratta di uno dei pochissimi esempi di architettura gotica a Roma. La basilica ospita le spoglie di diversi personaggi importanti tra cui Caterina da Siena, proclamata dottore della Chiesa nel 1970, e del pittore mistico Beato Angelico, proclamato «Patrono universale degli artisti» nel 1984. Al suo interno conserva pregevoli opere d’arte tra cui gli affreschi di Melozzo da Forlì e Filippino Lippi.
Fu nel convento adiacente alla chiesa che, il 22 giugno 1633, il padre dell’astronomia moderna Galileo Galilei, sospettato di eresia, abiurò le sue tesi scientifiche.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_Santa_Maria_sopra_Minerva
Navata
Livioandronico2013 – Opera propria
dopo il restauro
L’organo Vegezzi Bossi
Tango7174 – Opera propria
UNO DEI DUE CHIOSTRI RIMASTI DEL CONVENTO DEI DOMENICANI COSTRUITO TRA IL 1280 E IL 1330– GLI AFFRESCHI SONO DEGLI INIZI DEL SEICENTO
foto dal Facebook ” I frati domenicani di Santa Maria sopra Minerva “, 21 febbraio 2017
INGRESSO AL CHIOSTRO SU PIAZZA DELLA MINERVA
FOTO DA:
I VIAGGI DI RAFAFELLA
http://iviaggidiraffaella.blogspot.com/2016/11/roma-il-chiostro-della-basilica-di.html
CHIOSTRO
PORTICI DEL CHIOSTRO
PORTA D’ACCESSO AL CONVENTO
UNA DELLE VOLTE DEL CHIOSTRO
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