Giuseppe Merisio, noto come Pepi Merisio (Caravaggio, 1931 – Bergamo, 3 febbraio 2021), è stato un fotografo e fotoreporter italiano.
NOTIZIE KN BREVE SU IL FATTO QUOTIDIANO DEL 3 FEBBRAIO 2021
Pepi Merisio: Fienagione a Cogne, 1959. © Pepi Merisio, g.c.
UNA SPOSA A VILLA D’ADDA, 1965. © Pepi Merisio, g.c.
Pepi MerisioLe gerle, Teglio 1962
DAL FACEBOOK : ” GALLERIA VALERIA RELLA “, 13 MAGGIO 2018 –
https://www.facebook.com/valeriabellastampe/?__tn__=-UC*F
GIOCHI PERDUTI
IL GIOCO
IL GIOCO —
Merisio, Le rogazioni, Valsassina 1960
Pepi Merisio è, con Ermanno Olmi, l’autore che forse meglio di ogni altro ha colto quel clima milanese degli anni ’60 in cui ogni segno dice della trasformazione, annusando e restituendo il passaggio dall’odore di campagna allo smog metropolitano.
Reporter che lavora su una qualità complessiva dell’immagine non retorica e non eloquente, scrutatore attento e capace di una partecipazione emotiva non simulata, Merisio lavora parimenti sul paesaggio e sulle persone.
Usa, sempre, un tono come sommesso, una sorta di pudore espressivo che si traduce nella saldezza pacata delle inquadrature, nell’implicazione di luci non forzate, in un gioco di pose che non teatralizza: per raccontare non serve sottolineare, non occorrono sovratoni. Basta ciò che si offre allo sguardo, se lo sguardo sia sufficientemente acuminato da saperlo cogliere.
L’autore mette in campo una sorta di simpatia, di autentica pietas verso le persone, e lascia che trapeli sereno l’amore che porta a questi luoghi, a una terra che ha carezzato e che lo ha carezzato. Per questo il percorso delle sue immagini si snoda come un ciclo che, allo sguardo d’oggi, ha il valore di una costruzione rapsodica, in cui ciascuno degli episodi è in se stesso una storia, e la tessera di un racconto ampio e compiuto.
Merisio, Emigranti, 1966
DA :
FLAMINIO GUALDONI BLOG ARCHIVE
http://flaminiogualdoni.com/?p=4760
DALLA :
https://www.labottegalab.com/mostra-antologica-pepi-merisio/
Pepi Merisio appartiene al mondo che ha fotografato, a quella civiltà che ha potuto guardare con la macchina fotografica e riprendere, nella sua semplice e sacrosanta verità senza contraffare o cambiare niente, senza adattare le inquadrature a idee ed opinioni altrui. In questa raccolta che presentiamo, c’è una dimensione temporale sempre presente, lo scorrere dei giorni verso il passato, e il passato che ritorna trasformato in una immagine. Il tempo lavora anche sulle fotografie, le nobilita di quella consistente patina di ricordo, di momenti vissuti, di emozione interiore che solo ciò che è irrimediabilmente lontano, quasi perduto, riesce a darci. Ogni fotografia di Pepi Merisio è un contenitore di mille informazioni, di dolci e amare testimonianze: il piccolino sulle ginocchia della madre, il bimbo al banco di scuola, la sposa vestita di bianco che si guarda una smagliatura della calza, la veglia funebre nella vecchia camera matrimoniale. E’ questa, se la consideriamo una piccola sequenza di fotografie diverse ma collegate tra loro dall’universalità dei simboli, la storia essenziale della vita, quella che tutti più o meno abbiamo percorso o percorreremo, intersecandola con quella di altre persone. Molte di quelle immagini le ritroviamo a tracciare una linea di continuità tra il passato e il presente. Sostituendosi alle parole, ci parlano di valli, di monti, di pievi e di cattedrali, di lavoro e di tradizioni, ci mostrano sorrisi, speranze, rassegnazione, nel loro susseguirsi, compongono un racconto che ci riguarda e ci appartiene.
A cura di Serena Del Soldato e Libero Musetti
Testo di Giorgio Tani
2017
Come una foto può raccontare una storia.