FILIPPO RIZZI : Lutto. È morto padre Bartolomeo Sorge, gesuita e politologo –AVVENIRE.IT — 2 NOVEMBRE 2020 +++FRANCESCO GRANA, IL FATTO QUOTIDIANO: Morto padre Bartolomeo Sorge, il gesuita che la mafia voleva uccidere.

 

 

Avvenire

 

2 novembre 2020

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/padre-bartolomeo-sorge-morto

 

Lutto. È morto padre Bartolomeo Sorge, gesuita e politologo

Filippo Rizzi martedì 3 novembre 2020

 

Fu protagonista della «Primavera di Palermo». Fedele al Vaticano II, amico di Paolo VI. «Grato di aver potuto celebrare Messa ogni giorno della vita»

E' morto padre Bartolomeo Sorge, già direttore di Aggiornamenti Sociali dal 1997 al 2009E’ morto padre Bartolomeo Sorge, già direttore di Aggiornamenti Sociali dal 1997 al 2009 – Ansa

 

 

Lo stupore all'Aloisianum: "Come potevamo prevederlo?"

L’Aloisianum è l’istituto universitario di studi filosofici dei Gesuiti, già Pontificia Facoltà di Filosofia, nato a Gallarate in provincia di Varese e con sede anche a Padova. È retto dalla Compagnia di Gesù, che ha sede a Roma.Il nome deriva da Aloisius (Luigi in latino), ed è dedicato al gesuita San Luigi Gonzaga.In quanto Istituto Universitario, dal 1993 la Sede di Padova è affiliata alla Pontificia Università Gregoriana di Roma.

È noto nell’ambito della Chiesa Cattolica non solo per l’alto livello degli studi, ma anche perché vi studiò, presso la sede di Gallarate, il cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano.

Sorse nel 1839 come seminario degli aspiranti gesuiti, dedicato a San Luigi Gonzaga. Dopo varie peregrinazioni per l’Italia, grazie alla generosa donazione della contessa Rosa Piantanida Bassetti Ottolini (della famiglia proprietaria delle Manifatture Bassetti, industriali gallaratesi del tessile), poté stabilirsi in Gallarate nel 1936, su una lunga costa morenica nell’elegante quartiere residenziale Ronchi, in quella che era stata parte della proprietà Bassetti.

A partire dal 1937 all’Aloisianum fu riconosciuta la facoltà di conferire i gradi accademici in Filosofia.

 

 

 

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Gesuita per vocazione, politologo per professione. Ma soprattutto un contemplativo che da giovanissimo aveva accarezzato l’idea di farsi carmelitano o francescano prima di sentirsi chiamato a entrare nella Compagnia di Gesù nel lontano 1946.

 

È la storia singolare di padre Bartolomeo Sorge, classe 1929 (era nato all’Isola d’Elba ma di origini siciliane per parte di padre), storico direttore de La Civiltà Cattolica (1973-1985) poi guida carismatica dell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe a Palermo (1985-1996) e chiamato a Milano a dirigere riviste come Popoli (1999-2005) e Aggiornamenti Sociali (1997-2009).

 

Il gesuita si è spento lunedì mattina 2 novembre dopo la colazione all’Aloisianum di Gallarate, in provincia di Varese. Un luogo che al sorridente prete ignaziano – additato a torto o a ragione dai media come un «sacerdote politico» – rievocava gli anni della sua giovanile formazione filosofica ma che considerava, da quando vi era stato destinato dai superiori nel 2016, come l’ultima «sala d’aspetto», proprio come era capitato nel 2012 al suo illustre confratello, il cardinale Carlo Maria Martini.

È rimasto lucido sino alla fine ed era profonda la sua devozione mariana, legatissimo all’icona Mater Divinae Gratiae (il cui affresco originale si trova a Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore) la cui copia cinquecentesca è presente proprio nell’infermeria dell’Aloisianum.

 

I confratelli raccontano che «si sentiva pronto a congedarsi dalla vita terrena ed era soprattutto contento che, da quando era stato ordinato sacerdote nel 1958, aveva avuto dal Signore un dono speciale: l’aver potuto celebrare, ogni giorno, l’Eucaristia».

 

Padre Sorge aveva il dono della parola e la capacità del grande oratore nei dibattiti grazie anche alla sua preparazione nel campo della Dottrina sociale della Chiesa: si era laureato, tra l’altro, in teologia nell’Università dei gesuiti di Comillas.

 

Sarà proprio nel 1966 il gesuita Roberto Tucci, perito al Vaticano II e futuro cardinale («Da cui imparai – fu la confidenza a chi scrive – l’importanza di leggere i giornali, anche quelli internazionali») a chiamare il promettente gesuita a far parte del collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica, di cui sarà direttore dal 1973 al 1985.

 

Sono questi gli anni in cui Sorge si scoprirà «alfiere del magistero montiniano»: fu infatti uno dei collaboratori per la stesura definitiva della Lettera apostolica Octogesima adveniens (1971). E un ruolo centrale sarà giocato da Sorge nella preparazione del primo Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana nel 1976 su «Evangelizzazione e promozione umana».

 

In quegli anni romani intrattenne rapporti con grandi personaggi della Chiesa del tempo: oltre che con l’amato Paolo VI (di cui anche nella sua semplice “cella” di Gallarate conserverà molte lettere autografe), con il segretario generale della Cei il vescovo Enrico Bartoletti o con i cardinali Antonio Poma e Ugo Poletti (che lo nominerà esorcista per la diocesi di Roma), ad Albino Luciani (che da patriarca di Venezia lo sceglierà come predicatore di Esercizi Spirituali nella diocesi lagunare e a cui indirizzerà una delle sue ultime lettere appena eletto Papa) fino a Salvatore Pappalardo.

 

Padre Sorge partecipa – «sono uno degli ultimi sopravvissuti» amava ripetere – alla XXXII Congregazione generale della Compagnia di Gesù (1974): l’assise voluta dall’allora preposito Pedro Arrupe, dove erano presenti anche Jorge Mario Bergoglio e Carlo Maria Martini,

 

Ma è con il 1985, dopo 25 anni di presenza a La Civiltà Cattolica, che si ha la “discesa” a Palermo che cambierà la vita di Sorge: accanto al confratello Ennio Pintacuda sarà uno degli animatori in chiave di impegno sociale per un riscatto etico e non solo della città e della Sicilia dal fenomeno delle mafie.

 

La sua intelligenza lo portava anche ad avere una certa vis polemica e a non risparmiare critiche frutto del suo personale punto di vista e della sua storia. Così è accaduto che padre Sorge abbia espresso perplessità su alcuni tratti del pontificato di Giovanni Paolo II e su alcune impostazioni di fondo o scelte del Papa ora santo.

E, dopo il suo ruolo di primo piano avuto nel primo Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana nel 1976, ha manifestato a più riprese riserve sulla Cei e sui percorsi proposti dall’episcopato italiano non rinunciando anche a toni accesi.

Uomo del Novecento padre Sorge aveva il dono particolare della preghiera e della contemplazione di fronte al tabernacolo. I funerali si terranno martedì 3 novembre alle 10.45 nella cappella interna all’Aloisianum.

 

LA VIDEO INTERVISTApadre Bartolomeo Sorge

realizzata da Aggiornamenti sociali per i suoi 90 anni

 

video, 4.53

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 2 NOVEMBRE 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/02/morto-padre-bartolomeo-sorge-il-gesuita-che-la-mafia-voleva-uccidere-e-che-papa-luciani-avrebbe-voluto-arcivescovo-di-milano/5988250/

 

Morto padre Bartolomeo Sorge, il gesuita che la mafia voleva uccidere. E che Papa Luciani avrebbe voluto arcivescovo di Milano

Morto padre Bartolomeo Sorge, il gesuita che la mafia voleva uccidere. E che Papa Luciani avrebbe voluto arcivescovo di Milano

Elbano d’origine, varesotto da tempo, aveva 91 anni. Era stato direttore di Civiltà cattolica e partecipò e sostenne la Primavera di Palermo e la Rete di Leoluca Orlando. Era amico e confidente di Bergoglio. Aveva detto: “Il vero problema al quale ho dedicato larga parte della mia vita era formare i giovani all’impegno politico ma in modo nuovo. Non più nel modo ideologico perché le ideologie sono state tutte smentite dalla storia”

 

di Francesco Antonio Grana | 2 NOVEMBRE 2020

 

Se Giovanni Paolo I non fosse morto in appena trentatré giorni di pontificato, lo avrebbe nominato arcivescovo di Milano. Glielo rivelò San Giovanni Paolo II che, invece, optò per il confratello Carlo Maria Martini. Ma nella sua lunga vita di sacerdote gesuita, padre Bartolomeo Sorge ha lottato fermamente contro la mafia, promuovendo l’impegno dei laici cattolici in politica. Ora che si è spento, a 91 anni, a Gallarate dove si era trasferito da tempo, ripercorrendo tutta la sua esistenza si attraversa davvero la storia d’Italia fino a oggi. Fino alle sue ultime battaglie.

Poco più di un anno fa, il 15 agosto 2019, sul suo attivissimo profilo Twitter scriveva: “La mafia e Salvini comandano entrambi con la paura e l’odio, fingendosi religiosi. Si vincono, resistendo alla paura, all’odio e svelandone la falsa pietà”.

Un tweet che gli attirò subito la violenta reazione del leader leghista: “Neanche l’età avanzata giustifica certe idiozie, vergogna”. Ma che sui social e nella società civile aveva aperto un dibattito.

Del resto era sempre stato questo l’obiettivo di padre Sorge, teologo, politologo, direttore de La Civiltà Cattolica dal 1973 al 1985 e poi fino al 1996 dell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe di Palermo da lui fondato. Il suo successore alla guida del quindicinale dei gesuiti, padre Antonio Spadaro, ricorda la sua “voce profetica che ha accompagnato la ricezione del Concilio in Italia”.

Sorge era nato il 25 ottobre 1929 a Rio Marina, Isola d’Elba, da genitori di origini catanesi. Nel 1946 entrò nella Compagnia di Gesù e nel 1958 venne ordinato sacerdote.

Fu accanto a San Paolo VI collaborando in particolare, nel 1971, alla stesura della lettera apostolica Octogesima adveniens dove, tra l’altro, si ribadisce che per un cristiano l’azione politica deve essere “intesa come servizio”.

È proprio in questo spirito che negli anni Ottanta il gesuita sostenne l’impegno dei cattolici in politica con l’obiettivo di riformare dal di dentro la Democrazia Cristiana.

Quando arrivò nel capoluogo siciliano, nella seconda metà del decennio, insieme con padre Ennio Pintacuda e con il movimento Una Città per l’Uomo, divenne uno dei principali artefici della Primavera di Palermo di Leoluca Orlando. “Non mi sono mai fermato”, ha raccontato lo stesso Sorge facendo un bilancio della sua vita a 90 anni. E ha aggiunto: “Per me è stata una consolazione immensa aver vissuto in prima persona la Primavera di Palermo. La mafia mi voleva uccidere ma non ci è riuscita. Ho avuto la scorta per sette anni, il mio capo scorta Agostino Catalano è saltato in aria con Borsellino. Si era offerto perché mancava personale”.

Nel 1997, conclusasi la sua esperienza siciliana, era tornato a Milano, presso il Centro San Fedele di cui fu responsabile fino al 2004.

Fu anche direttore delle riviste Aggiornamentisociali, dal 1997 al 2009, e Popoli, dal 1999 al 2005.

Ritiratosi a Gallarate, nella stessa comunità di gesuiti anziani in cui ha vissuto i suoi ultimi anni il cardinale Martini, anche a 90 anni padre Sorge continuava a girare l’Italia per conferenze, a pubblicare nuovi libri e a far sentire la sua voce nel dibattito pubblico.

Ma Palermo gli era rimasta nel cuore: “L’esperienza più drammatica e bella della mia vita apostolica è stata quando ho visto una catena umana di tre chilometri, uomini e donne, giovani e vecchi che si davano la mano attraversando la città e dicendo ‘basta con la mafiadopo le stragi del 1992. Prima di arrivare a Palermo la gente invece aveva paura di nominare la parola mafia. Si guardava intorno mentre parlava. Poi ho visto le lenzuola alle finestre dei quartieri popolari di Palermo. Quella fu veramente una vittoria”.

Significativo è l’editoriale su Aggiornamenti sociali del maggio 1999 dal titolo “Non è più tempo di ‘storici steccati’”.

In esso, Sorge affermava che è fuorviante definire confessionale il confronto su alcuni grandi temi di natura etica e culturale. Alle obiezioni della cultura laica, che nega ogni rapporto tra legge civile e legge morale e che ritiene impossibile coniugare la coerenza cristiana con la laicità della politica, per Sorge, la Chiesa e i cattolici rispondono non più innalzando storici steccati, ma dialogando lealmente sul piano razionale e della coscienza.

Lo sguardo di padre Sorge, grande amico e confidente del confratello gesuita divenuto Papa, era sempre proteso verso il futuro. Per i suoi 90 anni aveva scritto il libro, che considerava il suo testamento spirituale, intitolato I sogni e i segni di un cammino. Per il gesuita, infatti, sono tanti i “segni spirituali” che hanno illuminato la sua lunga esistenza e tre sono i “sogni” (della santità, di una Chiesa rinnovata e di una città a misura d’uomo) che hanno animato la sua azione.

Sorge era convinto che la società di oggi “sta vivendo una crisi che non è normale. Non è una crisi di congiuntura ma è strutturale perché sta finendo una civiltà industriale, specialmente da noi in Europa e Occidente, per lasciare posto a una società tecnologica post moderna. Non abbiamo più gli schemi. La nostra generazione deve inventare strade nuove con il rischio di sbagliare perché i modelli di ieri non ci servono più. E i modelli di domani non li abbiamo ancora, dobbiamo inventarli noi. È un momento di discernimento della società”. E aggiungeva: “Il vero problema al quale ho dedicato larga parte della mia vita era formare i giovani all’impegno politico ma in modo nuovo. Non più nel modo ideologico perché le ideologie sono state tutte smentite dalla storia.

Il Concilio ha aperto nuovi modi di presenza dei cattolici non più in un partito, anche se è legittimo farlo, ma come dice Papa Francesco nell’enciclica Evangelii gaudium impegnati con tutti gli altri uomini di buona volontà per fare il bene di tutti. Questa era anche l’idea di don Sturzo: liberi e forti, no credenti e non credenti. In questo ancora non ci siamo ma sono ottimista perché la fede illumina e suggerisce la storia. Ma al momento non abbiamo ancora trovato la soluzione”.

 

Twitter: @FrancescoGrana

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