+++ Postato su Twitter, 20.47 da:: Mauro Biani @maurobiani · Ecco — grazie a Mauro Biani ! ::: BIKO, CANZONE DI PETER GABRIEL -PLAYING FOR THE CHANGE –VARIE NOTIZIE + TESTO E TRADUZIONE DA ” CANZONI CONTRO LA GUERRA ” — fatto in modo eccellente !

 

 

 

 

 

 

Ngomhla sibuyayoNgomhla sibuyayoNgomhla sibuyayo, kophalal’igazi!Ngomhla sibuyayoNgomhla sibuyayoNgomhla sibuyayo, kophalal’igazi!Bakhala uVorster!Bakhala uVorster!Ngomhla sibuyayo, kophalal’igazi!Ngomhla sibuyayoNgomhla sibuyayoNgomhla sibuyayo, kophalal’igazi!

 

September ’77
Port Elizabeth weather fine
It was business as usual
In police room 619
Oh Biko, Biko, because Biko
Oh Biko, Biko, because Biko
Yihla Moja, Yihla Moja
The man is dead

When I try to sleep at night
I can only dream in red
The outside world is black and white
With only one color dead
Oh Biko, Biko, because Biko
Oh Biko, Biko, because Biko
Yihla Moja, Yihla Moja
The man is dead

You can blow out a candle
But you can’t blow out a fire
Once the flames begin to catch
The wind will blow it higher
Oh Biko, Biko, because Biko
Yihla Moja, Yihla Moja
The man is dead

And the eyes of the world are
Watching now
Watching now

Senzeni na? Senzeni na?
Senzeni na? Senzeni na?
Senzeni na? Senzeni na?
Senzeni na? Senzeni na?
Senzeni na? Senzeni na?
Senzeni na? Senzeni na?
Senzeni na? Senzeni na?
Senzeni na? Senzeni na?
Senzeni na? Senzeni na?

 

 

biko80

Nota. La traduzione integra nel testo le parti tratte dalle canzoni africane. Si tratta in grandi linee della traduzione di MarKco del 10/5/2005 con solo lievi modifiche.

BIKO

Quando torneremo
Quando torneremo
Quando torneremo, ci sarà silenzio perfetto!
Quando torneremo
Quando torneremo
Quando torneremo, ci sarà silenzio perfetto!
Vorster piangerà!
Vorster piangerà!
Quando torneremo, ci sarà silenzio perfetto!
Quando torneremo
Quando torneremo
Quando torneremo, ci sarà silenzio perfetto! [1]

 

Settembre ’77

Port Elizabeth, tempo bello
Tutto procede come al solito
Nella stanza 619 del commissariato

Oh Biko, Biko, Biko, perché?
Oh Biko, Biko, Biko, perché?
Discendi, Spirito Santo! [2]
Quest’uomo è morto
Quest’uomo è morto

Quando di notte provo a dormire
Riesco a sognare solo in rosso
Il mondo là fuori è bianco e nero
E l’unico colore è quello della morte

Oh Biko, Biko, Biko, perché?
Oh Biko, Biko, Biko, perché?
Discendi, Spirito Santo!
Quest’uomo è morto
Quest’uomo è morto

Puoi spegnere una candela
Ma non puoi spegnere un incendio
Una volta che le fiamme hanno preso
Il vento le alimenterà

Oh Biko, Biko, Biko, perché?
Oh Biko, Biko, Biko, perché?
Discendi, Spirito Santo!
Quest’uomo è morto
Quest’uomo è morto

E gli occhi del mondo ora
Stanno guardando
Stanno guardando.

Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto?Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto?Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto?Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto?Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto?Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto?Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto?Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto?Che cosa abbiamo fatto? Che cosa abbiamo fatto? [3]

[1] La canzone popolare anti-apartheid Ngomhla sibuyayo ha parecchie versioni ed è cantata sia in lingua zulu che in xhosa (che sono molto simili). Nelle varie versioni sono nominati, tra coloro che “piangeranno”, regolarmente (come qui) John Vorster (1915-1983), primo ministro e poi presidente sudafricano di stretta aderenza razzista; e, a volte, anche Hendrik Verwoerd (1901-1966), ex primo ministro che ebbe effettivamente a piangere, in quanto finì assassinato a pugnalate, il 6 settembre 1966, dall’anarchico di origine greca Dimitri Tsafendas.

[2] Si veda Nkosi sikelel’ iAfrika.

[3] Si veda Senzeni na?.

 

 

 

 

 

CANZONI CONTRO LA GUERRA

https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=1684

 

 

 

Steve Biko. An artwork by Therese Mullins.

 

Steve Biko. An artwork by Therese Mullins.

 

Steve Biko era il leader pacifista e antirazzista del partito comunista sudafricano (all’epoca fuorilegge), ucciso dalla polizia del regime dell’Apartheid nel 1977.Probabilmente una delle più famose e belle canzoni di Peter Gabriel. [RV-2005]

 

 

Steve Biko

«Quando cerco di dormire, di notte, riesco a sognare solo in rosso» diceva con triste angoscia una canzone di Peter Gabriel del 1980, intitolata “Biko”. Dedicata a Steve Biko, capo del movimento sudafricano anti-apartheid “Coscienza Nera”, torturato e poi ucciso dalla polizia bianca, la canzone non ci mise molto tempo a diventare un generico inno anti-razzista, nemico di ogni specie di intolleranza. La melodia disperata, le percussioni tradizionali africane – inevitabilmente e tragicamente legate alla schiavitù – introducono immediatamente l’ascoltatore nel clima frastornato di chi è costretto ad assistere ad una violenza inaudita, per un motivo umanamente incomprensibile. Di estrema attualità, quindi. Merito di un artista, quale Peter Gabriel è a tutti gli effetti, o riprovevole colpa di alcuni uomini? La risposta ci preme il petto. Sappiamo solo constatare con apparente rassegnazione, come fa la canzone, che «the man is dead», l’uomo è morto. La memoria è cattiva e la storia poco insegna, basta guardarsi intorno per notare le sciocche divisioni: uomini e donne, bianchi e neri, eterosessuali ed omosessuali, neoliberismo e terzo mondo, cristiani e mussulmani. Sta di fatto che sono ancora in molti e ancora in maggioranza a non volerne più sapere di fischi di bombe, torture gratuite, esecuzioni ingiustificate. E sono sempre quelli che più ne pagano le conseguenze. Ma quando ne scompare uno di loro poco conta: «Potete spegnere una candela, ma non potete spegnere un fuoco», canta Peter Gabriel.(Antonio Piccolo)

 

 

 

 

 

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STEVE BIKO

di Pier Maria Mazzola

Lo scorso agosto a Pretoria, da poco ribattezzata Tshwane (Siamo tutti uguali), moriva un uomo che aveva avuto una visione chiara della tortura. «Nessuno ti dirà mai qualcosa senza tortura, te l’assicuro io. È come suonare il piano: usi i tasti neri e i tasti bianchi per tirarne fuori una dolce melodia».

Quell’uomo dall’animo così musicale si chiamava Gideon Nieuwoudt. Fu lui, con altri aguzzini, a “interrogare” Steve Biko, agli arresti da venti giorni, il 6 settembre 1977 nella stanza 619 del comando di polizia di Walmer, Port Elizabeth.

Biko ne uscì irrimediabilmente malconcio. Per gli agenti, era stato un «incidente »: il prigioniero si agitava troppo… era andato a sbattere con la testa contro il muro. Praticamente di sua iniziativa.

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L’11 settembre venne trovato nella sua cella in condizioni disperate. Si decise di trasportarlo all’ospedale… di Pretoria! Oltre 1.100 chilometri che il detenuto percorse di notte, rigorosamente nudo e ammanettato, sul cassone di una Land Rover. Biko morì la notte seguente.

Quell’omicidio atroce convinse il Consiglio di sicurezza dell’ONU – con voto unanime – a mettere il Sudafrica sotto embargo militare, un’iniziativa che contribuirà al declino dell’apartheid. L’eroe della lotta contro la segregazione razziale in Sudafrica è lui, Steve Biko, secondo solo a Mandela. Per i giovani, Biko viene anche prima.

Né amnistia né condanna

Nel 1997, vent’anni dopo la sua morte per «sciopero della fame», Gideon Nieuwoudt ed altri quattro sgherri hanno ammesso, davanti alla Commissione Verità e Riconciliazione presieduta da Desmond Tutu, qualche responsabilità, anche in molti altri casi oltre a questo. A proposito: non pago dell’impresa, nel 1987 il colonnello Nieuwoudt si era dedicato anche ad appiccare il fuoco alle sale dove era in cartellone Grido di libertà, il film su Biko. Ma non hanno ottenuto l’agognata amnistia, non essendo stati esaustivi sulle circostanze della tortura-omicidio.

Va anche aggiunto che, nel 2003, la giustizia sudafricana li ha poi prosciolti per insufficienza di prove. Se fossa ancora vivo, oggi avrebbe meno di 60 anni. Quando venne massacrato dal regime segregazionista sudafricano era appena trentenne.

Il nostro ricordo di Steve Biko, il giovane ribelle della Coscienza Nera.

E di altri due grandi protagonisti della lotta contro l’apartheid: immaginare come ci siano rimasti i figli di Steve, Nkosinathi e Samora, e la vedova Ntsiki che a suo tempo si era rivolta alla Corte Costituzionale per impedire che gli assassini del marito beneficiassero della Commissione Verità e Riconciliazione.

Ma che cos’aveva di tanto temibile un giovane uomo come lui, da indurre il regime di Pretoria dapprima a metterlo al bando, in condizioni di semi-isolamento, e poi a finirlo con la ferocia che sappiamo?

 

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Pedagogia degli oppressi

Bantu Stephen Biko nacque nel dicembre del 1946, nella provincia del Capo Orientale. Dopo gli studi secondari si iscrisse a medicina all’Università del Natal – sezione separata per i neri, beninteso. Maturava intanto in lui la coscienza politica.

Il suo primo impegno fu con l’Unione nazionale degli studenti sudafricani (Nusas). Ma nel 1969 se ne staccò per fondare l’Organizzazione degli studenti sudafricani (Saso). Nella Nusas militavano anche giovani bianchi, la loro presenza era preponderante, Biko si convinse presto della necessità di uno spazio dove i neri in quanto tali si valorizzassero in modo autonomo. Prendeva corpo la Black Consciousness: la “Coscienza (o Consapevolezza) nera”.

Il giovane Steve aveva annusato lo spirito del tempo, soprattutto quello che soffiava sull’Africa (la negritudine, Kwame Nhrumah, Amílcar Cabral…), sugli Stati Uniti (Malcolm X, il Black Power e la Black Theology…), sull’America Latina (Paulo Freire e la sua pedagogia degli oppressi).

«Per “Coscienza nera” – spiegava Biko – io intendo la rinascita politica e culturale di un popolo oppresso. Ora i neri in Africa sanno che i bianchi non saranno conquistatori per sempre. Questa scoperta li conduce a porsi la domanda: “Chi sono io? Chi siamo?”. La sfida della decolonizzazione è stata condivisa dai bianchi liberali. Per qualche tempo si sono comportati come portavoce dei neri.

Ma poi qualcuno di noi ha cominciato a chiedersi: “Possono forse i nostri amici liberali mettersi al posto nostro?”. La nostra risposta fu: “No!… Finché i bianchi liberali sono i nostri portavoce, non ci sarà nessun portavoce nero”».

Bianco, ma amico

Da qui all’accusa di razzismo (alla rovescia), il passo era breve. Ma Biko non si lasciò spiazzare: «Ancora oggi – confessava nell’anno della sua morte – noi siamo accusati di razzismo. È un errore. Noi sappiamo che tutti i gruppi interrazziali in Sudafrica hanno rapporti nei quali i bianchi sono superiori, i neri inferiori.

Così, per cominciare, i bianchi devono rendersi conto di essere solamente “umani”, non superiori. La stessa cosa per i neri, che devono rendersi conto di essere umani, non inferiori. Per tutti noi questo significa che il Sudafrica non è europeo, ma africano».

Grido di libertà è un film che il regista Richard Attenborough (quello di Gandhi) ha costruito proprio sull’amicizia di Biko (la prima interpretazione importante di Denzel Washington) con un giornalista, un bianco liberale.

È grazie a lui, del resto, che sappiamo molte cose di Biko, affidate a un libro di memorie. Per Donald Woods (questo il suo nome), che pagò con l’esilio il suo rapporto con Biko, «l’amico che più apprezzavo era un uomo speciale, straordinario. Nei tre anni che lo conobbi, non ebbi mai il minimo dubbio che fosse il leader più importante dell’intero paese. Era saggio, pieno di humour, compassionevole, brillante, altruista, modesto, coraggioso. Il governo non ha mai capito quanto Biko fosse uomo di pace. Il suo costante obiettivo era la riconciliazione pacifica di tutto il Sudafrica».

Dopo Soweto

Nel 1972 Steve Biko è tra i fondatori della Black Peoples Convention, federazione di una settantina di gruppi che si riconoscono nella filosofia della coscienza nera. In questo ambiente si prepararono le manifestazioni di protesta di Soweto, la township di Johannesburg, teatro, il 16 giugno 1976, di una durissima repressione della polizia.

Quel giorno vennero massacrati almeno cento neri. La rivolta dilagò per il paese e in un anno si contarono un migliaio di vittime. Moltissimi i giovani, anche bambini. Non era difficile, per il regime, collegare il nome di Biko alla rinnovata consapevolezza che sosteneva la gioventù nella lotta contro l’apartheid.

Biko non fece mai parte dell’African National Congress (Anc), il movimento storico – quello di Nelson Mandela – che dal 1912 convogliava l’ansia di riscatto della maggioranza nera. Per il leader studentesco, l’Anc era in un certo senso troppo “moderato”, anche se aveva poi fatto la scelta, non condivisibile per un nonviolento come Biko, di costituire un braccio armato.

Ma prima del suo arresto definitivo, Biko stava preparandosi, come ricorda lo stesso Mandela, a un incontro segreto con Oliver Tambo, il successore di Lutuli alla presidenza dell’Anc. Di quella nascente alleanza il governo aveva sicuramente paura.
Forse, anche per questo Biko venne ammazzato.

Ammazzato? «Biko vive!», gridano ancora i graffiti dai muri delle periferie sudafricane.

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1 risposta a +++ Postato su Twitter, 20.47 da:: Mauro Biani @maurobiani · Ecco — grazie a Mauro Biani ! ::: BIKO, CANZONE DI PETER GABRIEL -PLAYING FOR THE CHANGE –VARIE NOTIZIE + TESTO E TRADUZIONE DA ” CANZONI CONTRO LA GUERRA ” — fatto in modo eccellente !

  1. Donatella scrive:

    Eppure queste cose terribili sono accadute pochi decenni fa.

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