ANTONELLA NAPOLI, ARTICOLO 21, 3 APRILE 2021 :: Caso Trapani, bene accertamenti ministra Cartabia. Martedì alle 17.30 iniziativa ONLINE Articolo21-Fnsi

 

 

Caso Trapani, bene accertamenti ministra Cartabia. Martedì alle 17.30 iniziativa Articolo21-Fnsi

 

 

 

 

 

Caso Trapani, bene accertamenti ministra Cartabia. Martedì alle 17.30 iniziativa Articolo21-Fnsi

Antonella Napoli

3 Aprile 2021

Martedì alle 17.30 iniziativa on line Articolo21-Fnsi per denunciare le intercettazioni a danno di alcuni cronisti.

Indagini forzate nella ricerca spasmodica di verità distorte da narrazioni tossiche di una certa area politica, il segreto professionale violato, giornalisti intercettati e nomi delle fonti trascritti negli atti.

Tutto ciò non è accettabile in un paese che si definisce democratico. Ben venga dunque l’annuncio del ministero della Giustizia di accertamenti disposti dalla ministra Marta Cartabia sull’inchiesta di Trapani su Ong e gestione migranti.

Una procedura che prelude l’invio di ispettori per verificare l’operato dei magistrati trapanesi. Quanto trapelato finora è inquietante. Anche se un giornalista è consapevole che quando va su un posto, documenta, racconta storie e fatti scomodi, possa diventare un bersaglio, come io stessa ho sperimentato sulla mia pelle, ciò che emerge dalle intercettazioni del caso Trapani sconcerta.

Cronisti seri come Nancy Porsia, a lungo intercettata, ma anche Nello Scavo, Francesca Mannocchi, Sergio Scadura e altri colleghi che hanno realizzato inchieste sui migranti finiti nei brogliacci delle intercettazioni di alcuni indagati dalla Procura.

In particolare, la Porsia si è ritrovata al centro del dossieraggio di una società di security, acquisito dalla procura di Trapani, per ciò che ha scritto e continua a scrivere sul tema delle migrazioni.

Un vero e proprio tentativo di imbavagliare la stampa libera che se ne occupa, unico baluardo contro la propaganda anti migranti che invade i social e alcuni media italiani.

Nonostante le costanti minacce in rete – e non solo – contro chi illumina e mostra quanto accade nel Mediterraneo e nel continente africano, cronisti e croniste in prima linea proseguono sulla loro strada portando avanti un lavoro inestimabile. Abbiamo da subito sottolineato, attraverso il nostro presidente e la nostra portavoce Elisa Marincola e Paolo Bottometi, quanto  inaccettabile sia che intercettazioni, di per sé lesive dell’art. 200 del Codice di procedura penale e dell’articolo 138 del Codice della Privacy, nonché dell’articolo 2 della legge 69/1963  che tutela e stabilisce anche l’obbligo dei giornalisti di proteggere fonti e informazioni di cui vengono in possesso, siamo state realizzate da “operatori privati” e poi recepite dai corpi inquirenti, entrando a far parte di un fascicolo giudiziario, che almeno nelle intenzioni di chi ha avviato l’inchiesta avrebbe dovuto ricostruire un presunto complotto dove in realtà si assisteva all’azione di salvataggio e assistenza di vite umane e allo svolgimento del lavoro giornalistico di verifica dei fatti sul campo.

L’inchiesta è iniziata nel 2016, nel contesto delle indagini della Procura di Trapani su ong e favoreggiamento all’immigrazione clandestina dalla Libia. Almeno sei giornalisti sarebbero finiti nelle intercettazioni poi trascritte dagli inquirenti

.Condividiamo il timore espresso dal presidente e dal segretario della Federazione nazionale della stampa, Beppe Giulietti e  Raffaele Lorusso, i quali ha evidenziato il ‘timore’ che questa operazione sia nata per individuare le fonti dei giornalisti, sottolineando che si tratta di “un atto gravissimo. È inammissibile che operatori della stampa siano intercettati mentre fanno il loro lavoro. Nell’attesa che le autorità giudiziarie facciano chiarezza sulla vicenda, un fatto è certo. Questo ennesimo tentativo di imbavagliare la stampa libera che si occupa di immigrazione e del traffico di esseri umani dalla Libia e da altri paesi africani, unico baluardo contro le fake news usate per la propaganda anti migranti, non impedirà ai cronisti in prima linea di continuare a fare il proprio lavoro.

Nonostante le costanti minacce in rete – e non solo – contro chi illumina e mostra quanto realmente accade nel Mediterraneo e nel continente africano, i giornalisti nel mirino di squadristi da tastiera e sovranisti  nostrani proseguiranno sulla loro strada portando avanti con determinazione il proprio impegno, svolgendo semplicemente il proprio mestiere.

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