MODENA, 9 GENNAIO 1950 — WIKIPEDIA +++BLOG DI CLAUDIO AMENDOLA : ” MODENA, 9 GENNAIO 1950 – COM’E’ ANDATA DAVVERO “

 

 

 

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Pochi minuti prima della strage delle Fonderie Riunite

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L’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena fu una strage avvenuta a Modena durante lo sciopero del 9 gennaio 1950 indetto dal sindacato CGIL per protestare contro i licenziamenti di oltre 500 operai metalmeccanici delle Fonderie Riunite.

Per impedire l’occupazione della fabbrica, gli agenti della Polizia di Stato spararono contro i manifestanti, uccidendo sei operai e ferendo circa 200 persone.

 

Le Fonderie Riunite di Modena nel 1938

Sconosciuto

 

 

Tra gli anni 1947 e 1949, nella sola città di Modena erano stati arrestati 485 partigiani per vicende legate alla lotta di liberazione, mentre circa 3.500 braccianti agricoli erano stati denunciati per l’occupazione delle terre.

Nello stesso periodo, gli industriali di Modena iniziarono una politica di aumento della produzione finalizzata all’esportazione, il che però presupponeva la drastica riduzione del salario degli operai. Al fine di azzerare le resistenze dei lavoratori e dei sindacati, le aziende iniziarono a licenziare gli operai, soprattutto quelli legati al sindacato e ai partiti politici di sinistra, e a compiere numerose serrate. Inoltre, al fine di indebolire ulteriormente il potere contrattuale di sindacati e “commissioni interne”, introdussero una maggiore disparità salariale, legando massicciamente la retribuzione operaia alla produzione[1]. Infine, iniziarono a chiedere la collaborazione delle forze dell’ordine per impedire forme di protesta come picchetti o altre manifestazioni: in appena due anni la polizia era dovuta intervenire 181 volte per sedare conflittualità sul posto di lavoro.

 

 

Autoblindo T17 in piazza Grande a Modena- 8 gennaio 1950

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Il 9 gennaio 1949, esattamente un anno prima della strage, si svolse a Modena una manifestazione sindacale in piazza Roma, durante la quale il segretario generale della Cgil Fernando Santi condannò la condotta antisindacale della fonderia Valdevit e della carrozzeria Padana, che avevano portato a licenziamenti e serrate. Concluso il comizio, iniziò un inesplicabile e violentissimo scontro con la Polizia di Stato.

A Modena, dalla fine degli anni 40 alla metà degli anni 50, nonostante un ininterrotto clima antisindacale si perdevano complessivamente più di 1200 posti di lavoro.[2] Per diversi studiosi, ha rappresentato il culmine della guerra fredda in Italia, iniziata nel 1947 con la strage di Portella della Ginestra

 

L’arrivo dei camion della Polizia, 8 gennaio 1950

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Fondate nel 1938, le Fonderie Riunite erano un’azienda di proprietà dell’industriale Adolfo Orsi, il quale possedeva anche la Maserati (la cui produzione fu trasferita da Bologna a Modena nel 1940) e una sua fabbrica di candele di accensione e accumulatori.

Subito dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948, Adolfo Orsi decise tre giorni di serrata della fonderia, chiedendo l’intervento della polizia per eliminare i picchetti degli operai in protesta.

Alla fine del 1949 Adolfo Orsi licenziò tutti i suoi 560 dipendenti, al fine di poter riassumere altri operai non iscritti né al sindacato né ai partiti. Il piano industriale di Alfredo Orsi prevedeva inoltre di diminuire i premi di produzione, abolire il Consiglio di gestione, addebitare il costo della mensa nella busta paga degli operai, rimuovere ogni bacheca sindacale o politica all’interno della fabbrica e discriminare le donne (ad esempio, eliminando la stanza dove le operaie potevano allattare i figli che si portavano in fabbrica).

 

Il blocco della Polizia alle Fonderie Riunite, 9 gennaio 1950

Sconosciuto –

 

Dopo aver sottoposto la fonderia ad una lunga serrata di un mese, i sindacati risposero proclamando uno sciopero generale di tutte le categorie e in tutta la provincia per il 9 gennaio 1950, nonostante gli ostacoli posti dalla prefettura e dalla Questura di Modena, che negarono l’uso di qualsiasi piazza per poter tenere la manifestazione sindacale.

Secondo alcune fonti, il questore arrivò a minacciare esplicitamente (“vi stermineremo tutti”) la delegazione di parlamentari e dirigenti sindacali che avevano richiesto l’uso della piazza. Di fatto, il giorno prima dello sciopero arrivarono a Modena circa 1.500 poliziotti appartenenti ai distaccamenti III° Mobile di Piacenza, VI° Mobile di Bologna e Ferrara e XX° Mobile di Cesena, per presidiare le Fonderie Riunite con camion, autoblindo T17 Staghound e armamento pesante, appostandosi con le armi anche sui tetti della fabbrica

 

 

I funerali solenni delle vittime, 11 gennaio 1950

Sconosciuto

 

Verso le dieci del mattino del 9 gennaio una decina di operai giunse ai cancelli delle Fonderie Riunite, le quali erano circondate da carabinieri armati. All’improvviso un carabiniere sparò un colpo di pistola in pieno petto al trentenne Angelo Appiani, che morì sul colpo. Subito dopo, dal tetto della fabbrica i carabinieri aprirono il fuoco con le mitragliatrici verso via Ciro Menotti contro un altro gruppo di lavoratori, che si trovavano al di là del passaggio a livello sbarrato in attesa dell’arrivo di un treno, uccidendo Arturo Chiappelli e Arturo Malagoli e ferendo molte altre persone, alcune in maniera molto grave.

Dopo circa trenta minuti, in via Santa Caterina l’operaio Roberto Rovatti, che portava al collo una sciarpa rossa, venne circondato da una squadra di carabinieri, linciato con i calci dei fucili e poi buttato dentro ad un fossato per essere freddato con un proiettile alla nuca.

Infine, giunse in via Ciro Menotti un blindato T17 che iniziò a sparare sulla folla, uccidendo Ennio Garagnani.

Appena appresa la notizia della strage, i sindacalisti della Cgil iniziarono ad avvisare, con gli altoparlanti montati su un’automobile, i manifestanti di spostarsi verso piazza Roma. Tuttavia, verso mezzogiorno, un carabiniere uccise con il fucile Renzo Bersani, il quale stava attraversando a piedi l’incrocio posto alla fine di via Menotti, posto a oltre 100 metri dalla fabbrica.

Il bilancio della giornata fu di 6 morti, 200 feriti e 34 arrestati con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, radunata sediziosa e attentato alle libere istituzioni.

 

Palmiro Togliatti e Giuseppe Di Vittorio ai funerali delle vittime dell’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena

 

Il giorno dopo il quotidiano socialista L’Avanti! aprì la prima pagina con il titolo Affoga nel sangue il governo del 18 aprile, denunciando «il più brutale massacro che sia avvenuto dopo la liberazione, massacro paragonabile soltanto agli indiscriminati eccidi compiuti dai nazisti, (che) ha gettato nel lutto la popolazione modenese». Lo stesso giorno il quotidiano comunista L’Unità titola a otto colonne Tutta l’italia si leva contro il nuovo eccidio!: infatti in moltissime città italiane (tra cui Torino, Firenze, Palermo, Venezia, Livorno, Milano, Bari, Alessandria, Genova e Verona) vennero organizzati proteste e scioperi generali per l’intera giornata; a Roma accorsero circa 100.000 manifestanti in piazza SS. Apostoli per il comizio della Cgil, mentre la Cisl scelse di non associarsi alle manifestazioni.

La deputata modenese Gina Borellini espresse la sua indignazione alla Camera dei Deputati con un gesto plateale: con molta difficoltà (in quanto amputata ad una gamba) si alzò dal suo scranno e scese ai banchi del Governo, dove lanciò le foto degli operai morti in faccia al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi.

 

 

Cartelli di protesta ai funerali delle vittime dell’eccidio del 9 gennaio 1950

 

 

L’11 gennaio si svolsero a Modena i solenni funerali delle sei vittime dell’eccidio, alla presenza di oltre 300.000 persone.

Palmiro Togliatti e Nilde Iotti decisero di adottare Marisa Malagoli, sorella minore di una delle vittime.

Dieci giorni dopo la riapertura, per il nuovo contratto firmato e non rispettato ancora da Orsi; i lavoratori erano già in sciopero.

Qualche mese dopo 9 operai licenziati per uno sciopero dalla fonderia Valdevit, con il clima di esclusione sociale che emergeva dal dopo-eccidio delle Fonderie Riunite e non dover soffrire d’indigenza personale oltre che famigliare; fondavano la Coop Fonditori.

Il gruppo Cremonini, nuovo proprietario ridenominava in: “Fonderie Ghisa Malleabile”.

 

 

testo, non tutto comprensibile, e foto dal link ::

https://it.wikipedia.org/wiki/Eccidio_delle_Fonderie_Riunite_di_Modena

 

 

 

BLOG MARCO AMENDOLA, GIORNALISTA PROFESSIONISTA

 

https://www.marcoamendola.it/2019/01/08/modena-9-gennaio-1950-come-e-andata-davvero-storia-foto-e-video/

 

 

 

Modena 9 gennaio 1950, come è andata davvero [STORIA, FOTO e VIDEO]

Di

 Marco Amendola

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8 Gennaio 2019

Picchetto dei lavoratori durante la seconda serrata alle Fonderie Riunite, dicembre 1949

Per meglio comprendere come si sono svolti i fatti sfociati nell’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena il 9 gennaio 1950, in cui persero la vita 6 manifestanti, è necessario inquadrarli nel periodo storico in cui sono avvenuti. Nell’immediato dopoguerra, la contrapposizione fra i maggiori partiti politici – Partito comunista italiano e Democrazia Cristiana – di opposte vedute riguardo lo sviluppo della società italiana, si catalizza alle prime elezioni politiche del 1948 tutte giocate sulla contrapposizione fra gli ideali del comunismo e dell’anticomunismo. E’ in questo aspro confronto che le posizioni nella società si polarizzano: la linea economica del governo di Alcide De Gasperi puntava alle politiche liberiste; mentre Pci, Cgil e Psi guidavano scioperi e manifestazioni duramente represse dalle forze dell’ordine. E’ anche in questo quadro che le fabbriche e i posti di lavoro diventavano un luogo di confronto politico e sociale, in cui i lavoratori puntavano a ottenere maggiori diritti. Diritti spesso pagati a caro prezzo.

 

Qui 76 foto e documenti inediti

APRI SOTTO IL TITOLO

 

https://www.marcoamendola.it/2019/01/07/fonderie-riunite-di-modena-76-foto-e-documenti-inediti/

 

 

Quadro storico nazionale

 

Il 29 aprile 1945 segna la fine della guerra e dal fascismo: il paese affronta un percorso che con il referendum fra monarchia e Repubblica farà diventare l’Italia un paese democratico, con la Costituzione nel 1947 e le prime elezioni politiche nel 1948. Nel dopoguerra in tutta Italia, dopo 20 anni di dittatura, si riaccende il dibattito politico insieme al fermento sociale. In un clima di grandi e rinnovate speranze, le forze politiche si polarizzano. Vince la Democrazia Cristiana con il sostegno dalla Chiesa in un clima di forti attriti con il Partito Comunista, dovute alla Guerra Fredda fra America e Russia. Le elezioni vengono tutte giocate fra gli ideali del comunismo e dell’anticomunismo. Alla sconfitta politica delle sinistra si unisce il difficile quadro sociale in tutto il paese, che vede un peggioramento delle condizioni già difficili delle classi lavoratrici durante il fascismo e nel dopoguerra. Come a livello nazionale, anche a Modena le situazione economica non è delle migliori. L’Emilia rossa vede una forte presenza comunista all’interno delle forze partigiane che avevano lottato contro le truppe nazi-fasciste. E’ sulla forza politica comunista che ricadono le attenzioni della maggioranza della popolazione modenese per ricostruire una società nuova, contro il fascismo e contro chi si era arricchito sulle spalle delle classi meno abbienti. Sotto questo desiderio di cambiamento, il confronto sociale si inasprisce, mentre il sindacato unitario CGIL partecipa alle vertenze operaie nel territorio modenese. La Camera Confederale del Lavoro di Modena (istituita dal CLN nel 1946) assume un ruolo centrale a Modena e provincia, diventando in rapido tempo il punto dei lavoratori per arrivare ad accordi di fabbrica. Le tensioni internazionali e nazionali però si riflettono anche a Modena, e all’interno della Camera Confederale del Lavoro si aprono due correnti sindacali, la social-comunista e quella cattolica. Anche nel sindacato unitario CGIL le diverse componenti di ispirazione social-comunista e cattolica si scontrano: per la Camera Confederale del Lavoro di Modena, i sindacati cattolici rischiano di far venire meno l’unitarietà dei lavoratori. L’attentato al segretario del Partito Comunista, Palmiro Togliatti, nel 1948 riaccende le agitazioni in tutto il paese, sull’orlo di una guerra civile, e a questo seguì una rottura della già fragile unità sindacale. Il sindacato unitario CGIL organizza uno sciopero generale per protestare contro l’attentato a Togliatti, ma la componente cattolica abbandona la confederazione unitaria, dando vita alla CISL. La componente repubblicana, socialista e moderata costituisce la UIL. Queste divisioni fra le dirigenze sindacali ricadono sui lavoratori, che si ritrovano non più compatti nelle vertenze. Nel frattempo, gli industriali dovettero attendere un clima politico più favorevole con la vittoria della Democrazia Cristiana alle elezioni politiche del 1948 per riprendersi dall’efficacia delle lotte sindacali all’interno delle fabbriche. Il mondo datoriale nel tentativo di ripristinare il clima di assoggettamento della manovalanza nelle fabbriche proprio dell’epoca fascista, puntava a ristabilire strategie di contenimento del costo del salario e a ridurre al minimo le attività sindacali negli stabilimenti. E’ in questo periodo, poco prima del boom economico degli anni ’50, che la controffensiva imprenditoriale punta a non far diventare fabbriche e posti di lavoro dei luoghi sindacalizzati e di contro potere operaio e contadino. Tutto questo si riflette a Modena e provincia: nelle imprese vennero licenziati centinaia di attivisti e sindacalisti. Mentre a livello nazionale la politica repressiva del ministro dell’Interno Mario Scelba e del governo guidato da Alcide De Gasperi causa forti tensioni in diverse manifestazioni di lavoratori e contadini: 3 morti e 15 feriti a Melissa in Calabria il 25 ottobre 1949 perdono la vita ; 2 morti a Lentella il 21 marzo 1950 in Abruzzo; a Torremaggiore il 29 novembre 1949 in Puglia perdono la vita 2 manifestanti.

 

 

9 gennaio, le video testimonianze

 

 

In questo video sono contenute le testimonianze di: don Sergio Mantovani, cappellano di fabbrica presso le Fonderie Riunite; Walter Ferrarini, ex operaio alle Acciaierie e Ferriere del gruppo Orsi, che racconta l’attività dell’imprenditore Adolfo Orsi; Ivo Sola, testimone presente durante la manifestazione del 9 gennaio 1950 a Modena; Eliseo Ferrari, ex sindacalista Fiom, che spiega la manifestazione del 9 gennaio 1949 a Modena precedente a quella del 9 gennaio 1950; Bruno Bruzzi, ex operaio alle Fonderie Riunite, che descrive la situazione in fabbrica. Interviste a cura di Marco Amendola, realizzate nel 2005.

 

 

 

Modena, 9 gennaio 1950, cosa è successo prima? Spiegazione dei fatti

La “Società Anonima Fonderie Riunite Ghisa Malleabile”, avviata nel 1938, era una delle attività industriali del gruppo siderurgico guidato dall’imprenditore modenese Adolfo Orsi. Nel gruppo industriale in cui rientravano anche le Acciaierie Ferriere, Orsi ebbe il merito di acquisire e portare la Maserati da Bologna a Modena, facendo rientrare il marchio del tridente all’interno delle sue società. Come molti industrie dell’epoca, la proprietà si aggiudicò numerose commesse pubbliche dovute alle politiche industriali e del riarmo avviate dal regime fascista. E’ da sottolineare che il fascismo permetteva alle imprese di conseguire legalmente politiche aziendali e di produzione come bassi salari, licenziamenti liberi, assenza di rappresentanze sindcali nei posti di lavoro. Negli stabilimenti Orsi, impegnati a pieno regime nella produzione bellica, si arrivarono a contare circa 2 mila dipendenti. Con la fine della guerra, i lavoratori si organizzano e riprendono le attività sindacali vietate dal fascismo all’interno delle fabbriche: i consigli di fabbrica e le commissioni interne erano formati principalmente da antifascisti e questo incideva sugli aspetti produttivi, mentre a livello sindacale si puntava a maggiori diritti per gli operai, tolti durante il fascismo. Le fabbriche diventavano così luoghi altamente sindacalizzati. Questa la premessa della lunga vertenza, iniziata al principio del 1948 e sfociata nei tragici fatti del 9 gennaio 1950. La proprietà delle Fonderie Riunite, per contrastare il potetere dei consigli di fabbrica e delle commissioni, decide di licenziare 26 lavoratori, assunti temporanemante in fabbrica come provvisori. Il sindacato risponde immediatamente con uno sciopero per circa una settimana, che si allarga in altre fabbriche del grupo Orsi. Il prefetto di Modena costringe la proprietà e i sindacati a trattare, senza risultati. I sindacati continuano la forma di sciopero basata sulla “non collaborazione”. L’Associazone provinciale degli industriali modenesi risponde con una serrata delle Fonderie Riunite il 23 giugno, cioè l’interruzione a tempo indeterminato dell’impresa, un metodo non contemplato dalla Costituzione. Gli operai, come controrisposta, iniziano un picchetto davanti agli stabilimenti del gruppo Orsi, per convincere ed impedire ad altri operai di raggiungere il posto di lavoro. In città, la tensione inizia ad alzarsi, per arrivare a una tregua il 28 giugno 1948 con la ricollocazione dei 26 operai licenziati.

 

 

La seconda serrata 1949-1950

Le tensioni fra Usa e Urss, le correnti comuniste e cattoliche, le elezioni politiche con la vittoria della Democrazia Cristiana, incidono negativamente sul sindacato unitario Cgil arrivando alla scissione in Cgil, Cisl e Uil. Questa spaccatura si riflette anche sui lavoratori nelle fabbriche. Nel 1949 nelle aziende del gruppo Orsi si torna così a respirare il clima di tensione: il bilancio passivo, il cottimo collettivo e l’alta partecipazione sindacale nelle altre imprese del gruppo spingono la proprietà a una serie di contro misure con licenziamenti e minacce di serrate (29 dicembre 1948) presso gli stabilimenti Maserati e delle Fonderie Riunite. La Camera del Lavoro organizza per il 9 gennaio 1949 una manifestazione di protesta a Modena in solidarietà ai lavoratori. Le forze dell’ordine presenti in città per contrastare le frequenti occupazioni degli stabilimenti, quel giorno carica e fa disperdere i manifestanti. I mesi seguenti proseguono all’insegna di nuove tensioni fra lavoratori, sindacati e proprietà mentre l’obbiettivo del governo De Gasperi, attraverso il ministro dell’Interno Scelba, era quello di controllare la protesta. Tutto questo sfocia nel novembre del 1949 con la minaccia della proprietà di licenziare 120 lavoratori alle Fonderie Riunite, se la commissione interna non accetta un taglio dei salari e la non partecipazione del sindacato alle riunioni di gestione della produzione. Mentre i sindacati concertano un accordo, la proprietà applica inaspettatamente la serrata alle Fonderie Riunite il 5 dicembre 1949. I lavoratori organizzano picchetti alla fabbrica che durano per più di 3 settimane, con la solidarietà dei modenesi che portavano alimenti, e con lo stabilimento sempre presidiato dalle Forze dell’ordine. Il 28 dicembre la proprietà annuncia la riapertura delle Fonderie Riunite per il 9 gennaio 1950, con il taglio da 560 a 250 lavoratori. Nella complicata vertenza fra proprietà e sindacati interviene il sindaco di Modena Alfeo Corassori che incontra Adolfo Orsi, senza ottenere risultati. Nel frattempo, il Consiglio generale dei sindacati e delle Leghe della Camera del Lavoro proclama uno sciopero generale di 8 ore per il mattino del 9 gennaio 1950.

 

Verso il 9 gennaio 1950

La mattina del 9 gennaio 1950 circa 10 mila persone sono riunite davanti alle Fonderie Riunite e le Acciaierie, zona Crocetta viale Ciro Menotti. I tentativi della Fiom, della Camera del Lavoro, e dei parlamentari Pucci e Cremaschi di mediare con la proprietà, quella mattina assente, fallisce. Nel frattempo, la Questura – prevedendo un alto afflusso di manifestanti – dispone misure rigidissime con posti di blocco nel quartiere Crocetta e lo stabilimenti delle Fonderie Riunite presidiato militarmente dalle Forze dell’ordine arrivate anche da Bologna, Cesena, Ferrara, Parma, Reggio Emilia. L’inizio degli scontri fra i lavoratori e la celere si si sarebbero accesi in seguito al ferimento di un carabiniere da parte dei manifestanti, e di conseguenza le forze dell’ordine avrebbero aperto il fuoco per evitare di essere sopraffatte. Gli scontri culminano con 6 morti – Angelo Appiani, Ennio Garagnani, Alberto Rovatti, Renzo Bersani, Arturo Malagoli, Arturo Chiappelli – e oltre 200 feriti – ufficialmente 15 – che non andarono a farsi medicare per evitare ripercussioni sul posto di lavoro. Nessuna delle vittime lavorava nelle Fonderie Riunite.

 

 

I funerali del 9 gennaio nel documentario di Carlo Lizzani

Di

 Marco Amendola

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8 Gennaio 2019

 

 

 

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1 risposta a MODENA, 9 GENNAIO 1950 — WIKIPEDIA +++BLOG DI CLAUDIO AMENDOLA : ” MODENA, 9 GENNAIO 1950 – COM’E’ ANDATA DAVVERO “

  1. Donatella scrive:

    ” Vi ricordate quel Mario Scelba, con la sua Celere questura…” dice una canzone popolare di quel periodo. I morti di Modena uccisi dalla polizia di Scelba sono un episodio terribile di quel clima di repressione aggravato dalla sconfitta elettorale della Sinistra del 18 aprile 1948.

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