IL FATTO QUOTIDIANO.IT –28 GIUGNO 2021
Grillo scrive e telefona a Conte, ma non scioglie il nodo della “diarchia”
di Luca De Carolis e Lorenzo Giarelli | 28 GIUGNO 2021
Dopo due giorni di guerra di posizione, Beppe Grillo muove un passo verso Giuseppe Conte. Ma non basta, perché nella sostanza i due restano lontanissimi, senza ancora alcuna soluzione per risolvere il vero tema dello scontro, cioè la gestione della leadership del nuovo Movimento.
Ieri il Garante ha scritto una mail all’ex premier e poi i due si sono sentiti per telefono. Segno del fatto che Grillo, che giovedì scorso aveva scaricato l’ex presidente del Consiglio di fronte ai parlamentari, ha capito la gravità della situazione del suo Movimento. Ma i contatti non hanno certo risolto la questione, con fonti vicine a Conte che confermano al Fatto che “passi in avanti sulla sostanza politica non se ne sono fatti”. Anche perché la mail e il colloquio hanno dimostrato la disponibilità di Grillo a rinunciare a qualche prerogativa, ma non hanno centrato il nodo dell’agibilità politica. Senza contare che testimonianze del clima burrascoso della chiamata – poi, evidentemente, tranquillizzatasi – sono comparse persino su Facebook, dove ieri in alcuni gruppi chiusi di sostegno all’ex premier qualcuno ha riportato le grida di Conte sentite da sotto la sua abitazione romana.
Oggi comunque parlerà lo stesso Conte, resta da vedere se in una conferenza o per altre vie, magari con un video sui social. Per tentare un’ultima mediazione, Grillo potrebbe allora anticipare l’ex premier scendendo a Roma dalla sua villa di Marina di Bibbona, in Toscana. Una pezza necessaria, ma forse tardiva. Ancora ieri chi ha sentito Conte lo descriveva rigido sulle sue posizioni. Troppa la delusione verso chi gli aveva chiesto di rifondare tutto, salvo poi imputargli di voler fare di testa sua.
Ma non è solo questione di amarezza personale, perché anche di fronte a un chiarimento resterebbe un enorme problema politico da sbrogliare, dal momento che non potrebbe esistere alcun Movimento a guida Conte se Grillo non rimettesse in discussione il suo ruolo, togliendo dal tavolo la pretesa di una diarchia che l’ex premier ritiene inaccettabile. Tradotto: il fondatore deve accettare di farsi da parte e il capo politico non può essere un mero esecutore della volontà altrui.
Oggi si vedrà, dunque. Il segnale distensivo di Grillo dovrà adesso trasformarsi in sostanza, ovvero soluzioni concrete per la nuova forma del Movimento. Di certo c’è che il Garante da giorni è pressato da più parti affinché si eviti il baratro, anche perché dentro ai 5 Stelle hanno tutti ben chiaro che se la frattura con il leader designato diventasse definitiva il danno sarebbe probabilmente irreparabile. Con ovvie conseguenze per il futuro degli attuali parlamentari e per i consensi del Movimento.
Non è un caso che nei giorni scorsi, dietro le quinte, si siano spesi due big del Movimento come Stefano Patuanelli e Paola Taverna, che insieme al capogruppo al Senato Ettore Licheri hanno provato ad ammorbidire la posizione di Conte. Anche Luigi Di Maio, la cui preoccupazione era parsa evidente fin da giovedì, ha tentato di calmare gli animi, consegnando ai social una versione edulcorata dello scontro in atto: “Insieme abbiamo affrontato diverse fasi, anche le più difficili e complicate. Il bene che vogliamo al Movimento è il pilastro su cui fondare le nostre decisioni. Mettiamocela tutta”.
La trattativa però, nonostante gli spiragli di ieri, resta in salita. I mediatori sperano almeno che oggi l’ex premier, durante il suo intervento, non chiuda del tutto la porta al Movimento, mettendo sì in chiaro le proprie pretese, ma senza formalizzare la rottura. Una strategia, questa, che consentirebbe per lo meno di guadagnare tempo, confidando che in un modo o nell’altro tra i due Beppe cali la pace.
Già, ma fino a quando? Perché il problema non esiste soltanto nei giorni caldi della definizione del nuovo Statuto e del passaggio di consegne. In mancanza di un chiarimento definitivo su ruoli e competenze, la leadership di Conte vivrebbe sotto il pericolo costante di smottamenti, in linea con gli umori del Garante. Non certo la premessa ideale per lasciare la cattedra universitaria e mettere la faccia sul rilancio del Movimento.
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Forse gli iscritti al Movimento potrebbero fare la differenza, cercando di portare alla ragione chi sembra averla persa.