Emmanuel Saez, Gabriel Zucman
Il trionfo dell’ingiustizia
Come i ricchi evadono le tasse e come fargliele pagare
Oggi nel mondo i ricchi pagano meno tasse dei poveri. Su questa plateale ingiustizia Saez e Zucman offrono uno sguardo onesto e schietto. Con un’indagine quasi poliziesca sui sistemi di tassazione e sui cambiamenti che hanno subito nel corso dei decenni, fondono storia e acuta analisi economica. Ma fanno di piú: aprono la strada a nuove proposte. Perché far pagare le tasse ai ricchi si può e si deve, per ridurre l’imperante disuguaglianza globale. Con chiarezza e una prosa brillante spiegano fenomeni come la spirale di competizione sulle tasse tra le diverse nazioni oppure la crescita di una nuova industria per aggirare le tasse; e come tutto questo concorra a creare nelle singole nazioni sistemi oligarchici e plutocratici, in cui i ricchi pagano poco e i poveri sono sommersi dalle tasse. Lanciando un grido d’allarme, questi due giovani e talentuosi economisti propongono una reinvenzione visionaria, democratica e pratica della tassazione che permetta alla giustizia di trionfare in tutti i campi della società.
RECENSIONE :
IL FATTO QUOTIDIANO DEL 19 OTTOBRE 2020
“Fisco, aumenti dell’Iva e tasse sulla casa fanno il gioco dei super-ricchi”
L’intervista – Gabriel Zucman – L’economista francese
di Alessandro Bonetti | 19 OTTOBRE 2020
Se continua così, finisce male. Si può riassumere così quel che dice al Fatto Gabriel Zucman, 33enne economista francese trapiantato a Berkeley che, col connazionale e collega nell’ateneo californiano, Emmanuel Saez, ha scritto un libro per dimostrare come sia possibile costruire un’alternativa all’attuale sistema fiscale: Il trionfo dell’ingiustizia (Einaudi), appena tradotto in italiano.
Il New York Times ha documentato che Trump paga pochissime tasse. È un caso isolato fra i ricchi Usa o è la regola generale?
Non è un caso isolato: per i miliardari è facile possedere enormi ricchezze e strutturarle in modo da avere poco imponibile. Warren Buffett nel 2015 ha avuto 10 milioni di dollari di reddito tassabile: nulla paragonato ai 60 miliardi della sua ricchezza totale.
Nel 2018 i 400 americani più ricchi hanno avuto un’aliquota fiscale effettiva del 23% , quella media era del 28%.
Insomma, il sistema fiscale Usa ha un’enorme flat tax: tutti i gruppi della popolazione pagano in tasse quasi la stessa quota del reddito, tranne il very top, che paga meno.
Come si è arrivati a questa situazione?
Gli Usa storicamente avevano un sistema fiscale molto progressivo. Le cose iniziarono a cambiare negli anni Ottanta, sia per i cambiamenti ideologico-politici, sia per lo sviluppo di una vera e propria industria dell’elusione e dell’evasione. Tutto cambiò quando arrivò Reagan: “Il governo non è la soluzione, è il problema”.
Questo legittimò e fece esplodere l’elusione fiscale. Col loro dilagare, si crea scoraggiamento: i politici pensano che sia impossibile tassare i ricchi e che l’unica cosa fattibile sia tagliargli le aliquote e tappare le scappatoie fiscali. Così muore la progressività. C’è la stessa situazione nell’Ue. Si è diffusa l’idea che non si possa fare niente e che l’unica via sia emulare i paradisi fiscali.
Ma una giustizia fiscale globale è possibile?
Certo che sì! Quando si parla di tassazione non c’è alcuna legge naturale. Non c’è nessuna ragione per cui la tassa societaria debba scomparire e quella sul reddito diventare meno progressiva o per cui sia impossibile tassare la ricchezza. Nella globalizzazione contemporanea non c’è alcuna forma di coordinamento fiscale, ma si potrebbero avere armonizzazione delle tasse, scambio di informazioni, nuove istituzioni che promuovono la trasparenza finanziaria. Se invece globalizzazione significa tasse sempre più basse per le multinazionali e i loro azionisti e tasse sempre più alte per le piccole imprese, i pensionati e i lavoratori a basso reddito, allora non è sostenibile né economicamente né politicamente.
Una patrimoniale sarebbe un modo per tassare i ricchi o finirebbe per colpire solo la classe media?
Bisogna avere una visione ampia della tassazione della ricchezza. La tassa sul patrimonio immobiliare, ad esempio, ne è una forma arcaica e regressiva. Colpisce solo gli immobili, che sono una grande frazione della ricchezza per la classe media e una piccola per i ricchi, il cui patrimonio è in gran parte fatto di attività finanziarie e partecipazioni industriali. Una tassa sugli immobili colpirebbe soprattutto la classe media.
E l’aumento dell’Iva? È “giusto”?
L’Iva è un onere pesante per le classi popolari e il ceto medio, mentre è un piccolo peso per gli straricchi. Continuare sul sentiero di più imposte sui consumi e meno tasse sui profitti può generare rivolte, come in Francia con i gilet gialli. È una strada pericolosa e non è vero che è l’unica percorribile.
Allora come fare? Molti dicono che alzare le tasse non è possibile perché i capitali fuggirebbero altrove. I controlli sui capitali possono essere una soluzione?
Non abbiamo bisogno di controlli sui capitali. Ci servono informazione e cooperazione, ma soprattutto volontà politica. Per esempio, l’Italia può riuscire a tassare le multinazionali anche da sola. Potrebbe calcolare il tax deficit di ogni multinazionale che ha clienti entro i suoi confini e farlo pagare alle singole multinazionali. Il tax deficit è la differenza fra quanto una multinazionale paga davvero in tasse globalmente e quanto dovrebbe pagare se fosse soggetta in ogni Paese a una certa aliquota minima. Non c’è neanche bisogno di un accordo internazionale. E poi se l’Italia mettesse in pratica questo sistema, altri Paesi la emulerebbero e ci si muoverebbe rapidamente verso un’altra forma di globalizzazione. Quando molti grandi Paesi inizieranno a raccogliere i tax deficit, diventerà inutile per le multinazionali spostare i profitti nei paradisi fiscali. La corsa al ribasso diventerà corsa al rialzo. I Paesi competeranno ancora gli uni con gli altri, ma offrendo migliori infrastrutture, scuole, università.
Le tasse hanno un significato politico?
Tassazione significa mettere insieme risorse: è ciò che definisce una nazione e rende possibile l’azione collettiva. Il dibattito sulle tasse è centrale in ogni democrazia. Nel libro cerchiamo di renderlo più accessibile, perché è importante che i cittadini vi partecipino. Le tasse sono particolarmente importanti per regolare la globalizzazione e la disuguaglianza, perché nella maggior parte dei Paesi europei il governo raccoglie e redistribuisce il 40-50% del reddito. Ma è necessario che il sistema fiscale sia equo e giusto o sarà a rischio la sostenibilità del modello sociale europeo.
Secondo me è anche in gioco la sopravvivenza degli stati nazionali: che stato è quello che non riesce a fare pagare le tasse a chi vi lavora e fa profitto entro i suoi confini? Globalizzazione non deve voler dire potere assoluto alle grandi multinazionali. Sarebbe la morte della democrazia.