Paolo Berizzi @PBerizzi–IL SUICIDIO DI SEID VISIN, 20 ANNI / LA LETTERA / + IL FATTO QUOTIDIANO DEL 6 GIUGNO 2021

 

 

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“Sento gli sguardi schifati per il colore della mia pelle. Quando mi vedono citano Mussolini e CasaPound”. Dalla lettera di addio di #SeidVisin. Giocava nelle giovanili del #Milan. Si è tolto la vita a 20 anni. Italia 2021. Continuate pure a girare la faccia dall’altra parte.

 

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IL FATTO QUOTIDIANO DEL 5 GIUGNO 2021

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/05/seid-visin-la-lettera-sul-razzismo-subito-dal-calciatore-morto-suicida-a-20-anni-sguardi-schifati-per-il-colore-della-mia-pelle/6220987/#

 

 

Seid Visin, la lettera sul razzismo subito dal calciatore morto suicida a 20 anni: “Sguardi schifati per il colore della mia pelle”

Seid Visin, la lettera sul razzismo subito dal calciatore morto suicida a 20 anni: “Sguardi schifati per il colore della mia pelle”

Il ragazzo, che aveva giocato nelle giovanili di Milan, Inter e Benevento, aveva scritto tempo fa una lettera, di cui il Corriere della Sera pubblica alcuni stralci, in cui parlava della discriminazione vissuta in prima persona

 

di F. Q. | 5 GIUGNO 2021

 

Una lettera straziante, consegnata tempo fa ad alcuni amici e alla sua psicoterapeuta, in cui faceva affiorare nero su bianco il dolore per il razzismo vissuto quotidianamente sulla sua pelle.

Seid Visin, 20enne di origini etiopi, si è suicidato nella sua casa a Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, dove è stato ritrovato senza vita. Si era trasferito in Italia a soli 7 anni, adottato da una famiglia della città campana in cui viveva e aveva giocato nelle giovanili di Inter, Milan e Benevento.

Una carriera professionistica abbandonata nel 2016 e una vita segnata dagli “sguardi schifati per il colore della mia pelle“. Lo scrive di suo pugno, in una lettera riportata dal Corriere della Sera che dà conto della discriminazione che il giovane ha dovuto affrontare. E che pesava tantissimo.

La lettera – “Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone”, scrive Seid, ricordando quanto quelle occhiate gli ricordassero che il colore della sua pelle instillasse – ad esempio – il dubbio che fosse un ladro nei negozi, o un borseggiatore sui mezzi pubblici.

Nella lettera Seid rivendicava poi di non essere “un immigrato”, visto che la sua storia in Italia inizia con l’adozione a soli 7 anni. Allora, continua “ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sembra che si sia capovolto tutto”.

Un capovolgimento determinato da espliciti atti di razzismo: “Ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro”.

 

Gesti di discriminazione che l’hanno portato a una svolta interiore, alla vergogna “di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, bianco”.

Paura che avevano portato Seid a fare “battute di pessimo gusto su neri e immigrati (…) come a sottolineare che non ero uno di loro. Ma era paura. La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati”. Ma alla fine della lettera, intrisa di dolore, Seid chiarisce che quello che prova e che vive sulla sua pelle non è nulla rispetto “all’oceano di sofferenza che sta vivendo chi preferisce morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno. Quelle persone che rischiano la vita, e tanti l’hanno già persa, solo per annusare, per assaggiare il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente ‘Vita’”.

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