Gino Rossi (vero nome Luigi; Venezia, 6 giugno 1884 – Treviso, 16 dicembre 1947) è stato un pittore e incisore italiano.
Nacque da Stanislao e Teresa Vianello in una casa di calle degli Orbi, nel circondario di San Samuele. La famiglia era di condizioni benestanti in quanto il padre era fattore del conte Enrico Carlo di Borbone-Parma, proprietario di Ca’ Vendramin Calergi.
Studiò presso il Collegio degli Scolopi della badia Fiesolana, passando poi al liceo Foscarini (che abbandonò nel 1898).
Nel 1907 assieme all’amico scultore Arturo Martini si recò a Parigi, dove fu attratto dalla pittura di Gauguin (oltre a quella di Van Gogh e dei Fauves).
Sulle orme del pittore di Tahiti, si recò quindi in Bretagna, che costituì per lui una grande scoperta.
Ne ritornò con alcune opere tra cui il famoso dipinto La fanciulla del fiore. Partecipò quindi alle mostre di Ca’ Pesaro, che svolgevano in quel tempo a Venezia un ruolo stimolante per il rinnovamento della cultura italiana in opposizione alle esposizioni ufficiali della Biennale di Venezia.
Ancora con Martini ritornò a Parigi nel 1912, dove esposero insieme al Salon de l’Automne, accanto a Amedeo Modigliani. Il suo primo periodo, dal 1908 al 1914, è sottolineato da una serie di opere eseguite nei soggiorni a Burano (che per lui e altri pittori veneziani costituì una specie di Bretagna) e ad Asolo.
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Richiamato alle armi e inviato al fronte, subì il dramma della guerra fino in fondo; le vicende della prigionia e particolari crisi familiari scossero irrimediabilmente il suo equilibrio mentale. Il ritorno in patria e i nuovi contatti con l’arte aprirono a Rossi nuove visioni e nuovi indirizzi, che portarono la sua pittura verso il Cubismo, risalendo fino alle origini la lucida lezione di Cézanne.
Dal 1918 al 1924 (epoca in cui il suo male di acuisce fino a condurlo, nel 1925, al manicomio Sant’Artemio di Treviso, da cui uscirà soltanto morto nel 1947) compie alcune opere che lo pongono, come più tardi la critica riconoscerà, tra i più grandi artisti all’origine dell’arte moderna italiana.
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IL PALAZZO DI CA PESARO A VENEZIA
31 marzo 2018
Arianna Testino
Gino Rossi, Burano, 1912-14. Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani
Fa risuonare le corde dell’attualità la mostra-tributo che la sede di Ca’ Pesaro dedica a uno dei suoi artisti più impetuosi e, purtroppo, meno ricordati. Le due sale restaurate all’ultimo piano del museo veneziano accolgono una ricca, seppur numericamente minuta, selezione di opere firmate da Gino Rossi (Venezia, 1884 ‒ Treviso, 1947), pittore annoverato fra i “giovani ribelli” che, nel primo Novecento, avevano trovato in Ca’ Pesaro un rifugio e una cassa di risonanza per il proprio talento.Donato al Comune di Venezia, nel 1898, da Felicita Bevilacqua La Masa, l’edificio che si specchia nel Canal Grande doveva diventare, in linea con il lascito testamentario della lungimirante duchessa, un luogo di promozione e salvaguardia dell’arte moderna e contemporanea, dunque anche, e soprattutto, delle nuove generazioni. Ecco allora che il piano terra e il mezzanino assurgono a scenario ideale per le mostre dell’Opera Bevilacqua La Masa, organizzate a partire dal 1908 sotto la guida di Nino Barbantini, allora direttore, appena 23enne, della Galleria d’Arte Moderna capesarina e segretario dell’Opera Bevilacqua La Masa.
Gino Rossi, Poemetto della sera, 1923. Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani
INQUIETUDINE E RIBELLIONE
Giovinezza e desiderio di novità, oltre i limiti ormai logori di un passato ancora recente, sono il trait d’union della compagine che animava un polo creativo in anticipo di un secolo su quelli odierni. Un gruppo di giovani allettati dalla possibilità di mettere alla prova se stessi e la loro epoca, usando come “arma” un linguaggio visivo carico di energia, fatto di pennellate decise, di colori inquieti e di un approccio alla materia scultorea che non accetta le mezze misure. Tutto questo si ritrova nei lavori in mostra, dove le prove pittoriche e grafiche di Gino Rossi affiancano gli interventi dei colleghi Arturo Martini e Umberto Boccioni, partecipi, insieme a Rossi, del clima di rinnovamento e rottura che stava sferzando i retaggi di una Venezia ottocentesca, paludata e in cerca di una nuova identità. È la medesima irrequietezza su cui pongono l’accento le parole di Barbantini, riportate in catalogo da Elisabetta Barisoni, curatrice della rassegna con Luca Massimo Barbero: “Alcuni giovani inquieti, raccolto qui il frutto delle loro opere, celebrano così la loro inquietudine e la loro gioventù. […] Noi siamo stati i primi in Italia che, ordinando esposizioni d’arte, dimostrassero una fiducia assoluta ed esclusiva nei giovani, e che ne custodissero e ne esaltassero ogni ricerca, ogni ribellione, ogni iniziativa”.
Gino Rossi, Ritratto di signora, 1914. Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani
GIOVANI TALENTI
Barbantini si fa portatore, al fianco dei giovani artisti, di istanze consapevolmente ribelli e lontane da un solco già tracciato. Istanze che guardano oltreconfine ‒ lo stesso Rossi, prima di figurare nel gruppo degli “inquieti” capesarini, aveva maturato una precocissima formazione oltralpe ‒ e che spingono il gruppo veneziano a cercare nuova ispirazione fuori dal rassicurante perimetro del centro storico cittadino, scegliendo la periferica Burano come dimora carica di input visivi, ricorrenti in numerosi olii di Rossi.Frutto del dialogo tra la collezione di Ca’ Pesaro e quella della Fondazione Cariverona, la mostra rispolvera e celebra un essenziale capitolo della storia veneziana novecentesca, celebrando l’élan vital giovanile come una risorsa inestimabile, che Venezia, e la contemporaneità in genere, non devono sottovalutare.
GINO ROSSI, MARINA, DOURMANEZ, 1910 ca. FONDAZIONE MUSEI CIVICI DI VENEZIA, GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA CA’ PESARO.
GINO ROSSI, PAESAGGIO NORDICO CON BARCHE A VELA, 1911-12,
Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani
GINO ROSSI, STUDIO PER NATURA MORTA CON VIOLINO E PIPA, 1922,
FONDAZIONE MUSEI CIVICI DI VENEZIA, GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA CA’ PESARO.
GINO ROSSI, TESTA DI PESCATORE, PESCATORE BURANESE, 1912-13.
FONDAZIONE MUSEI CIVICI DI VENEZIA, GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA CA’ PESARO.
GINO ROSSI, PAESAGGIO DI BURANO, 1913-14,
FONDAZIONE MUSEI CIVICI DI VENEZIA, GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA CA’ PESARO.
GINO ROSSI, IL RITORNO, 1922,
Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani
GINO ROSSI, FIGURE FEMMINILE, 1913-14, FONDAZIONE MUSEI CIVICI DI VENEZIA, GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA CA’ PESARO.
GINO ROSSI, COMPOSIZIONE, 1923- 25,
Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani
GINO ROSSI, BURANO
G, 1914 ca.
FONDAZIONE MUSEI CIVICI DI VENEZIA, GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA CA’ PESARO.
GINO ROSSI, IL BRUTO, 1913 —
Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani
GINO ROSSI, BARENE A BURANO, 1912-13
Collezione Fondazione Cariverona. Archivio Fotografico Fondazione Cariverona, photo Saccomani
ALCUNE OPERE DA INTERNET ::
MATERMITA’, 1913, FONDAZIONE CARIVERONA
DUE DONNE, 1914
RAGAZZA, 1920
PEIMAVERA IN BRETAGNA, 1909, MUSEO CIVICO LUIGI BAILO DI TREVISO
FANCIULLA DEL FIORE, 1909
Grazie per averci fatto conoscere questo grande artista.