ANSA.IT –24 NOVEMBRE 2020 –15.01
Eures, 91 donne vittime di femminicidio nel 2020.
Sono i dati dei primi 10 mesi, un omicidio ogni tre giorni, gran parte in ambito familiare
La panchina rossa che si trova a Scicli
Un drappo rosso contro i femminicidi
Violenza donne: una panchina rossa contro la violenza
IN UN ANNO 120 FEMMINICIDI, 48MILA STUPRI IN 10 ANNI
Violenza donne : ricordata scrittrice Appiano al Wall of dolls [ARCHIVE MATERIAL 20180615 ]
Sono 91 le donne vittime di omicidio nei primi dieci mesi del 2020. ancora una ogni tre giorni.
Sono i dati del rapporto Eures sul femminicidio in Italia: che segnala una leggera flessione rispetto alle 99 vittime dello stesso periodo dell’anno precedente. A diminuire significativamente sono tuttavia soltanto le vittime femminili della criminalità comune (da 14 ad appena 3 nel periodo gennaio-ottobre 2020), mentre risulta sostanzialmente stabile il numero dei femminicidi familiari (da 85 a 81) e, all’interno di questi, il numero dei femminicidi di coppia (56 in entrambi i periodi), mentre aumentano le donne uccise nel contesto di vicinato (da 0 a 4).
Sono 3.344 le donne uccise in Italia nel XXI secolo. Lo rileva il rapporto sul Femminicidio. Le 3.344 le donne uccise in Italia tra il 2000 e 31 ottobre 2020, pari al 30% degli 11.133 omicidi volontari complessivamente censiti ed elaborati dall’Istituto di Ricerca Eures, anche grazie alla preziosa collaborazione del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno.
L’incidenza della componente femminile registra negli anni una costante crescita, per effetto di una marcata flessione degli omicidi in alcuni ambiti come la criminalità comune e organizzata dove le vittime sono soprattutto uomini, e una flessione assai più attenuata degli omicidi familiari (dove le vittime sono principalmente donne). Tale dinamica raggiunge il suo apice nel 2020, quando si attesta sul 40,6% dei casi censiti, ovvero la percentuale più alta di sempre.
Analogamente i femminicidi familiari (che negli ultimi 20 anni presentano un’incidenza progressivamente crescente), registrano il valore più elevato proprio nell’ultimo anno (89%), a fronte di una percentuale media del 73,5% (pari a 2.458 femminicidi familiari dal 2000 ad oggi).
La coppia continua a rappresentare il contesto relazionale più a rischio per le donne, con 1.628 vittime tra le coniugi, partner, amanti o ex partner negli ultimi 20 anni (pari al 66,2% dei femminicidi familiari e al 48,7% del totale delle donne uccise) e 56 negli ultimi 10 mesi (pari al 69,1% dei femminicidi familiari e a ben il 61,5% del totale delle donne uccise).
Gli autori sono “per definizione” nella quasi totalità dei casi uomini (94%), con valori che nel corso dei singoli anni oscillano tra il 90% e il 95%.
Conte: ‘Qualcosa migliora ma la strada è lunga’
“Alcuni dati mostrano che qualcosa comincia a funzionare meglio che in passato ma siamo consapevoli che il Codice Rosso non è la panacea. I dati sui dati dei femminicidi ci dicono che il percorso da fare è ancora lungo”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte in un messaggio per la presentazione del rapporto “Un anno di Codice Rosso”. “Il Codice è solo un tassello fondamentale importantissimo che riguarda il momento in cui la violenza è già avvenuta: non basta. Un intervento serio richiede tempo, un approccio sinergico e la consapevolezza che la strada per invertire darà i suoi frutti nel tempo ed è questa la strada che come governo, insieme ai ministri, ci impegniamo a percorrere”
IL FATTO QUOTIDIANO DEL 19 NOVEMBRE 2020
Violenza sulle donne, un fenomeno strutturale che necessita di un cambio di marcia
di Jakub Stanislaw Golebiewski
Il nostro è un paese meraviglioso ma pieno di contraddizioni altisonanti e ben difformi da una giusta e condivisa etica e morale di genere. Ho atteso qualche giorno prima di scrivere sull’ennesimo caso di omicidio-suicidio avvenuto a Carignano (To) in cui un uomo, dopo aver rivolto la pistola contro la moglie, i due figli e il cane si è tolto la vita. Un colpo alla testa contro la donna, deceduta sul colpo, contro il figlio, morto mentre veniva trasportato in ospedale, e contro la figlioletta che si è spenta dopo alcuni giorni in terapia intensiva.
Contesto e modalità sono più che note, da una parte un folle assassino, dall’altra una moglie con i suoi figli vittime di questo padre-Medea che oramai rappresenta miseramente il declino dell’impero patriarcale, un impero in decadenza in cui le donne devono ancora accettare quello che gli uomini decidono per loro (…e per il loro bene…) sottomesse al volere del pater familias.
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Carignano, è morta anche la piccola Aurora: il padre le ha sparato alla testa dopo aver ucciso la madre e il fratellino di 2 anni: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/11/carignano-e-morta-anche-la-piccola-aurora-il-padre-le-ha-sparato-alla-testa-dopo-aver-ucciso-la-madre-e-il-fratellino-di-2-anni/6000578/
Questo bel contenitore in cui una donna deve essere obbligatoriamente felice, magari perché “fa la signora e non le manca nulla”, spesso si è rivelato una trappola, ha nascosto pericoli e insidie soprattutto per quelle donne fragili e sprovviste di autonomia morale, obbligate ad incarnare una serie di virtù tutte al femminile come l’obbedienza, il silenzio e la fedeltà, riuscendo a garantire totale apatia per il proprio destino.
Chi può mai arrivare a chiedere tutto ciò ad una donna? A farlo sono uomini che mai hanno e mai accetteranno l’autonomia femminile. Sono gli stessi che, spesso per debolezza, vogliono controllare ossessivamente la donna e sottometterla al proprio volere. Quanto più questa cerca di affermarsi come uguale in dignità, valore e diritti all’uomo, tanto più lui reagisce in modo violento.
Oggi sappiamo che la violenza contro le donne non è più solo l’unico modo in cui può esprimersi un pazzo, un mostro, un malato; un uomo che proviene necessariamente da un contesto sociale povero e incolto. L’uomo violento può essere di buona famiglia, avere un buon livello culturale e di istruzione. Poco importa il lavoro che svolge o la posizione sociale che occupa, comunque riesce a trasformare la vita della donna in un incubo e, quando questa cerca di rifarsi la vita, la cercano, la minacciano, la picchiano, talvolta la uccidono, facendo lo stesso anche ai suoi figli, per poi suicidarsi da vili.
Sia ben chiaro, la violenza non è frutto di raptus o ‘tempeste emotive’: si annida in una cultura patriarcale ancora oggi difficile da estirpare. Eppure la recente storia ci racconta che in nome della parità uomo-donna, le donne hanno già rotto questi schemi arcaici e da tempo si sono riappropriate del loro corpo sancendo a priori l’inviolabilità dello stesso e l’urgenza affinché ogni violenza agita su quel corpo fosse classificata reato contro la persona e non contro la morale. Non a caso uno degli slogan urlati a squarciagola negli anni 70 era “né puttane né madonne, finalmente solo donne!”, parole che apparentemente hanno spianato la strada ad una completa autodeterminazione, emancipazione e liberazione della donna.
In parte è così, ma di fatto è una maledetta bugia che gli uomini ipocriti del patriarcato continuano a raccontarsi per mascherare un totale disinteresse sulla reale parità di genere. Secondo un rapporto Onu sull’omicidio globale – “Global Study on Homicide 2019” – realizzato da Unodc – il 58% degli omicidi di donne riportati nel 2017 è stato commesso dal partner, da un ex partner o da un familiare. Nel mondo si verificano mediamente circa 140 femminicidi ogni giorno, uno ogni 10 minuti. In Italia in media avviene un femminicidio ogni 72 ore, secondo i dati forniti da Eures ad ottobre del 2018.
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Lucia Caiazza, la morte della 52enne durante il lockdown non fu per un incidente stradale ma per le botte del compagno: arrestato
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/15/lucia-caiazza-la-morte-della-52enne-non-fu-per-un-incidente-stradale-ma-per-le-botte-del-compagno-arrestato/5967357/
Ma perché noi uomini continuiamo ad uccidere le donne? Molti di questi delitti passionali non sono altro che il sintomo del declino patriarcale a favore di una lenta e difficile ma comunque inesorabile liberazione della donna. L’uomo fa uso della violenza come se fosse l’unico modo per sventare la minaccia di una perdita, per continuare a mantenere un controllo sulla donna, per ridurla a mero oggetto di possesso. La paura di perdere anche solo alcune bricioline di potere lo rende volgare, aggressivo, violento.
Questo grave agire nei confronti del genere femminile, in contrasto con ogni legge, è purtroppo ancora un fenomeno strutturale e non emergenziale, come dovrebbe invece essere, nonostante le centinaia di vittime e gli impegni continui del Legislatore. Non si vede alcuna luce in fondo al tunnel, anzi è sempre più lungo e costellato di perdite, un danno collaterale troppo caro che non ci possiamo più permettere di pagare; per questa ragione è necessario un repentino cambio di marcia, un passaggio obbligato dall’ordinario allo straordinario, adottando modalità emergenziali nella trattazione della violenza sulle donne, come avviene in caso di epidemia o cataclisma.
Solo così e solo attraverso l’adozione di misure serie e strutturate che si basano sull’individuazione e lo studio del fenomeno, sulla comprensione degli agenti che lo determinano e sull’applicazione di soluzioni decise ed immediate, possiamo educare la nostra società a un futuro migliore e consegnare i carnefici, se ancora vivi, nelle mani della giustizia.
A parole nostre – Sogni, pregiudizi, ambizioni, stereotipi, eccellenze: l’universo raccontato dal punto di vista delle donne. Non solo per le donne.
Io penso che il fenomeno della violenza sulle donne sia qualcosa di molto complesso, diverso anche da caso a caso. C’è sicuramente un retaggio pesantissimo del passato, per cui la donna aveva un ruolo subordinato nella società ( e in parte c’è ancora). Mentre parliamo di violenza sulle donne ( che si esprime in tanti modi, sia materiali che di opinione), dovremmo parlare anche di violenza sugli uomini, non necessariamente fisica. Un parlamentare della Lega, nelle ultime votazioni politiche, ha ottenuto un sacco di voti puntando sui padri che, in seguito a sentenze di divorzio, erano disperati per non potere vedere regolarmente i figli e dovevano arrabattarsi per pagare l’ indennità mensile all’ex-famiglia ( ho avuto sotto gli occhi un caso del genere, con persone che conoscevo). Tutto questo dovrebbe far riflettere sulla difficoltà di queste situazioni. La società, anche la nostra, per fortuna è cambiata, ma i traumi di questi cambiamenti sono vissuti in solitudine dalle persone, che fanno fatica ad adattarsi a certi cambiamenti sociali e culturali. In tutto questo potrebbe avere una grande capacità di influenza la scuola e l’educazione in genere, che ci dovrebbe abituare al rispetto della persona, di qualunque sesso e condizione sia, perché tutti noi siamo fragili ( ed alcuni lo sono di più) negli affetti, in quello che pensiamo di noi, nell’autostima. Gli uomini che fanno strage della famiglia e poi si suicidano credo che facciano parte delle vittime, come le donne e i bambini. In questa disperata fragilità che non riescono a superare c’è una tragica richiesta di aiuto, da parte di tutti gli attori della tragedia. In nome della comune umanità e sofferenza bisognerebbe poter entrare con sensibilità, cultura e cura. Sicuramente la storia procede lentamente e a sbalzi, ma sta alla capacità di comprensione e reazione degli esseri umani e della società di prevenire e di accompagnare questi salti di mentalità che possono essere molto dolorosi per molte persone.