Una bella intervista al bravo fotografo — CHRISTOPHER ANDERSON ( 1970, CANADA ) + MOLTE IMMAGINI DAL SITO ” CANON “- link sotto

 

 

 

 

 

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Christopher Anderson

 

CHRISTOFER ANDERSON ( 1970, Kelowna, British Columbia, Canada ), è cresciuto nella città di Abilene, nell’ovest del Texas. E’ membro della Magnum Photos. Ha ricevuto molti premi tra cui il Robert Capa Gold Metal. Ha pubblicato vari libri, il libro intitolato ” Son ” è del 2013

altre notizie nel wikipedia inglese

https://en.wikipedia.org/wiki/Christopher_Anderson_(photographer)

 

 

 

 

Son: Amazon.it: Anderson, Christopher: Libri in altre lingue

AMAZON

 

 

 

 

CANON.IT

https://www.canon.it/get-inspired/stories/christopher-anderson-barcelona/

 

Barcelona street photographed by Christopher Anderson using the Canon EOS M5

 

 

 

Pagina iniziale

Il fotogiornalista autodidatta Christopher Anderson è nato in Canada, è cresciuto nella parte occidentale del Texas e per la maggior parte della sua vita di adulto la sua casa è stata New York. Membro della prestigiosa agenzia Magnum Photos e fino a poco tempo fa primo “fotografo residente” del New York Magazine, si è trasferito con la sua famiglia a Barcellona, che ha eletto a nuova casa. Lo abbiamo intervistato mentre esplorava il nuovo ambiente per scoprire la sua idea di casa, il suo approccio alla fotografia urbana e quali sono le caratteristiche fondamentali di una buona fotocamera.

 

Il viaggio verso casa

 

Per Chris, il concetto di casa ha essenzialmente a che fare con i legami: verso la famiglia, i suoni e il ritmo delle strade e con le persone del luogo in cui vive. Ma il suo è stato un lungo viaggio per scoprire dove si trovi veramente casa.

“Ho abbandonato la casa in cui sono cresciuto quando ero molto giovane e ho vissuto in moltissimi luoghi, viaggiando per il mondo alla ricerca di tutto ciò che fosse esotico. La curiosità e il senso dell’avventura hanno guidato i miei passi sempre più lontano, ma è stato guardando indietro che ho potuto capire cosa significhi casa per me.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Prima di creare una famiglia, ero quasi sempre in viaggio; la mia era una vita in costante movimento e casa era il luogo in cui mi svegliavo quel giorno. Ero un senzatetto nel senso letterale del termine, anche quando pagavo l’affitto per un’abitazione, perché non avvertivo alcun senso di appartenenza. Però, nascosto tra le pieghe di questo constante movimento, c’era un senso di ricerca del luogo a cui appartenere, la ricerca della casa.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“La nascita di mio figlio e il libro che ho realizzato su di lui, SON, hanno fatto sì che per la prima volta rivolgessi lo sguardo all’ambiente che mi circondava. È stato solo in quel preciso momento che mi sono reso conto che la mia idea di casa è legata allo spazio intimo che condivido con la gente che amo e ha poco a che fare con un luogo, una città o un’abitazione specifica.”

“Tutti i viaggi e le foto fino ad allora mi avevano preparato a realizzare le immagini di mio figlio e queste mi hanno regalato ciò che ho sempre cercato in una fotografia: un legame autentico con un’esperienza universale che, al tempo stesso, fosse completamente ed esclusivamente mia.”

“Dal libro SON sento anche che gran parte del mio lavoro si concentra sul continuare a esplorare il concetto di casa: un’idea che si espande in cerchi concentrici a partire dal mio nucleo famigliare. Barcellona è la continuazione di questo viaggio personale. Sto ancora fotografando casa mia e questo è soltanto un altro luogo in cui farlo.

 

 

Creare legami emotivi

 

Chris descrive l’atto del fotografare come “un legame con il luogo e le persone con cui sono collegato” e “un pretesto per stabilire collegamenti e scoprire di più su me stesso.” Tuttavia, ammette che, quando arriva in una nuova casa, impiega del tempo a stabilire un legame emotivo o ad avvicinarsi alla qualità che cerca, quel raro elemento che emerge dagli altri e gli causa un nodo in gola.

“Quando guardo le prime immagini che ho realizzato in un luogo che mi è completamente sconosciuto, posso vedere che vi è l’elemento delle nuove scoperte. Tutto sembra meraviglioso e pervaso da un senso di novità ed esotismo. Dopo aver superato questa fase e aver trovato nuovi luoghi che mi trasmettono emozioni più profonde e intense, è in quel momento che nascono le mie foto.”

 

 

 

 

“Ad esempio, quando ho iniziato a realizzare gli scatti per il progetto che poi è diventato il libro SON, non riuscivo a collocarlo in un contesto professionale. Ero soltanto un padre che scattava foto della sua famiglia. Sono rimasto sorpreso di quanto quelle immagini costituissero un insieme organico e mi sono reso conto che era quello che avevo sempre cercato in una foto. Non stavo cercando di scattare una bella foto bensì vedevo un qualcosa a cui ero legato. Lo stesso principio vale per qualsiasi soggetto io fotografi. Più comprendo il soggetto, più sono organiche le foto che realizzo e maggiore è la verità emotiva in ogni immagine.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Perciò, quando passo in rassegna le immagini durante la fase di editing, non vado alla ricerca della luce perfetta, della composizione o dell’esposizione, piuttosto cerco un’immagine che mi blocchi, che sia come un colpo nello stomaco: un’immagine che mi colpisca dal punto di vista emotivo. Questo è anche il solo modo che la renderà interessante per un’altra persona: se riesce a toccare le sue stesse corde.”

 

 

 

 

 

“Le combinazioni di luce, colore e così via sono soltanto dei trucchi: non sono gli elementi che legano una persona a un’immagine, sono sostanzialmente tutta apparenza. La vera essenza di un’immagine è qualcosa a cui tutti riescano a collegarsi. A volte, non riesci nemmeno a spiegarla, ad articolarla o a delinearla, eppure è lì. È la magia che fa risaltare un’immagine tra le altre e apre un varco tra tutto quel frastuono. Chiunque può scattare una bella foto ma per me non è sufficiente: voglio che le mie foto creino un legame più profondo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Il mio lavoro ha fatto un’incursione in ogni ambito, dalla fotografia di guerra alla ritrattistica e tutto quello che c’è nel mezzo assumendo di volta in volta differenti linguaggi visivi; tuttavia, mi piace pensare che ci sia elemento che li attraversi e li unisca tutti, ossia lo stesso senso di legame emotivo.”

 

 

 

La poesia delle strade

 

Chris ci ha spiegato che, collegandosi a persone e luoghi sconosciuti di Barcellona, il suo obiettivo era catturare ciò che egli definisce come la sensualità e la poesia delle strade:

 

 

 

 

“Quello che rende meravigliosa la fotografia urbana è il fatto che ti conceda il permesso di osservare e di collegarti. La pratica di per sé è anche una disciplina, è come suonare uno strumento musicale, che attinge dall’assiduità con cui si pratica l’osservazione. È come sintonizzare la radio a una certa frequenza. All’inizio senti solo il rumore statico, quindi, all’improvviso, trovi la frequenza giusta e senti la musica e avverti il ritmo del luogo in cui ti trovi. Un piacere sensuale è il solo modo in cui posso descriverlo.”

 

 

 

 

 

 

EOS M5 Sample Christopher Anderson 12.jpg

 

 

 

 

 

 

“Fuori, nelle strade, trovi quella polvere magica che sembra animare una foto. Forse è la luce, forse è la composizione che le fa prendere vita. È soprattutto la luce ad avere un certo modo di cambiare la scena e di avvolgere gli oggetti e le persone nel suo bagliore ultraterreno, infondendo in un determinato attimo qualcosa che va al di là dei colori, dell’azione o della geografia del luogo. Cerco spesso la luce e credo che essa sia intuitiva, che si possa avvertire e non solo vedere. La luce va ben oltre il momento.”

 

 

 

 

“In definitiva, le mie foto possono essere un riflesso della mia esperienza oppure no e quando girovago per le strade spero sempre di immortalare la poesia, non registrare semplici avvenimenti! Quando tutti i fattori si uniscono in un determinato modo, come la ragazza con la t-shirt bianca e nera e spettacolari capelli rossi che cammina nelle ombre incredibilmente nere e nella luce calda di una strada stretta, allora nasce la poesia.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una buona fotocamera

 

 

Per catturare la poesia delle strade di Barcellona, Chris ha utilizzato EOS M5, la nuova fotocamera mirrorless compatta e leggera di Canon, che incorpora molti degli attributi che egli cerca in una buona fotocamera: semplicità di utilizzo, portabilità eccezionale e prestazioni impeccabili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Una buona fotocamera deve garantirmi un funzionamento intuitivo. Voglio reagire rapidamente a una scena e non dover pensare ai meccanismi che, secondo me, interrompono la magia dell’immagine. Una fotocamera che mi faccia catturare con facilità un legame emotivo è più importante delle specifiche tecniche. Una fotocamera piccola e leggera come EOS M5 è particolarmente ideale quando devo percorrere grandi distanze come, ad esempio, i circa 8 km che mi sono serviti per realizzare gli scatti su Barcellona!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Ho lavorato nell’edilizia, dove ogni operaio aveva il proprio martello che conosceva alla perfezione e utilizzava con dimestichezza. Lo stesso accade a un fotografo con una fotocamera: devo sapere come la fotocamera risponderà e reagirà e sentire di utilizzarla agevolmente in modo da potermi fidare perché è un’estensione dei miei occhi e delle mie mani. Devo sapere che la fotocamera farà le cose in modo preciso! La fotocamera EOS M5 le ha fatte.”

 

 

 

 

 

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1 risposta a Una bella intervista al bravo fotografo — CHRISTOPHER ANDERSON ( 1970, CANADA ) + MOLTE IMMAGINI DAL SITO ” CANON “- link sotto

  1. Donatella scrive:

    Bellissime le foto e interessante quello che dice.

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