IL FATTO QUOTIDIANO DEL 15 FEBBRAIO 2021
Campano, 45 anni, definito sempre un “liberale” del Pd, aveva già guidato lo staff di Palazzo Chigi di Gentiloni: ne è venuto fuori un libro, “Il metodo Machiavelli”. Dal migliorismo al renzismo, da Blair a BastaunSì. Lo svarione su Twitter sulla Appendino e quando presentò un esposto all’AgCome perché voleva che La7 non invitasse i giornalisti a dire come la pensassero sul referendum costituzionale
di F. Q. | 15 FEBBRAIO 2021
Veltroniano quando c’era Veltroni, montiano quando c’era Monti, renziano quando c’era Renzi. Ora che l’aria è cambiata – e soffia vento di restaurazione – Antonio Funiciello torna a Palazzo Chigi da capo di gabinetto. C’era già stato con presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ora ci rientra con un altro premier, l’ex governatore della Bce Mario Draghi.
Campano, 45 anni, laureato in filosofia alla Federico II, dirigerà lo staff del capo del governo nominato dopo che il Barnum di Renzi ha portato all’agonia e poi alla caduta del governo sostenuto da M5s e centrosinistra. Il suo ultimo libro, sarà un caso, si chiama Il metodo Machiavelli: racconta della sua esperienza proprio con Gentiloni, racconta tratti e caratteristiche dei suoi consiglieri. Proprio al professor Niccolò ha fatto riferimento nei giorni scorsi Renzi mentre descriveva le sue gesta, tronfio, alle tv di mezzo mondo. Quasi una confessione: “Per come ho gestito la vicenda io, molto più Machiavelli che Moro“. Un altro dei libri di Funiciello è Il politico come cinico. L’arte del governo tra menzogna e spudoratezza. Non dite che non ve l’aveva detto.
Attualmente Funiciello è consigliere di amministrazione dell’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, dov’è arrivato su nomina della presidenza del Consiglio. E’ stato per un po’ il responsabile Cultura del Pd, per esempio, nella segreteria di transizione di Guglielmo Epifani (2013, post dimissioni di Pierluigi Bersani causa “non vittoria”). Negli ultimi 15 anni ha attraversato (e beneficiato) delle varie fasi della vita dei Democratici di Sinistra prima e del Partito democratico poi, sempre tenendo abbastanza la destra: dal 2004 in ordine sparso è stato consulente politico di Luigi Zanda, consulente politico di Veltroni, consulente politico del gruppo democratico al Senato, consulente politico del vicepresidente della commissione Bilancio Enrico Morando (ex leader della ex destra dei Ds e poi del Pd), ma anche, due anni dopo, del presidente della commissione Bilancio, sempre Morando. Fu Funiciello a inserire su wikipedia la foto nel profilo di Morando, diventato finalmente viceministro all’Economia.
Nel frattempo Funiciello commenta, contribuisce, interpreta, scrive lettere ai direttori e riflessioni ai quotidiani, specie quelli che chiudono, partecipa ai talk-show a colazione. Intellettuale, intellettuale, intellettuale: la parola ricorre sempre quando c’è da parlare di Funiciello. E poi liberale, liberale, liberale. Ha trovato ospitalità su fogli che non rimandano propriamente alla sinistra storica: al Foglio, per dire, ha scritto per 4 anni, nel frattempo firmava anche su Europa, poco prima aveva scritto per il Riformista, poco dopo per Liberal e qui siamo al modernariato (era la rivista che rimandava alla fondazione di Ferdinando Adornato). L’unico giornale su cui ha scritto Funiciello rimasto ancora aperto è Mondo Operaio, rivista fondata da Pietro Nenni, e ancora oggi ritrovo dei socialisti.
Ma a differenza del periodo con Morando, negli ultimi anni ha avuto maggiori soddisfazioni dall’orientamento del Partito. Per esempio è stato braccio destro di Luca Lotti, quando era sottosegretario alla presidenza del Consiglio di Renzi. E di sicuro è stato a capo del comitato BastaunSì, che ormai ha un suono antico come se fosse uscito da un grammofono ma solo 4 anni fa era il claim con cui il premier invincibile credeva di poter sbancare al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. In quegli anni gli fu affidato tra l’altro la gestione dello stato di crisi dell’Unità. Esperto di blairismo e di clintonismo (anche se ora la terza via sembra in particolare affanno) e in generale appassionato di politica degli Stati Uniti. Venti ore fa ha ritwittato subito il messaggio del presidente Joe Biden che si felicitava con Draghi.
Descritto come vicino alla scuola napoletana del migliorismo (da Napolitano in giù) è appassionatissimo anche di premier tecnici, che vanno sempre su tutto. Nel 2012 firmò un appello al Pd perché il partito seguisse l’agenda di Mario Monti. Quando dopo Epifani Renzi trionfò e diventò segretario del Pd sembrava l’uomo perfetto per ricoprire l’incarico di responsabile comunicazione, ma poi l’allora sindaco diventato segretario scelse Francesco Nicodemo. Una volta sentì un po’ troppo l’agonismo: erano gli ultimi giorni di campagna elettorale prima del ballottaggio tra Chiara Appendino e Piero Fassino. Se ne uscì con un tweet che diceva “Appendino è bocconiana, come Sara Tommasi“. Additato per ore da tutto Twitter, cancellò subito tutto definendolo un tweet stupido giustificandosi di essere stato annebbiato dall’attentato di un pazzo ad Orlando (il lettore valuterà autonomamente cosa possa entrarci).
Una delle idee di Funiciello da presidente del Comitato del Bastaunsì – ma anche con poca opportunità assistente del sottosegretario all’Editoria – presentò un esposto all’Agcom contro La7 e in particolare contro Otto e mezzo, La Gabbia e PiazzaPulita). Oggetto dell’esposto: i giornalisti in tv devono smettere di dire come la pensano sul referendum costituzionale perché così si squilibrano i conteggi della par condicio. Gli esempi che furono portati come simbolici furono quelli delle partecipazioni degli ospiti del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio e Antonio Padellaro.
Il metodo Machiavelli. Il leader e i suoi consiglieri: come servire il potere e salvarsi l’anima
Antonio Funiciello
Editore: Rizzoli
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 3 settembre 2019
Pagine: 256 p.
19 euro, prezzo pieno
«Libertà, verità, umanità. Da sempre sono in conflitto con il volto demoniaco del potere. In mezzo a questo scontro, c’è una figura sconosciuta. Il consigliere, il braccio destro, il più vicino al leader, chiamato a proteggerlo e a criticarlo restando nell’anonimato, destinato per questo a essere molto ascoltato o molto odiato. Antonio Funiciello illumina il lato in ombra di chi guida, da Gesù a Trump, lo spazio in cui si fanno le scelte, decisivo per le democrazie. Un atto d’amore per la politica, di questi tempi fuori moda e vibrante di passione» – Marco Damilano
I palazzi del potere, i corridoi, le anticamere, i salotti… chi, oltre ai leader e ai capi di Stato, abita questi spazi? Chi gestisce i flussi – di persone e di informazioni – in entrata e in uscita dagli studi dei potenti e dalle sale in cui si prendono le decisioni politiche? Chi aiuta, sostiene e a volte indirizza il leader nella sua quotidiana navigazione tra i marosi della politica nazionale e internazionale? Antonio Funiciello muove da queste domande, e dalla sua personale esperienza di chief of staff del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, per proporre un’analisi attenta e serrata del ruolo dei collaboratori, del consigliere e del braccio destro. Per farlo parte da molto lontano, dal primo staff della storia, quello dei dodici apostoli riuniti intorno alla figura di un leader-maestro unico nel suo genere, Gesù di Nazareth, e ci accompagna tra le pagine salienti che il più noto consigliere politico di tutti i tempi, Niccolò Machiavelli, ha dedicato al delicatissimo incarico di chi, nel senso nobile del termine, serve il potere e i potenti. Emerge così, tra aneddoti e ricostruzioni di molte vicende italiane e internazionali, un ritratto documentatissimo di diversi leader (da Roosevelt a Trump, da Blair a Macron) e di coloro che, avvolti nell’anonimato di chi lavora nell’ombra, ne hanno facilitato l’ascesa e l’opera, insieme a un vademecum che individua e fissa nel tempo i tratti e le caratteristiche del perfetto consigliere. «Il metodo Machiavelli» è una dichiarazione di amore per la politica, nella consapevolezza che esiste anche un «potere buono. I suoi soci sono la verità e il coraggio. Perché, per dirla col Machiavelli delle ‘Istorie’, “in questo guasto mondo” di una politica e di un potere pavidi e fasulli non si capisce proprio cosa dovremmo farci».
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