VIDEO, REPUBBLICA, 11 giugno 2021 :: GIACARTA, INDONESIA – Gatto cade in un pozzo profondo 12 metri: l’intervento dei vigili del fuoco è decisivo. + Giacarta ( qcosa) + RITA PATAWANGI, Giacarta, Limes online, 8 luglio 2020

 

Siamo a Giacarta, Indonesia. Un gattino finisce accidentalmente all’interno di un pozzo d’acqua profondo 12 metri. Per salvarlo, i vigili del fuoco sono costretti a calarsi tempestivamente nella cavità attraverso delle funi. Dopo un difficile intervento, il felino viene messo in salvo e riconsegnato al suo padrone

Video Reuters

 

 

 

video, 2.00 minuti– REPUBBLICA DEL 11 GIUGNO 2021

https://video.repubblica.it/mondo/gatto-cade-in-un-pozzo-profondo-12-metri-l-intervento-dei-vigili-del-fuoco-e-decisivo/388911/389631?rss&ref=twhr

 

 

 

 

 

L'Indonesia cambierà capitale: Giacarta sprofonda - 16.08.2019, Sputnik Italia

 

 

Vettoriale - Mappa Politica Indonesia Con Capitale Giacarta, I Confini Nazionali E Importanti Città. Etichettatura Inglese E Il Ridimensionamento. Illustrazione. Image 45025032.

 

 

 

Cosa vedere a Giacarta, capitale dell'Indonesia - Viaggi nel Mondo

GIACARTA, INDONESIA, E’ LA CAPITALE

FOTO: https://www.viaggimondo.it/

 

 

 

giacarta indonesia

 

Giacarta, capitale dell’Indonesia, può apparire come un fantasma dalle nebbie che la avvolgono costantemente. Nebbie fatte di fumi di traffico, vapori vulcanici o di mare … velo grigiastro tra cui svettano i grattacieli altissimi e i quartieri poveri ai loro piedi.

Megalopoli da 10 milioni di abitanti, Giacarta (o Jakarta) occupa l’intera baia omonima sulla punta nord occidentale dell’isola di Giava.

La città sorge sorge in una insenatura del Mar di Giava, in una depressione con un’altezza media all’incirca di 7 metri sul livello del mare.

L’estensione di questa città è talmente grande da aver imposto una suddivisione in micro aree del suo abitato. Dunque oggi esistono “più città” di Giacarta e non una sola: Giacarta Centrale, formata da una spianata su cui sorgono agglomerati di piccole case; Giacarta Orientale, per metà formata da palafitte su paludi; Giacarta Settentrionale, quella più moderna e in costante espansione; la zona Meridionale, zona commerciale per eccellenza; infine Giacarta Occidentale, la parte più frammentaria.

 

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Giacarta affonda: il governo indonesiano cerca una nuova capitale - Wired

 

FOTO DA :

 

https://www.wired.it/attualita/ambiente/2019/05/29/giacarta-affonda-governo-indonesiano-nuova-capitale/

 

LIMES ONLINE, 8 LUGLIO 2020

https://www.limesonline.com/cartaceo/di-giacarta-ce-ne-una-sola

 

DI GIACARTA CE N’È UNA SOLA

 

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Dettaglio di una carta di Laura Canali. La versione integrale nell’articolo.

 

 

 8/07/2020

L’antica Batavia, oggi megalopoli da 30 milioni di anime, è un centro politico-economico senza rivali in Indonesia. Sacco edilizio e connessi squilibri socio-ambientali spingono il governo al trasferimento della capitale nel Borneo. Ma la città resterà fulcro del paese.

di DI GIACARTA CE N’È UNA SOLA

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Dettaglio di una carta di Laura Canali. La versione integrale nell’articolo.

 

 8/07/2020

L’antica Batavia, oggi megalopoli da 30 milioni di anime, è un centro politico-economico senza rivali in Indonesia. Sacco edilizio e connessi squilibri socio-ambientali spingono il governo al trasferimento della capitale nel Borneo. Ma la città resterà fulcro del paese.

 

di Rita Padawangi

 

Pubblicato in: L’INDO-PACIFICO NON È PACIFICO – n°6 – 2020
INDONESIA, ASEAN, SCONTRO USA-CINA, OCEANO PACIFICO, MARI

1. Tra il IV e il V secolo lo Stato che oggi conosciamo con il nome di Indonesia – un territorio che abbraccia oltre 17 mila isole e la cui popolazione supera i 267 milioni di abitanti – era frammentato in una moltitudine di centri economici e politici. Nel Nord dell’isola di Giava, dove ora sorge una delle megalopoli più densamente popolate del globo, regnava la monarchia indù di Taraumanagara. Diverse iscrizioni su pietra conservate nei secoli segnalano che l’area dell’odierna Giacarta ospitò la capitale del regno sotto il sovrano Purnawarman, per poi assurgere a porto commerciale con i buddhisti Srivijaya. Lo snodo portuale dell’epoca era denominato Sunda Kelapa – a indicare l’area della Giava occidentale dove crescevano le piante di cocco tipiche della zona costiera – e viveva dello scambio delle eccedenze agricole prodotte da una popolazione in larga parte contadina.

 

 

I primi europei a giungere nel regno di Sunda e ad assumere il controllo dei suoi porti furono i portoghesi, nel 1522.

Riconquistata da Fatahillah – comandante del sultanato di Demak – nel 1527, l’insenatura soggiacque al dominio di vari regnanti fino ai primi del Seicento.

Fu allora che il principe Jayawikarta concesse alla Vereenigde Oostindische Compagnie (la Compagnia olandese delle Indie orientali) il permesso di costruire insediamenti e magazzini sulla sponda est del fiume Ciliwung. Dall’altra parte del corso d’acqua sorgeva la città della «grande vittoria»: Jayakarta, o Giacarta. La Compagnia ottenne piena autorità sul porto di Sunda Kelapa nel 1619; nel 1621, sfruttando un conflitto in atto tra il principe Jayawikarta e il sultanato di Banten, sulle ceneri della città distrutta gli olandesi fondarono un nuovo centro: Batavia.

 

La Vereenigde Oostindische Compagnie governò sulla regione fino al 1799, quando andò in bancarotta e i suoi beni furono confiscati dal governo olandese. L’isola di Giava divenne ufficialmente colonia dei Paesi Bassi, con Batavia tra i principali centri economici. Al porto di Sunda Kelapa si aggiunse quello di Tanjung Priok, ancora oggi il più importante della città. Sotto l’amministrazione coloniale l’antica Jayakarta rimaneva utile per esportare prodotti agricoli verso i mercati europei. La città portuale di Surabaya la superava però in grandezza e rilevanza per via della posizione strategica e dell’utile porto naturale, ideale per scambiare prodotti industriali e agricoli.

 

Surabaya resta oggi il secondo centro urbano più popoloso dell’Indonesia (3 milioni di abitanti), subito prima di Bandung (2,4 milioni). Numeri scarsamente comparabili a quelli di Giacarta, in cui vivono 10 milioni di anime. Molto più grande rispetto alla Batavia coloniale, l’odierna capitale include anche gli insediamenti di Weltevreden a sud e di Jatinegara a est, per un totale di 662 chilometri quadrati. La popolazione della metropoli non fa che crescere, alimentata da una forte immigrazione interna e dall’arrivo di grandi aziende nazionali ed estere che vi situano il loro quartier generale indonesiano. Secondo le stime, due terzi dell’economia nazionale fanno capo a Giacarta 1. Questa tendenza ha cominciato a consolidarsi negli anni Settanta con la rapida costruzione di infrastrutture urbane e di un centro manifatturiero nel settore orientale, come previsto dai primi piani urbanistici dopo l’indipendenza (dichiarata nel 1945).

 

Il flusso migratorio era ed è attratto dalle opportunità di lavoro e dal parallelo sottosviluppo del resto del paese. La crescita della popolazione non è andata però di pari passo con l’offerta di alloggi a prezzi accessibili. I vecchi quartieri, noti come kampung e considerati alla stregua di baraccopoli, hanno raggiunto altissimi livelli di densità abitativa per effetto dei nuovi arrivi. L’acquisto di grandi appezzamenti edificabili da parte di facoltosi imprenditori privati minaccia i kampung, spingendone gli abitanti verso le più economiche periferie. Gli intensi investimenti e la forte domanda di nuovi spazi, servizi e infrastrutture – dagli alloggi ai mezzi di trasporto – alimenta la proliferazione del tessuto urbano: la popolazione della città non aumenta al ritmo vertiginoso degli anni Settanta, ma i centri limitrofi – Depok, Bogor, Bekasi, Tangerang – sono cresciuti esponenzialmente fino a formare la megaconurbazione di Jabodetabek, che conta ben 30 milioni di abitanti.

 

2. Giacarta è sede del governo nazionale e gode dello status di Regione speciale. A capo della città sta un governatore il cui ruolo è simile a quello di un normale sindaco, senonché a lui rispondono cinque sindaci con potere amministrativo – per Giacarta Nord, Giacarta Ovest, Giacarta Centro, Giacarta Est e Giacarta Sud – e un bupati, responsabile della reggenza delle Mille Isole. Le decisioni relative alla pianificazione urbana sono prese a livello provinciale o nazionale, a seconda dei casi.

 

Prima del decentramento politico deciso nel 2002, il governatore veniva scelto direttamente dal presidente e rappresentava la visione governativa della capitale, piuttosto che le richieste dei suoi abitanti. Dal primo voto del 2007 la città ha avuto tre governatori direttamente eletti; altri due – Basuki Tjahaja Purnama e Djarot Saiful Hidayat – hanno ricoperto l’incarico in quanto vice di governatori dimessisi. Oltre a riformare il processo elettorale, la riforma ha concesso ai governi locali maggior potere di spesa. Essendo la più grande città dell’Indonesia nonché il centro del potere economico, il bilancio di Giacarta surclassa nettamente quello delle altre città indonesiane. Nel 2019 ammontava a circa 6,3 miliardi di dollari: oltre nove volte quello di Surabaya (poco meno di 700 milioni), anche se la popolazione di Giacarta è «solo» il triplo.

 

La più recente corsa per il posto di governatore della capitale, nel 2017, ha coinciso con un’impennata del numero di indonesiani che utilizzano i social media (106 milioni i soli utenti di Facebook) 2; i candidati hanno dunque sfruttato il web per mobilitare i volontari e creare consenso con slogan fortemente identitari. Due i contendenti principali: il governatore uscente Basuki Tjahaja Purnama (detto Ahok), cinese d’origine, già vicegovernatore sotto Joko Widodo e suo successore nel 2014, dopo l’elezione di Widodo a presidente dell’Indonesia. Anies Baswedan, ex ministro dell’Istruzione e membro della squadra elettorale di Widodo, musulmano ed etnicamente hadrami-giavanese-sundanese. I media nazionali e stranieri hanno dipinto la campagna come una sfida a sfondo etnico-religioso: l’identità di Purnama, membro di una doppia minoranza, era considerata motivo di debolezza, malgrado l’alto tasso di approvazione della sua amministrazione (attorno al 70%). In effetti, anche con il supporto del presidente Widodo, Purnama non solo ha perso la corsa ma è stato condannato a due anni di prigione per blasfemia 3.

 

L’asperità del confronto politico nel 2017 e l’appoggio di Widodo ad Ahok hanno continuato ad avvelenare i rapporti tra l’amministrazione di Giacarta e il governo nazionale, incidendo sulla gestione della recente epidemia. La capitale è emersa quale epicentro nazionale del virus, in quanto più esposta al resto del mondo. Il paese ha uno dei più bassi rapporti al mondo tra test effettuati e popolazione, il che getta molti dubbi sui bassi numeri dei contagi dichiarati nello Stato più popoloso del Sud-Est asiatico 4.

 

Il governo Widodo ha più volte boicottato le proposte di Beswadan, arrivando a rigettare la richiesta del governatore di isolare la capitale e adottare misure di distanziamento fisico 5. Ha inoltre compromesso il sistema di raccolta dei dati epidemiologici di Giacarta, perché difforme dai numeri del governo. Beswadan, a sua volta, ha denunciato l’incapacità del governo centrale di controllare i contagi, dichiarando che i veri numeri sarebbero molto più alti 6. In queste circostanze, alcuni gruppi spontanei si sono organizzati per affrontare le sfide socioeconomiche indotte dall’epidemia. Sono oltre 500 le campagne di finanziamento collettivo sulla piattaforma kitabisa.com, con oltre 1,4 milioni di dollari in aiuti a poveri, tassisti e operatori sanitari 7.

 

Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali

 

 

 

Le disuguaglianze portate alla luce dalla crisi sanitaria sono capillari.

 

I più vulnerabili al virus e al suo impatto economico sono lavoratori pagati a giornata, autisti e casalinghe. Il 35% degli abitanti di Giacarta è inoltre composto da affittuari, la metà dei quali fatica ora a pagare la pigione per alloggi che nel 44% dei casi offrono meno di 10 metri quadrati a persona 8, rendendo pressoché impossibile il distanziamento. Sono 445 le zone della capitale classificate come baraccopoli, di cui 15 ad alta densità 9. In queste aree, il telelavoro è difficilmente praticabile, se non impossibile. In questo quadro, ha fatto discutere quanto affermato il 27 marzo dal portavoce del ministero della Salute, secondo cui «i poveri dovrebbero proteggere i ricchi non infettandoli»: un’uscita che illustra plasticamente la superficialità con cui il tema della disuguaglianza socioeconomica sia trattato dalla politica.

 

 

3. A partire dagli anni Ottanta, la crescita del mercato immobiliare indonesiano è andata di pari passo con il declino del settore petrolifero che aveva trainato l’economia nazionale nel decennio precedente 10. Nel 1992 il governo invitò privati a costruire edifici in proporzione 1:3:6 – per ogni immobile di pregio andavano costruiti tre alloggi di classe media e sei abitazioni popolari. La proporzione è stata modificata nel 2012 in 1:2:3; ciò nonostante, in corso d’opera molti violano platealmente la prescrizione, preferendo gli immobili grandi e medi e contando sulla quasi totale assenza di controlli 11.

 

A Giacarta il mercato dell’edilizia privata ha sfruttato la massiccia riqualificazione del suolo pubblico per espandersi. La trasformazione di terreni agricoli in complessi industriali e abitativi si è tradotto, nelle periferie, nel «modello desakota» in cui tracce di economia agraria permangono tra le pieghe di industria e terziario 12. Nel grosso dei casi, le aree periurbane si devono accontentare di infrastrutture minime, a meno che costruttori o industriali non ne finanzino l’espansione 13.

 

L’asistematicità urbanistica investe anche le aree centrali. La trasformazione fondiaria a Giacarta è rapida perché il mercato richiede sempre più distretti residenziali e commerciali, il che porta allo stravolgimento degli insediamenti storici. Soprattutto i quartieri storicamente poveri o operai, dove molti abitanti non sono in possesso di atti di proprietà validi 14. In alcune aree, la riconversione si traduce in uno stridente contrasto tra i nuovi prestigiosi distretti e i quartieri sfuggiti al riassetto, pullulanti di edifici più bassi e vecchi. Altrove, come nel caso del Sudirman Central Business District, il mercato si prende tutta la zona, cancellando la storia. Il processo può durare anni: ancora nel 2013, ad esempio, a Kuningan poche aziende agricole resistevano non lontano dai grattacieli del centro. Oggi non ve n’è più traccia: il posto è stato preso dal Mega Kuningan, un complesso commerciale con hotel a cinque stelle.

 

La crescita esponenziale della capitale dopo l’industrializzazione degli anni Settanta ha rappresentato una sfida anche per i trasporti. Secondo l’Ufficio statistico indonesiano, nel 2015 erano circa 1,38 milioni i pendolari che ogni giorno si spostavano verso il cuore economico del paese, 700 mila dei quali dipendevano dalle ferrovie che connettono la capitale a Tangerang, Depok, Bogor e Bekasi. Un progetto di treni ad alta velocità (Mass Rapid Transit Train System) è stato lanciato soltanto nel 2019, malgrado se ne discutesse dagli anni Settanta. La scelta di privilegiare le infrastrutture viarie è da leggersi come un favore all’industria automobilistica, che al tempo stava prendendo piede 15. Giacarta figura oggi tra le città più congestionate del mondo 16, con una pessima qualità dell’aria da imputare ai giganteschi ingorghi stradali.

 

Per decenni nella capitale la gestione privata degli autobus ha impedito la creazione di un sistema di trasporto pubblico integrato. Si è tentato di ovviare al problema nel 2004 con l’istituzione del primo sistema di Bus Rapid Transit del Sud-Est asiatico, oggi ritenuto indispensabile e pertanto progressivamente ampliato. Tra il 2016 e il 2019 la città è riuscita ad aumentare del 200% il numero di passeggieri che usa i mezzi pubblici. Ciò non ha però liberato Giacarta dalla morsa del traffico automobilistico, che resta tra i peggiori del mondo 17. I poteri politici ed economici hanno da tempo imparato a negoziare l’attuazione dei piani regolatori per piegarli ai propri interessi. A pagarne le conseguenze è la sostenibilità ambientale e sociale di questo impetuoso sviluppo.

 

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Il primo piano urbanistico della città, Rencana Induk Jakarta, fu pensato per il ventennio 1965-85 ed era assai bilanciato. Contemperava crescita urbana, trasporti pubblici e aree verdi, nonché l’impatto della crescita urbana di Giacarta sulle aree circostanti, oltre i suoi confini amministrativi 18. Pensato per una città che nel 1985 doveva raggiungere i 6,5 milioni di abitanti, il piano includeva anche strategie di mitigazione delle alluvioni tramite la costruzione di dighe, bacini e canali irrigui. Tali ambizioni furono frustrate dal secondo piano regolatore, Rencana Umum Tata Ruang Jakarta, che copriva il periodo 1985-2005: il trasporto pubblico venne drasticamente ridimensionato, «la pianificazione, nella pratica, fu ignorata» 19 e nel 1994 il governo centrale concesse a un consorzio di costruttori privati il permesso di edificare la costa nord-occidentale della capitale, in precedenza designata foresta protetta. Da allora, almeno trenta 20 tra emendamenti e violazioni del piano 1985-2005 hanno fortemente ridotto le aree protette 21.

 

Particolarmente evidenti sono stati i cambiamenti che hanno interessato la costa settentrionale nel piano successivo, Rencana Tata Ruang Wilayah Jakarta (2000-10), che al contrario del precedente prevedeva il recupero di terreni al largo della costa e la costruzione di una gigantesca diga marittima per mitigare le inondazioni. Il risultato, lì come a sud, è stata l’eliminazione di aree verdi per far spazio a edifici residenziali. Oggi il verde copre solo il 14% del territorio urbano, lo sconfinamento immobiliare nei bacini idrografici di Kelapa Gading e Sunter (a nord) ha aumentato il rischio di inondazioni nella stagione delle piogge, mentre lo sradicamento delle mangrovie sulla costa settentrionale causa maggiori allagamenti durante l’alta marea. Situata sulla costa, affacciata su una baia in cui sboccano tredici fiumi, l’antica Batavia è sempre più esposta agli allagamenti con il degrado dei sistemi fluviali e la conversione dei piccoli laghi naturali in zone edificate o discariche. Nel 2004 vi erano 240 di questi laghi, che coprivano un’area totale di 2.337 ettari; nel 2009 erano scesi a 184, per 1.462 ettari; di questi, soltanto 19 funzionano ancora come dovrebbero, mentre gli altri hanno una capacità significativamente ridotta 22.

 

Negli ultimi vent’anni, Giacarta ha subìto diverse grandi inondazioni. La più devastante è stata quella del 2007: il 75% della città è finita sott’acqua, 500 mila residenti hanno dovuto abbandonare le proprie case e in 48 hanno perso la vita 23. Quest’anno, le precipitazioni estreme hanno già causato 9 morti e 30 mila evacuati. A fare le spese di questi eventi sono in misura sproporzionata i più poveri, sovente sfollati dalle proprie abitazioni 24. In seguito agli allagamenti vengono rispolverati progetti di canalizzazione fluviale sulla falsariga di quelli attuati dagli olandesi ai tempi di Batavia, ma sono molti a sottolineare che, con l’attuale livello di urbanizzazione dell’area, tale approccio potrebbe peggiorare la situazione, in quanto gli argini ridurrebbero ulteriormente gli spazi verdi.

 

Anche i rifiuti sono un problema serio: gran parte della spazzatura di Giacarta viene trasportata nella discarica aperta di Bekasi, causando problemi di salute alla popolazione locale. Il governo ha avviato una politica di compensazione monetaria, ritenuta però inadeguata e segno dell’obiettiva disparità tra la capitale e le città limitrofe di fronte al potere nazionale.

 

4. Sapere con certezza quanti siano i poveri a Giacarta è impossibile. Secondo le statistiche ufficiali è circa il 3,5% della popolazione metropolitana, pari a oltre 300 mila persone 25. La cifra esclude però chi non figura quale abitante della capitale, come i molti migranti che ci vivono stabilmente ma risultano residenti nelle aree di provenienza.

 

La disuguaglianza sociale non attiene solo al divario economico: «La frammentazione, le enormi distanze e le barriere sociali limitano l’accesso di molti a risorse e servizi fondamentali» 26. Benché tra i motivi del decentramento vi fosse il maggior coinvolgimento degli abitanti nelle decisioni locali, il governo cittadino si è rifiutato di ascoltare i bisogni dei gruppi emarginati 27. Si moltiplicano così gli sgomberi forzati e la riduzione degli spazi concessi ai venditori ambulanti, ai conducenti di becak (risciò) e ai pescatori (penalizzati anche dall’inquinamento della baia).

 

A compensare in parte la miopia delle autorità vi è un fitto sottobosco di associazioni indipendenti. Dalla fine della dittatura militare nel 1998, Giacarta è divenuta il fulcro dei movimenti più disparati, tra cui organizzazioni non governative come Legal Aid Foundation, Urban Poor Consortium, Urban Poor Network e Humanitarian Volunteer Network. Questi gruppi non hanno l’autorità e le risorse necessarie a costruire grandi infrastrutture, ma danno vita a iniziative nei quartieri operai e nei kampung,cercano di opporsi a progetti che esacerbano le disparità economiche e creano reti capillari organizzative. Ne sono esempio la lotta (infine vinta nel 2017) dei conducenti di becak contro il divieto governativo di esercitare nelle aree residenziali, o i movimenti contro gli sgomberi forzati, alcuni dei quali (come l’Anak Kali Ciliwung o le comunità di Kampung Akuarium e Bakit Duri) sono riusciti a sventare o a ritardare gli sfratti.

 

Nell’aprile 2019 il governo nazionale ha annunciato un piano per spostare la capitale sull’isola di Kalimantan, ricostruendola quasi da zero. L’idea di trasferire l’amministrazione nazionale per alleviare la pressione su Giacarta e sull’isola di Giava non è nuova: già Sukarno aveva valutato la possibilità. Nel contesto del deterioramento ecologico, il piano è stato accolto con grande entusiasmo dalla cittadinanza della capitale. Non è però chiaro se esso ridurrebbe davvero la pressione demografica su Giacarta. Si tratterebbe infatti solo di trasferire l’amministrazione, mentre la metropoli resterebbe il centro dell’economia e del commercio nazionali. Pertanto, i suoi problemi rimarrebbero verosimilmente invariati.

 

 

Carta di Laura Canali, 2020Carta di Laura Canali, 2020

 

Giacarta è sempre stata un centro storicamente significativo in termini di scambi e concentrazione di potere. Le sue difficoltà sociali e ambientali sono in continua evoluzione. La metropoli è colma di complessità e contraddizioni, costantemente plasmata da forze politiche ed economiche che ne ridisegnano il volto. Il tentativo di spostare la capitale a Kalimantan potrebbe minare la sua importanza come sede del potere politico, ma le dinamiche dello sviluppo urbano difficilmente cambieranno a breve. Ad assicurarsi che l’antica Batavia non perda la sua storica centralità socioeconomica ci penseranno i differenti attori che ne hanno sin qui influenzato la traiettoria.

(traduzione di Viola Stefanello)

 

 

 

Note:

1. S. Wilmar, B. Kombaitan, «Jakarta», City, 13, 1, 2009, pp. 120-128.

2. M. Lim, «Jakarta Freedom to Hate: Social Media, Algorithmic Enclaves, and the Rise of Tribal Nationalism in Indonesia », Critical Asian Studies, 49, 3, 2017, p. 411-427.

3. A. Savirani, E. Aspinall, «Adversarial Linkages: The Urban Poor and Electoral Politics in Jakarta», Journal of Current Southeast Asian Affairs, 36, 3, 2017, pp. 3-34.

4. A. Pinandita, «Indonesia to revise “overall data” on COVID-19 cases as govt scrambles to ramp up testing», The Jakarta Post, 6/5/2020.

5. S. Jaffrey, «Coronavirus Blunders in Indonesia Turn Crisis into Catastrophe», Carnegie Endowment for International Peace, 29/4/2020.

6. J. Massola, «“Not Allowed to do Testing”: Governor Says Jakarta was Tracking COVID-19 Cases in January», Sydney Morning Herald, 7/5/2020.

7. R. Fachriansyah, «Indonesians Show Generosity in Crowdfunding Initiatives to Fight COVID-19», The Jakarta Post, 24/03/2020.

8. «Dampak Ekonomi-Sosial di Era Pandemik COVID-19», conferenza online, Lokaturu Foundation.

9. A. Nurbaiti, Suherdjoko, «Tests Show Coronavirus Infection in Densely Populated Areas», The Jakarta Post, 8/5/2020.

10. M. Douglass, G.W. Jones, Mega-Urban Regions in Pacific Asia: Urban Dynamic in a Global Era, Singapore 2008, Singapore University Press.

11. S. Herlambang, «Spatial Justice and the Development of New Towns in Jakarta», articolo presentato al corso di Spatial Justice presso l’Università di Tarumanagara, 25-26/1/2013.

12. T.G. McGee, « The Emergence of Desakota Regions in Asia: Expanding a Hypothesis», in N. Sydney Ginsburg, B. Koppel, T.G. McGee (a cura di), Extended Metropolis: Settlement Transition in Asia, Honolulu 1991, University of Hawaii Press, pp. 3-35.

13. K.S. Yap, «Peri-Urban Transformations in Southeast Asia», in R. Padawangi (a cura di), Routledge Handbook of Urbanisation in Southeast Asia, London-New York 2019, Routledge, pp. 31-42.

14. A. Kusno, «Provisional Notes on Semi-Urbanism», in R. Padawangi (a cura di), op. cit., pp. 75-89.

15. H. Yuliawati, G. Fauzi, «Jalan Tol Keluarga Cendana et Warisan Kemacetan Orde Baru», Cnn Indonesia, 15/9/2016.

16. N. van Mead, «The World’s Worst Traffic: Can Jakarta Find an Alternative to the Car?», The Guardian, 23/11/2016.

17. R. Hutabarat Lo, «Rationality and Transport in Greater Jakarta», in J. Hellman, M. Thynell, R. van Voorst (a cura di), Jakarta: Claiming Spaces and Rights in the City, London-New York 2019,  Routledge, pp. 75-103.

18. Ibidem.

19. Ibidem.

20. Ibidem.

21. D. Rukmana, «The Change and Transformation of Indonesian Spatial Planning after Suharto’s New Order Regime: The Case of the Jakarta Metropolitan Area», International Planning Studies, 20, 4, 2015, pp. 1-21.

22. R.K. Adhi, Banjir Kanal Timur: Karya Anak Bangsa, Giacarta 2010.

23. R. Padawangi, M. Douglass, «Water, Water Everywhere: Toward Participatory Solutions to Chronic Urban Flooding in Jakarta», Pacific Affairs, 88, 3, 2015, pp. 517-550.

24. Ibidem.

25. «Jakarta: Urban Challenges in a Changing Climate», Mayor’s Task Force on Climate change, Disaster Risk & The Urban Poor, Banca mondiale.

26. M. Thynell, «Urban Inequality in a Fragile Global City: The Case of Jakarta», in J. Hellman, M. Thynell e R. van Voorst (a cura di), op. cit., pp. 15-40.

27. R. Padawangi, «In Search of Alternative Development in Post-Reformasi Jakarta», in J. Hellman, M. Thynell, R. von Voorst, op. cit., pp. 173-194.

Pubblicato in: L’INDO-PACIFICO NON È PACIFICO – n°6 – 2020
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