FILM COMPLETO, PER PARTI, IN ITALIANO :: ” VOGLIAMO I COLONNELLI ” DI MARIO MONICELLI DEL 1973

 

 

Vogliamo i colonnelli è un film del 1973 diretto da Mario Monicelli, presentato in concorso al 26º Festival di Cannes. È una commedia satirica a sfondo fantapolitico che immagina un maldestro colpo di Stato in Italia, con esplicite allusioni ai presunti tentativi di golpe del 1964 e del 1970 e al regime dei colonnelli greci. Il film è uscito nelle sale italiane il 6 marzo 1973, pochi mesi prima del Colpo di Stato in Cile del 1973.

 

 

 

 

PRIMA PARTE — 24.46 minuti

https://www.youtube.com/watch?v=fsMK8-ktuYY

 

 

 

 

SECONDA PARTE — 28.30 minuti

https://www.youtube.com/watch?v=3xF7LmGPyIM

 

 

 

TERZA PARTE –23.52 minuti

https://www.youtube.com/watch?v=7L8j2wRSfS0

 

 

 

PARTE QUARTA — 14.15 minuti

 

https://www.youtube.com/watch?v=hWNQghTESvM

 

 

 

 

ULTIMA PARTE — 15.40 minuti

https://www.youtube.com/watch?v=Su9Cq85QlnM

 

Trama

«La cosiddetta congiura dei colonnelli di giugno prende storicamente le mosse nel giorno in cui si festeggia la proclamazione della Repubblica»

(voce narrante di Riccardo Cucciolla all’inizio del film)

«Anche la marcia su Roma fu una pagliacciata… Ma riuscì.»

(Il Ministro Li Masi al Presidente della Repubblica)

 

Milano, anni settanta: un ordigno esplosivo fa crollare la Madonnina del duomo di Milano, scatenando un’ondata di sdegno in tutto il Paese e all’estero. L’attentato è stato organizzato da estremisti di destra per incolpare le Sinistre ma l’on. Giuseppe Tritoni, che fa parte del complotto, finisce col rompere col suo partito. La “Grande Destra” sta infatti perseguendo una politica di inserimento nel sistema, presentandosi come il partito che vuole “la libertà nell’ordine e l’ordine nella libertà“. L’onorevole, persuaso che il potere vada preso prima che la sinistra prenda il sopravvento, si rivolge all’anziano colonnello Ribaud affinché gli procuri un appuntamento con il generale Bassi-Lega, messo a riposo a metà pensione per aver preso parte ad un tentativo di golpe. Il Tritoni lo convince a dargli una lista segreta di ufficiali che si erano detti disponibili a partecipare al complotto, a suo tempo compilata dal generale De Vincenzo.

Reclutati i partecipanti, si rivolge all’industriale Irnerio Stainer per il finanziamento dell’impresa. Per convincerlo a sborsare cinquecento milioni lo minaccia di rivelare i retroscena di una fornitura di vecchi apparecchi radio all’esercito, residuati di guerra malfunzionanti venduti a prezzo pieno in complicità col generale Alcide Bosisio. Ottenuti i finanziamenti e organizzato un campo paramilitare per l’addestramento dei partecipanti, i congiurati si riuniscono in una villetta isolata per mettere a punto i dettagli del piano “Volpe nera” (rapimento del presidente della Repubblica e occupazione della Rai per l’annuncio del colpo di Stato) e decidere il futuro ordinamento del Paese.

Alla riunione prende parte il colonnello Andreas Automatikos, membro dei servizi segreti della neonata Dittatura dei colonnelli. Un giornalista di sinistra, Armando Caffé, che si trova casualmente da quelle parti, scatta una serie di foto compromettenti e consegna il materiale all’onorevole Luigi Di Cori del PCI. Quest’ultimo si reca col segretario del PSI e il sottosegretario democristiano agli interni dal ministro dell’Interno Li Masi, che tuttavia non sembra dare grande importanza alla notizia, definendo l’operazione di Tritoni “cervellotica e buffonesca” e le intenzioni dei tre uomini “una speculazione politica”. Li rassicura tuttavia che passato il fine settimana avrebbe preso i provvedimenti del caso.

Nelle stesse ore i congiurati sono pronti a passare all’azione. La base è una palestra pugilistica, da dove ci si tiene in contatto con le forze militari che stanno convergendo a Roma e con diverse pattuglie di uomini travestiti da carabinieri, pronti ad eseguire una serie di arresti programmati. Per le comunicazioni si utilizzano tuttavia gli stessi apparecchi radio residuati bellici forniti da Stainer all’esercito. A causa del loro funzionamento precario ci si collega con uno scacchista che, credendo di comunicare con l’avversario, detta una mossa che viene interpretata dal colonnello Barbacane come la posizione dell’aeroporto di Fiumicino. Paracadutata la squadra in un pollaio di Maccarese, viene per errore lanciato il segnale di avvenuta occupazione, sballando tutti i tempi dell’operazione. La squadra del colonnello Furas arriva alla sede Rai dopo la fine delle trasmissioni, quando è ormai inutile lanciare l’appello alla nazione.

Parte intanto un’operazione di polizia. I congiurati vengono arrestati, mentre Tritoni riesce a nascondersi da Marcella Bassi Lega, venendo poi scoperto dalla polizia assieme ad uno dei numerosi amanti della donna, mancato al golpe per “appendicite”. Il parlamentare è quindi portato dal presidente della Repubblica, insieme al quale si trovano anche il ministro dell’Interno Li Masi e gli altri capi della congiura. Questi lo tradiscono svelando la sua idea golpista; Li Masi svela a sua volta che aveva già scoperto tutto e preparato un contro-colpo di Stato al fine di isolare gli estremismi politici e di instaurare uno stato di polizia tecnocratico di stampo autoritario. Tritoni, umiliato e irato, sottrae a un militare una granata, minacciando di farla esplodere e facendo morire il presidente della Repubblica di infarto, favorendo così i piani del ministro Li Masi.

Un anno dopo, Tritoni si trova nello Stato militarista che sognava, ma senza di lui. Il leader del suo ex-partito la Grande Destra sostiene il governo e l’imprenditore Stainer è ministro del Lavoro, così come sono ministri alcuni militari che affermavano fedeltà alla Repubblica. Tritoni cerca quindi di vendere il suo piano golpista a dei politici di un sottosviluppato stato africano.

 

 

Riferimenti ai fatti reali

«C’è un grande passato nel nostro futuro»

(Finale del proclama agli italiani da leggere alla TV)

 

Il film è un esplicito richiamo alle numerose trame golpiste avvenute nei primi anni ’70. Sono molti i richiami al generale Giovanni de Lorenzo e al Piano Solo e chi sostiene che la trama ricorda in modo esplicito la cronaca del presunto tentativo di colpo di stato attribuito al principe Junio Valerio Borghese la notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970. La pellicola mescola in realtà riferimenti ad entrambe le vicende, che ebbero in comune l’idea di far convergere clandestinamente su Roma dei reparti militari per occupare i suoi punti vitali (la televisione, il Ministero dell’interno) e mobilitare finti appartenenti alle forze dell’ordine per l’arresto di determinati politici. In particolare:

Il campo paramilitare

L’onorevole Cicero (Gianni Solaro) e l’onorevole Mazzante (Tino Bianchi)

  • la morte per infarto del presidente della Repubblica Italiana rimanda al colpo apoplettico avuto da Antonio Segni nel 1964, e non a caso l’attore che lo impersona gli somiglia;
  • il segretario della “Grande Destra” (partito fittizio che già nel nome è un esplicito riferimento alla Destra Nazionale missina del 1973) somiglia a Giorgio Almirante nelle fattezze e nella rima del cognome (Mazzante);
  • il fittizio generale De Vincenzo, autore di un tentativo di colpo di Stato avvenuto nel 1968, è un chiaro riferimento al nome del generale Giovanni de Lorenzo;
  • la palestra di pugilato che fa da base dell’operazione “Volpe Nera” è un riferimento all’Accademia pugilistica romana, dove Junio Valerio Borghese riunì i suoi uomini per il colpo di stato del 1970, poi fallito;
  • il campo di addestramento dove Tritoni tiene un comizio richiama i campi paramilitari degli anni ’70 scoperti in varie località (Zafferana Etnea, Menfi, Forte Parmand di Salbentrand; e non ha nulla a che vedere con i Campi Hobbit, organizzati tra il 1977 e il 1981;
  • il contro-piano del ministro Li Masi, che con la scusa di reprimere la rivolta attua un vero colpo di Stato, richiama la cosiddetta Esigenza Triangolo,[7] un piano che sarebbe stato ideato come scusa per consentire ai governi democristiani di emanare leggi speciali e dare il via alla strategia della tensione in Italia come metodo di conservazione del potere;

Del tutto arbitraria è invece l’identificazione dei personaggi del film coi protagonisti delle trame golpiste.

Come ha raccontato Mario Monicelli il carattere e il modo di fare dei protagonisti richiama alcuni luoghi comuni tipici della destra italiana di quegli anni, lacerata tra lo spiritualismo conservatore evoliano, l’ideologia reazionaria tipica dei monarchici e il movimentismo ribelle dei settori giovanili, cui aggiunge due figure stereotipate dell’industriale finanziatore e dell’alto prelato militarista. Lo stesso Monicelli, del resto, ha definito il film un’opera di fantapolitica e satira, volutamente non a lieto fine “per far suonare una campana. Dire al cittadino di fare attenzione, di essere vigilante, di non lasciarsi abbagliare solo da episodi clamorosi“. Una farsa “costruita prendendo spunto dai giornali che adombravano la faccenda“, aggiunge riferendosi al generale col monocolo (de Lorenzo), e alla Guardia forestale fatta scendere a Roma nel 1970.

Riprendendo un copione già visto ne I soliti ignoti e più ancora ne L’armata Brancaleone il regista mette insieme una sgangherata compagnia fatta di militari nostalgici e delinquentelli di bassa tacca che pensano di poter prendere il potere senza fare ricorso alla violenza, fidando nella debolezza dello Stato e convinti che gli italiani, di fronte ad “un pugno di uomini decisi“, li avrebbero seguiti “chi per fede, chi per interesse chi per paura“.

Nel film si fa riferimento ai maiali, siluri sottomarini in dotazione ai guastatori italiani (di cui fu comandante Junio Valerio Borghese) identificati qui come barchini e non siluri.

 

 

CRITICA

“La commedia potrebbe essere una ammonizione non tanto nei confronti di eventuali attentati alla Nazione, condotti da burattini in stile da operetta, quanto nei riguardi di ‘operazioni indolori’ approdanti a trasformazioni politiche antidemocratiche più pericolose e irreparabili. Alla vicenda in realtà nuocciono il tono – che ondeggia tra la farsa popolaresca, il grottesco e la caricatura – e l’indugiare sul ‘colpo di Stato fallimentare’: il primo perché demitizzante del pericolo denunciato, la seconda perché a scapito di un discorso più profondo.” (Segnalazioni Cinematografiche, vol. 75, 1973)

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1 risposta a FILM COMPLETO, PER PARTI, IN ITALIANO :: ” VOGLIAMO I COLONNELLI ” DI MARIO MONICELLI DEL 1973

  1. Donatella scrive:

    Nella realtà, tutti i responsabili del fallito golpe Borghese vennero assolti, non si conosce ancora oggi chi fece la telefonata a Borghese per sospendere il golpe già iniziato durante la notte, insomma, uno dei tanti misteri all’italiana.

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