HENRY MOORE ( 1898 – 1986 ) SCULTORE BRITANNICO — un inizio — +++ CHIARA GATTI : ” Ritratto di mio padre, Henry Moore ” — REPUBBLICA DEL 17 GENNAIO 2021

 

 

Henry Moore - Museo Virtuale della Scultura e dell'Architettura - Musa

 

MOORE, HENRY. SCULTORE E DISEGNATORE - MAM-e

 

Henry Spencer Moore (Castleford, 30 luglio 1898 – Much Hadham, 31 agosto 1986) è stato uno scultore britannico. Figlio di minatore vive la sua infanzia tra i colleghi del padre e impara a guardare e conoscere il carbone, le rocce e le pietre grezze o levigate dall’acqua. Studia arte e al British Museum di Londra, che visita frequentemente, è attratto dalla scultura antica sumera ed egizia.

 

CONTINUA NEL LINK :

https://it.wikipedia.org/wiki/Henry_Moore

 

 

 

 

Vento dell’Ovest (1928) pietra Portland, 55 Broadway, Londra

 

 

 

 

 

 

Figura distesa, bronzo,  1938– OCBC Centre, Singapore

 

 

 

 

Figura reclinata, in fibra di vetro, esterno del  Fitzwilliam Museum, Cambridge, in 2004

 

 

 

 

 

Henry Moore OM, CH, 'Recumbent Figure' 1938 (Henry Moore: Sculptural Process and Public Identity) | Tate

Figura sdraiata–Tate Gallery

 

 

 

 

 

Henry Moore OM, CH, 'Recumbent Figure' 1938 (Henry Moore: Sculptural Process and Public Identity) | Tate

la stessa

 

 

 

 

 

 

Recumbent Figure', Henry Moore OM, CH, 1938 | Tate

la stessa

 

 

 

 

 

upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/fe/DIA...

FIGURA INCLINATA, 1939- LEGNO DI OLMO

 

 

 

 

 

Henry Moore FAMILY GROUP | Modern sculpture, Art day, Art

GRUPPO DI FAMIGLIA, 1950 CA.

 

 

 

 

 

 

Moore Henry | STUDY FOR FAMILY GROUP | MutualArt

STUDIO PER IL GRUPPO DI FAMIGLIA

 

 

 

 

FUORI DALLA BARCLAY SCHOOL, 2005

 

 

 

 

 

Family Group by Henry Moore – The Hepworth Wakefield Enterprises Ltd.

STUDIO PER LA SCULTURA, 1944

 

 

 

 

Henry Moore, Family Group, 1944

GRUPPO DI FAMIGLIA, 1944

 

 

 

 

 

Henry Moore, Family Group, 1944 From the National Galleries of Scotland: | Henry moore drawings, Art, Henry moore

STUDIO PER IL GRUPPO DI FAMIGLIA, 1944

 

 

 

 

 

 

Henry Moore, Family Group, 1945, lot 14, Estimate £1,300,000-1,800,000.

1945

 

 

 

 

 

 

Henry Moore with Family Group, 1948-49, in the courtyard of the Museum of Modern Art

1948-49

 

 

 

 

 

Art Gallery of Ontario on Twitter: "Tomorrow '#HenryMooreDrawings: The Art of Seeing' opens at @henrymooresg! Moore made more than 7000 drawings over 7 decades. Much beloved in Toronto, we have quite a

STUDIO

 

 

 

 

 

4

MADRE CON FIGLIO E UNA MELA, ANNI 50

 

 

 

 

 

 

Family group by Henry Moore on artnet

STUDIO, 1940

 

 

 

 

 

Henry Moore, Family Group, 1944. Terracotta. “ The family group ideas were all generated by drawings; and that was perhaps because the whole family group idea was so close to one as a person; we were just going to have our first child, Mary, and it...

GRUPPO DI FAMIGLIA, TERRACOTTA, 1944

 

 

 

 

 

 

Henry Moore | Family Group (1944) | Artsy

1944

 

 

 

 

 

Moore henry liegende figur in zwei teilen 1969 düsseld ansicht02.jpg

DUE FIGURE RECLINANTI: POINTS– 1969–1979, Deutschland, Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf, Hofgarten

 

 

 

 

 

 

FIGURA IN PIEDI, BORDO TAGLIATO,  358 cm  – 1961

 

 

 

 

 

File:Large Standing Figure – Knife Edge (38251066).jpg - Wikimedia Commons

 

 

 

 

 

Sculpture ' Standing Figure Knife Edge ' by H Moore in Greenwich Stock Photo - Alamy

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA DEL 17 GENNAIO 2021

https://www.repubblica.it/robinson/2021/01/17/news/ritratto_di_mio_padre_henry_moore-282745873/

 

 

Mary Moore, daughter of late British artist Henry Moore , poses on... Foto di attualità - Getty Images

MARY MOORE, LA FIGLIA DELL’ARTISTA

 

 

Ritratto di mio padre, Henry Moore

di Chiara Gatti

 

La passione per l’Italia, il teschio di elefante e il tavolo rotante. La figlia Mary ricorda il più geniale scultore britannico del  XX secolo, mentre il Museo del Novecento di Firenze gli dedica una mostra

17 GENNAIO 2021 

FIRENZE. Le madri, le famiglie, i corpi distesi come veneri di pietra. Solennità arcaica e linee moderne. Le opere di Henry Moore (1898-1986) sono entrate nell’immaginario collettivo per quella materia levigata, le forme fluide, la perfezione del vuoto. Ma quale sia la genesi del suo lavoro, del suo smussare il marmo fino a renderlo soffice, è meno noto. Lo si capisce dai disegni. Centinaia di carte dove la matita, il carboncino, l’acquerello, indagano freneticamente gli intrecci di una natura aspra, di un mondo minerale. “La solida carnosità di un tronco” diceva e “la dura forza delle ossa” nei crani animali. Come il gigantesco teschio d’elefante che custodiva nel suo studio di Perry Green, nella verde contea dell’Hertfordshire, copiato e ricopiato fino allo stremo in un ciclo di incisioni scavate nel rame come antri oscuri. Si apre su questo colosso bianco il percorso della mostra al Museo del Novecento di Firenze (la prima in partenza dopo il lockdown dei musei), realizzata in collaborazione con la Henry Moore Foundation e curata da Sergio Risaliti, direttore del Novecento, con Sebastiano Barassi, head della Henry Moore Collection. Sotto il titolo Il disegno dello scultore (fino al 18 luglio) scorrono 70 splendidi fogli e una scelta di bronzi, fra esemplari inglesi e pezzi custoditi nelle raccolte fiorentine nate dopo il boom di interesse generato dalla storica mostra del 1972, al Forte di Belvedere. A quasi 50 anni di distanza, Moore torna in Toscana, “terra che amava tantissimo” racconta col sorriso la figlia Mary Moore, impegnata in questi giorni a seguire tutto l’allestimento a distanza; in collegamento dal suo Ipad.

 

 

Signora Moore, suo padre era legato a Firenze?

 

“Considerava la Toscana una seconda casa. Ci arrivò la prima volta nel 1925, da ragazzo, per studiare il gotico e il Rinascimento. Per lui Giotto era uno scultore della forma, dato l’impatto primitivo e monumentale delle sue figure. Poi rimase folgorato da Masaccio e passò ore davanti agli affreschi della Cappella Brancacci. Adorava il Michelangelo dei Prigioni e quell’energia che usciva dalla pietra e che lui assorbì nella sua scultura”.

 

Una formazione classica in piena avanguardia.

“Fu rivoluzionario, se ci pensa. All’epoca molti movimenti europei rifiutavano la ricerca accademica, come nella Parigi di Picasso, sedotta dalle culture extraeuropee, votata all’arte primitiva, africana, oceanica. I musei etnografici pullulavano di artisti. Mio padre aderì a un gruppo che credeva nella scultura in presa diretta, nell’estrarre la forma dalla materia e fu fantastico in questo”.

 

Quando tornò in Italia?

“Nel 1954 morì a Forte dei Marmi il suo gallerista Curt Valentin, un ebreo tedesco fuggito in America durante le persecuzioni naziste; aprì uno spazio a New York e lavorò con mio padre e con Marino Marini. Ricordo un volo in piena notte verso l’aeroporto militare di Pisa per i funerali. Fu l’occasione per fermarsi in Versilia”.

 

E scoprì le cave?

“Ebbe l’incarico dall’Unesco nel 1957 di realizzare una scultura da posizionare davanti alla sede di Parigi. Doveva misurare cinque metri per quattro. Lui scelse un blocco di travertino nelle cave di Henraux. Ma, essendo impossibile da spedire in Inghilterra, decise di lavorarlo sul posto. Tornammo al Forte ogni mese per un anno. E, da allora, sempre”.

 

Chi conobbe?

“In quel cenacolo di intellettuali, c’erano artisti, editori, musicisti, scrittori. Divenne amico di Eugenio Montale e incontrò Roberto Longhi, Cascella, Carrà, Messina, oltre a Maria Luigia Guaita della Casa d’arte Il Bisonte che aiutò a risollevarsi dopo l’alluvione del 1966. Poi si legò a collezionisti come Roberto e Anna Maria Papi. Furono anni meravigliosi. Ci portava agli Uffizi e all’Accademia. Adorava la scultura di Matteo Civitali e di Giovanni Pisano”.

 

Si è ispirato a loro per i disegni delle mani?

“Anche. Ma arrivò a copiare le sue, come autoritratti. Quelle degli ultimi anni sono commoventi. Sono mani anziane, piegate dall’artrosi dovuta alla sua professione, fragili e nodose insieme; io vi leggo una dimensione spirituale, un senso di emozione struggente. Ringrazio i curatori per averle messe in mostra”.

 

Che cosa cercava nel disegno?

“Come in tutto il suo lavoro, bramava la terza dimensione nell’eterno contrasto fra luce e ombra, fra bianco e nero. Disegnava per capire lo spazio, misurarlo, penetrare fra le rocce e le radici, a caccia di cunicoli; come quando da bambino, nello Yorkshire, si avventurava dentro le grotte affascinato dal buio assoluto. Penso gli sia rimasto nel cuore in modo indelebile. Lo ritrovò, da adulto, nelle Carceri di Piranesi”.

 

È vero che aveva un tavolo rotante?

“Gli consentiva di girare intorno ai modelli e di copiarli da ogni angolo. I suoi occhi e le sue mani erano come uno scanner in 3D. Quello che fece lui con la scultura non lo aveva mai fatto nessuno. La staccò dai muri e la mise al centro di una stanza per dimostrare che bisognava girarle intorno. Quando si rilassava accarezzava fra le dita un piccolo sasso per interiorizzare la sensazione fisica della forma plastica”.

 

Come si procurò il teschio d’elefante?

“Fu il celebre zoologo Julian Huxley a regalarglielo. Lo teneva in mezzo allo studio e ci vedeva tutto un mondo dentro. Paesaggi di pietra, deserti vellutati, rilievi e architetture, La sicurezza della forma e il mistero del vuoto. Per mio padre, solido e invisibile erano complementari”.

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1 risposta a HENRY MOORE ( 1898 – 1986 ) SCULTORE BRITANNICO — un inizio — +++ CHIARA GATTI : ” Ritratto di mio padre, Henry Moore ” — REPUBBLICA DEL 17 GENNAIO 2021

  1. Donatella scrive:

    Che bella figura di artista e che magnifiche e misteriose sculture!

    Torna la famosa rubrica “Non c’entra niente ma…”
    da ” Il Fatto” del 18 gennaio 2o21, pag.6:

    “Montreal: successo straordinario per il ristorante cinese onesto:” Da noi non si mangia molto bene”.
    ” Il nostro cibo non è molto buono”. L’approccio di questo ristorante cinese di Montreal ha conquistato la clientela, come racconta il Guardian. Onestà brutale: si mangia bene ma non benissimo. Se lo dicono da soli e lo scrivono sul menù: “Rispetto al pollo Generale Tao questo piatto non è granché”- si può leggere accanto alla descrizione di un piatto di manzo agrodolce- ” ma comunque non sono un grande fan del cibo cinese cucinato in Canada, sentiti libero di scegliere”. Un’altra pietanza è presentata così: “Non farti trarre in inganno dal nome, questa non è cucina cinese autentica”. E un’altra ancora così. ” Non siamo soddisfatti al 100% del sapore, ma migliorerà presto. Ps.: Siamo sorpresi che ci siano clienti che ordinano ancora questo piatto”. Il culto dell’understatement del ristorante di Feigang Fei ha riscosso un successo inspiegabile: un tweet del menù è diventato virale e il locale è stato preso d’assalto. E il proprietario, che per sette anni aveva mandato avanti questa taverna senza infamia e senza lode, se la ride per l’immeritato successo.

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