REPUBBLICA.IT — 6 OTTOBRE 2020
Approfondimento
Immigrazione
Sbarchi, meno profughi e più migranti economici. L’invasione che non c’è
06 OTTOBRE 2020
Dall’inizio dell’anno sono arrivate in Italia 24.332 persone, in linea con i flussi del 2018 (21.131). Il caso della Tunisia: 4.287 arrivi a luglio, poi dimezzati dopo gli accordi tra i rispettivi governi
DI FABIO TONACCI
ROMA – Non c’è alcuna emergenza immigrazione, non c’è alcuna invasione. Gli arrivi sulle coste italiane registrati nel 2020 sono di poco superiori a 24 mila, ossia sui livelli del 2018: lontanissimi, dunque, dagli anni veramente difficili del quadriennio 2014-2017 quando si toccò il picco di 181.436 sbarcati (2016), la maggior parte dei quali (162 mila) in fuga da un solo Paese, la Libia. È raddoppiato il numero degli eventi, cioè degli approdi e dei salvataggi, segnale che i trafficanti utilizzano gommoni e barche sempre più piccoli e fatiscenti, ma il totale dei migranti giunti via mare non stressa il sistema di accoglienza italiano. Per un Paese con 60 milioni di abitanti, è una quota gestibile. Repubblica ha potuto visionare i report riservati del governo sull’immigrazione irregolare, riferiti agli ultimi cinque anni e aggiornati a lunedì 5 ottobre: oltre a tracciare nel dettaglio tutte le rotte marine seguite dagli scafisti, approfondiscono, scorporandolo per paesi di partenza e per andamento, il dato generale che il Viminale pubblica sul sito web istituzionale.
REPORT MINISTERO DELL’INTERNO — 7 OTTOBRE 2020 — pdf
Gli arrivi di quest’anno
Dall’inizio dell’anno al 5 ottobre sono arrivate sulle coste italiane 24.332 persone, per un totale di 1.009 sbarchi. Nello stesso arco temporale del 2018 abbiamo avuto 21.131 arrivi via mare. Niente a che vedere con quanto accadde dopo la Primavera Araba cominciata nel 2010, cui si aggiunse in seguito l’esodo dei siriani causato dalla guerra civile e dalle violenze dell’Isis. Nel 2015 il ministero dell’Interno registrò 153 mila sbarcati, che divennero 181 mila l’anno successivo e scesero a 119 mila nel 2017, per effetto della politica di governo dei flussi dell’allora ministro Marco Minniti, incentrata sulla cooperazione con le autorità libiche, accusate però dall’Onu di violare sistematicamente i diritti umani dei migranti. «Le oscillazioni degli ingressi che si sono avute poi tra il 2018 e il 2020 — spiega Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Alto Commissariato Onu dei rifugiati per l’Italia, la Santa Sede e San Marino — non sono la conseguenza dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza di Salvini, ma derivano da fattori esterni, che riguardano ciò che è successo nei paesi di partenza». E qui veniamo ai report riservati del governo.
Il caso Tunisia
Al 5 ottobre del 2019, poco dopo il crollo dell’Esecutivo gialloverde, gli sbarcati erano stati 7.894. Quest’anno sono 24.332, più del triplo. È la proporzione che Salvini ripete, arrotondandola per eccesso («con me gli sbarchi erano quattro volte di meno») a ogni comizio. In realtà dalle tabelle ministeriali si vede come a far aumentare gli arrivi nel 2020 siano stati sostanzialmente i flussi provenienti da due soli Paesi del Nord Africa: la Tunisia e la Libia. Nel 2019 dalla Tunisia erano arrivati 3.160 migranti su 174 gommoni, quest’anno 10.827 su 681 gommoni. Dalle spiagge di Capo Bon, El Haourarus e Mahdia puntano verso Marsala e Mazara del Vallo, da quelle di La Louza, Sfax e Zarzis raggiungono invece Lampedusa. È stato un crescendo estivo, cominciato a maggio e che ha raggiunto il picco a luglio (4.287), spingendo a metà agosto i ministri Lamorgese e Di Maio a volare fino a Tunisi per concordare con il governo locale misure di contrasto all’immigrazione irregolare. Ma c’è una ragione ben precisa che spiega l’aumento delle partenze, e che niente ha a che fare con la diversa applicazione dei decreti sicurezza (niente multe alle ong, riduzione del tempo di attesa per la concessione del porto di attracco alle navi umanitarie) voluta da Lamorgese. Quella ragione si chiama Covid. «Il virus ha messo in difficoltà l’economia tunisina — sostiene Chiara Cardoletti — migliaia di tunisini sono rimasti senza lavoro, quindi hanno deciso di fuggire in Europa, contando sul fatto che, per effetto del Covid, l’Italia ha dovuto sospendere per un lungo periodo i rimpatri. È cambiato anche il modus operandi dei trafficanti, che ultimamente usano barche più piccole e meno individuabili». Matteo Villa è ricercatore dell’Istituto per gli Studi di politica internazionale (Ispi) ed esperto di migrazioni. Sul punto, aggiunge: «Il 10 per cento della forza lavoro tunisina vive di indotto turistico, la pandemia ha spinto migliaia di persone alla traversata, arrivando autonomamente in Sicilia. Nella maggior parte dei casi, hanno dichiarato di essere stati occupati nel settore alberghiero».
Gli effetti delle bombe libiche
Stando ai prospetti del governo, i flussi provenienti dalla Turchia (la rotta è Mersin-Calabria, per lo più su barche a vela pilotate da skipper ucraini che chiedono 10 mila euro a passeggero) e dall’Algeria (la traversata viene fatta su motoscafi e gommoni con motori potenti e termina sulle coste sarde di Sant’Antioco e nei dintorni di Porto Pino) sono cresciuti di poche centinaia di unità. Quelli dalla Grecia sono invece diminuiti. Nel 2020 zero partenze dall’Egitto, due partenze invece dall’Albania (76 sbarcati) dopo anni in cui la tratta si era fermata. È cresciuto il valore nella casella Libia: al 5 ottobre 9.469 sbarcati contro i 1.998 dell’anno scorso. Perché? «Da quanto ci risulta – dice Cardoletti – gli scontri militari tra le fazioni di Al-Sarraj e quelle del generale Haftar hanno coinvolto aree del Paese dove si erano stabilite comunità di bangladesi, che per colpa delle bombe sono fuggite. Infatti la quota di cittadini del Bangladesh arrivata in Italia è salita al 13,4 per cento del totale». Fattori esterni, indipendenti dalla guerra alle Ong dichiarata da Salvini con la politica dei porti chiusi. «Anzi — chiosa Matteo Villa — nell’estate 2019, appena entrato in vigore il decreto sicurezza bis, le partenze dal Nord Africa erano persino aumentate».
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Benvenuta, finalmente, la cancellazione dei cosiddetti decreti- sicurezza(?), che tanta sofferenza in più hanno causato. Speriamo che si arrivi ad un piano organico, Europa compresa, che valorizzi finalmente l’immigrazione, sottraendola alle mafie e alla delinquenza, anche nell’opinione pubblica.