ANSA.IT — 29 GENNAIO 2021 –12.03
Diocesi, 40 letti per senzatetto nella chiesa a Centochiavi.
La gestione della struttura sarà affidata alla Caritas diocesana
ANSA) – TRENTO, 29 GEN – La Diocesi di Trento, per volontà dell’arcivescovo Lauro Tisi, ha messo a disposizione per l’accoglienza di persone senza dimora la chiesa di San Massimiliano Kolbe in località Centochiavi, a Trento Nord. Entro stasera, in accordo con la parrocchia – si legge in una nota della Diocesi – l’aula liturgica, attualmente non utilizzata per il culto, sarà trasformata in un grande dormitorio, in grado di ospitare, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid, fino a quaranta posti letto
La chiesa dovrebbe aprire i battenti per l’ospitalità dei senza dimora già oggi alle ore 19 e resterà in funzione per tutto il periodo necessario a dare risposta alla grande richiesta di posti letto, acuita dal rigore invernale e dall’emergenza sanitaria. “È una decisione che abbiamo preso senza alcuna titubanza, non appena verificata la fattibilità”, spiega l’arcivescovo Lauro. “La Chiesa trentina, in pieno accordo con i servizi pubblici di assistenza, intende fare tutto il possibile – aggiunge monsignor Tisi – perché nessuno si trovi costretto a passare la notte al freddo. I poveri ci interrogano ogni giorno e non possiamo solo rimanere ad ascoltare. Per parte nostra, apriamo tutte le porte possibili!”. La gestione della struttura sarà affidata alla Caritas diocesana, d’intesa con la Provincia Autonoma e in particolare la Protezione Civile e il Tavolo Inclusione che coordina gli enti impegnati nell’accoglienza. (ANSA).
QUALCOSA SU MASSIMILIANO KOLBE
Massimiliano Maria Kolbe nato Rajmund Kolbe (Zduńska Wola, 8 gennaio 1894 – Auschwitz, 14 agosto 1941) è stato un presbitero e francescano polacco che si offrì di prendere il posto di un padre di famiglia, destinato al bunker della fame nel campo di concentramento di Auschwitz. È stato beatificato nel 1971 da papa Paolo VI, che lo chiamò “martire dell’amore”, e quindi proclamato santo nel 1982 da papa Giovanni Paolo II.
Casa natale di Kolbe a Zduńska Wola.
ElevenEleven – Opera propria
Nato con il nome di Raimondo (Rajmund) Kolbe, in una famiglia dalle condizioni economiche modeste in una zona polacca sotto il controllo della Russia. Il padre Julius Kolbe, tedesco, era tessitore e la madre polacca Maria Dąbrowska faceva la levatrice. Aveva quattro fratelli. A tredici anni cominciò a frequentare la scuola media dei francescani a Leopoli. La sua vita cambiò radicalmente nel 1906, quando si ricordò della visione della Vergine Maria avuta nell’infanzia. Il 4 settembre 1910 vestì come novizio l’abito dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, assumendo il nome di Massimiliano[2]. L’anno successivo, il 5 settembre 1911 emise la professione semplice e venne inviato a Cracovia e successivamente a Roma per continuare gli studi in filosofia e teologia.
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Gli eventi in Europa però precipitarono. La Polonia venne occupata dai nazisti e Kolbe fu arrestato dalle truppe tedesche il 19 settembre 1939 insieme ad altri 37 confratelli. Dopo quasi tre mesi di prigionia, Kolbe venne liberato l’8 dicembre ad Ostrzeszów.
Tornato a Niepokalanów, la trovò bombardata e presto la trasformò in ospedale e asilo per migliaia di profughi. La sua libertà però durò poco. Il 17 febbraio 1941 Kolbe venne nuovamente e definitivamente arrestato dalla Gestapo.
Il 28 maggio 1941 Kolbe giunse nel campo di concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero 16670 e addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri. Venne più volte bastonato, ma non rinunciò a dimostrarsi solidale nei confronti dei compagni di prigionia. Nonostante fosse vietato, Kolbe in segreto celebrò due volte una messa e continuò il suo impegno come presbitero.
Alla fine del mese di luglio dello stesso anno venne trasferito al Blocco 14 e impiegato nei lavori di mietitura. La fuga di uno dei prigionieri causò una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel cosiddetto bunker della fame.
Quando uno dei dieci condannati, Franciszek Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso: i campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e i gesti di solidarietà non erano accolti con favore.
Kolbe venne quindi rinchiuso nel bunker del Blocco 11. Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui Kolbe, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria[. La calma professata dal sacerdote impressionò le SS addette alla guardia, per le quali assistere a questa agonia si rivelò scioccante. Kolbe e i suoi compagni vennero quindi uccisi il 14 agosto 1941, vigilia della Festa dell’Assunzione di Maria, con una iniezione di acido fenico. I loro corpi vennero cremati il giorno seguente, e le ceneri disperse.
Secondo la testimonianza di Franciszek Gajowniczek, Padre Kolbe disse ad Hans Bock, il delinquente comune nominato capoblocco dell’infermeria dei detenuti, incaricato di effettuare l’iniezione mortale nel braccio: «Lei non ha capito nulla della vita…» e mentre questi lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «…l’odio non serve a niente… Solo l’amore crea!». Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono: «Ave Maria».
Fu lo stesso tenente medico nazista che raccontò dopo alcuni anni questo fatto, che fu messo agli atti del processo canonico [senza fonte]. L’espressione “Solo l’amore crea” fu ricordata più volte da Paolo VI nel 1971 in occasione della beatificazione di Kolbe.
Franciszek Gajowniczek riuscì a sopravvivere ad Auschwitz. Tornato a casa, trovò sua moglie viva, ma i suoi due figli erano rimasti uccisi durante un bombardamento russo. Morì nel 1995.
SEGUE NEL LINK :
https://it.wikipedia.org/wiki/Massimiliano_Maria_Kolbe
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