CARMELO LOPAPA :: Governo, verso una crisi al buio. Renzi pronto a ritirare le ministre entro il 7 — REPUBBLICA DEL 3 GENNAIO 2021- pag. 8

 

REPUBBLICA DEL 3 GENNAIO 2021- pag. 8

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MATTEO RENZI E IN VIDEO GIUSEPPE CONTE

 

 

 

Governo, verso una crisi al buio. Renzi pronto a ritirare le ministre entro il 7

03 GENNAIO 2021

Tutto potrebbe precipitare già domani, con un cdm, anche se il premier si dice ancora aperto al dialogo. Zingaretti vede Di Maio. Berlusconi ferma i “responsabili”

DI CARMELO LOPAPA

ROMA – All’inizio di questa settimana, al più tardi nel Consiglio dei ministri previsto il 7 per ridiscutere il Recovery plan, Matteo Renzi ritirerà la sua delegazione al governo. Fuori Teresa Bellanova Elena Bonetti, il Conte bis per lui finisce qui, la crisi di governo sarà formalmente aperta. Una crisi al buio, si sarebbe detto nella Prima Repubblica, nella quale ogni scenario è aperto.

La situazione è precipitata al punto che già domattina il segretario dem Nicola Zingaretti dovrebbe raggiungere il ministro 5S Luigi Di Maio alla Farnesina per studiare una exit strategy. Non c’è tempo da perdere. Tanto che il presidente del Consiglio, che poca voglia ha di farsi rosolare a lungo, potrebbe anticipare il cdm a domani. Ormai gli è chiaro che Matteo Renzi ne ha fatto una questione personale, prima che politica.

L’ex premier considera chiusa la partita, a prescindere da qualsiasi vertice o chiarimento, soprattutto dopo la conferenza stampa di fine anno di Conte e quella “sfida” alla prova dei numeri in Parlamento lanciata dall’“avvocato”. Uno “schiaffo”, secondo Renzi, al pari della decisione di mantenere saldamente a Palazzo Chigi la delega ai servizi segreti che invece tutti i presidenti del Consiglio hanno sempre ceduto ad altri.

Negli ultimi due giorni il solo Di Maio avrebbe fatto sapere al fondatore di Italia Viva che anche su quella delega in fondo si potrebbe discutere. Come pure la rinnovata disponibilità a rivedere la distribuzione dei 209 miliardi del Recovery fund viene ritenuta ormai “tardiva”.

“Conte non voleva misurarsi in Parlamento? Lo aspettiamo al Senato”, vanno ripetendo i luogotenenti renziani.

Alla Presidenza del Consiglio sono ormai pronti ad affrontare la tempesta. Rifiutano la lettura della “sfida” lanciata a fine anno. Il premier si sarebbe detto ancora una volta disposto al dialogo con l’avversario interno. Ma invano. Renzi è disposto a sedersi al tavolo delle trattative con gli alleati ma un minuto dopo le dimissioni di Conte. Poi, qualsiasi soluzione a suo dire è praticabile, tranne un Conte ter. Perché di una cosa l’ex “rottamatore” è convinto e cioè che non si andrà al voto in primavera.

Ai dem che gli agitano sotto il naso lo spauracchio elettorale, il senatore di Rignano (col partito sotto il 4%) replica di essere prontissimo a sostenere un governo guidato da Franceschini o da Gualtieri, dunque da un pd. Purché Conte si faccia da parte e non venga fuori un altro 5S, fosse pure Di Maio. Ben venga, per l’incendiario di questa crisi, anche una guida tecnica e porte spalancate – neanche a dirlo – per Mario Draghi, sempre che l’ex presidente della Bce sia interessato a pilotare un governo arcobaleno.

Il fatto è che l’inquilino attuale di Chigi non ha alcuna voglia di passare il testimone e chiudere qui la sua esperienza politica. Sa bene che dopo le dimissioni delle due ministre dovrà evitare il voto in Parlamento: con una bocciatura della fiducia al Senato il Quirinale non gli assegnerebbe mai un nuovo incarico. Non gli resterà allora che cercare voti alle Camere.

Dal 7 gli mancheranno 30 renziani a Montecitorio ma soprattutto i decisivi 18 a Palazzo Madama. Il dem Goffredo Bettini ha contattato anche ieri parecchi senatori dell’emiciclo destro, tra forzisti border line e potenziali responsabili del Misto. Ne basterebbero 10-12 per salvare la maggioranza. Ma al momento non c’è neanche quella claudicante dozzina. Si lavora anche su tre renziani ritenuti in bilico (ComenciniMarino e Vono). Ma non basterebbero.

Il Pd, racconta un ministro di peso, non ha in tasca una soluzione, al momento i numeri non ci sono. Ma potrebbero magicamente comparire se la crisi si avvitasse al punto da precipitare verso il buco nero elettorale.

Ieri Silvio Berlusconi ha chiamato in batteria i suoi per blindare il gruppo al Senato. Nessun subentro alla squadra di Renzi, meglio tenersi fuori e rientrare in partita in un eventuale governo di larghe intese o in quel che comunque verrà dopo Conte.

I big del Misto sono usciti tutti allo scoperto per dirsi pure loro indisponibili. “Non ci prestiamo a simili operazioni, non saremo la stampella di Conte”, hanno detto in tanti, dal governatore Giovanni Toti (riferimento di tre senatori), a Gaetano Quagliariello di Idea a Lorenzo Cesa dell’Udc. “Non saremo gli utili idioti”, sostiene il senatore Antonio Saccone.

Eppure, per dirla col forzista Osvaldo Napoli alla Camera, “per gli scommettitori c’è solo una possibilità su mille che si torni al voto” .Conte fa sapere di non temere le elezioni, pronto ad affrontarle alla guida di una sua lista (con ministri) o del M5S. Facendo leva sul “tradimento” di Renzi e sull’emergenza Covid ancora da governare. Basterebbe per farlo tornare a Palazzo Chigi?

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