ROSELLA POSTORINO :: FRANCESCA BIAMONTI, L’INQUIETO MARE REPUBBLICA.ROBINSON DEL 3 OTTOBRE 2020

 

 

REPUBBLICA.ROBINSON DEL 3 OTTOBRE 2020

https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/flipperweb.html?testata=ROB&issue=20201003&edizione=robinson&startpage=1&displaypages=2

 

 

 

 

 

Francesco Biamonti

 

L’inquieto mare

di Rosella Postorino

 

 

Copertina del libro L’angelo di Avrigue di Francesco Biamonti

 

 

 

Fu Nico Orengo a scoprirlo, e Italo Calvino a pubblicarlo in Einaudi. Il primo romanzo uscì nel 1983, Francesco Biamonti aveva cinquantacinque anni: un esordio tardivo, il risultato di una lunga incubazione. Presto si diffuse la mitologia dello scrittore contadino, che coltivava mimose accanto ai suoi ulivi secolari, quando non lavorava in biblioteca. In realtà fece il bibliotecario per soli otto anni e suo fratello Giancarlo mi raccontò che Francesco non zappò mai la terra, preferiva passare le giornate a leggere gli amati francesi, Camus, Valéry, Sartre, Baudelaire, i cui libri si procurava a Mentone, e la sera far baldoria con gli amici fino a tardi.

 

 

 

 

Francesco Biamonti : Foto di attualità

venezia, 21 settembre 1998

 

 

 

Nella quarta di copertina che firmò personalmente, Calvino mise a fuoco tutti gli elementi che avrebbero caratterizzato l’intera opera dell’autore ponentino, nato a San Biagio della Cima, che (al contrario di lui) non lasciò mai la Liguria, quella zona di frontiera che tanto ne plasmò la scrittura, non solo perché Biamonti vi ambientò tutte le sue storie, ma perché nell’asprezza e nella laica sacralità di quelle montagne che sprofondano nel mare, nel lavorio paziente per strappare a una terra avara lo spazio adatto a far crescere gli ulivi, terrazzandola con le fasce, c’è qualcosa che assomiglia alla sua scrittura scabra e poetica insieme.

 

 

Francesco Biamonti Portraits : Foto di attualità

st. malo, 10 maggio 1998

 

 

La definizione di «romanzo-paesaggio », che appare nella quarta di Calvino, si addice a ciascuno dei quattro titoli, L’angelo di Avrigue, Vento largo, Attesa sul mare, Le parole la notte (ne esiste un quinto, pubblicato incompiuto, Il silenzio): il paesaggio è un personaggio a tutti gli effetti, le descrizioni delle variazioni di luce, del mutare del cielo, delle mulattiere e degli ulivi, con la loro «bellezza minerale», intercalano i dialoghi e i gesti dei protagonisti, a volte collimando, a volte contrastando con il loro stato d’animo.

Francesco Biamonti : Foto di attualità

venezia, 21 settembre 1998

 

È un paesaggio concreto, riconoscibile fino all’esattezza, per quanto i nomi topografici siano spesso d’invenzione (ma rievocano per assonanza luoghi esistenti), eppure metafisico, reso con una lingua ora precisa, quasi tecnica, la lingua agricola e dei pastori, di frequente mutuata dal dialetto («il magaglio», usato per dissodare il terreno più duro, o la «pianella», che deriva da cianèla, per dire «piana», ad esempio), ora invece lirica – «lirismo arido», così l’autore chiamò il proprio stile – e piena di metafore, di sinestesie. La luce «schioda», arriva a «raffiche», «si ossifica », «cade a placche», ci sono «tocchi di luce nei grumi del pane», le nuvole sono «incrostate di sole»; ma questa luce solida, tattile, stesa sulla pagina come pittura da una spatola, con la nettezza di un quadro di Cézanne, non rasserena, non conforta, non è un’apertura. Anzi, è di una «dolcezza che atterrisce», il cielo è sempre scorticato, crepato, l’azzurro addirittura «assedia»: aleggia un costante sentimento di morte, una morte che sopraggiunge mentre si è intenti «nel sogno di vivere», come accade a Jean-Pierre nell’Angelo di Avrigue, sulla cui enigmatica caduta da una rupe Gregorio indaga; un sentimento di morte del quale il paesaggio diventa correlativo oggettivo. Siamo gettati nel mondo in senso heideggeriano, condannati alla morte e al dolore. È sull’ineluttabile esistenza del dolore che Biamonti si interroga, attraverso i suoi personaggi, sempre maschili, sovente legati a una donna (o piuttosto all’idea di una donna), che resta ad aspettare, come Ester e Clara, o che è andata via e non torna più, come Sabèl; una donna di malinconica bellezza, come Veronique.

 

 

Francesco Biamonti Portraits : Foto di attualità

st. malo, 10 maggio 1998

 

Gli uomini sono invece marinai col «male del ferro», il tormento che affligge nelle lunghe traversate, o sono contrabbandieri di armi (la vecchia nave su cui l’Edoardo di Attesa sul mare si è imbarcato, diretta verso le coste dell’ex Jugoslavia, ne contiene un carico nella stiva), persino contrabbandieri di uomini: passeurs, come il Varì di Vento largo, che porta in Francia la gente in fuga, accompagnandola dall’altra parte delle Alpi marittime, soltanto perché non ha più nulla da perdere.

Francesco Biamonti : Foto di attualità

venezia, 21 settembre 1998

 

Sono uomini reticenti, laconici, taciturni, di rado disposti a scambiare qualche parola: i loro dialoghi banali o, all’opposto, solenni, non rivelano il mistero di chi li pronuncia né servono a far avanzare la narrazione. Sono uomini che si autoesiliano dal luogo in cui sono nati e al quale però rimangono attaccati in modo contraddittorio, un luogo di frontiera pervaso dal pathos che di per sé la frontiera implica, con le sue avventure di espatri e di commerci clandestini. Il confine è fra due nazioni, l’Italia e la Francia, ma è soprattutto fra un entroterra agricolo, parco, dimesso, e una riviera turistica, sciupata dalla speculazione edilizia, dall’illusione di una vita facile.

 

Francesco Biamonti : Foto di attualità

venezia, 21 settembre 1998

 

Il confine è anche quello fra terra e mare – entrambi invivibili: impossibile farci l’abitudine, per un marinaio. E il mare è il Mediterraneo, «un immenso edificio di luce», «quasi un lago» dalle rive «spesso insanguinate», teatro di guerre nel corso dei secoli. «Tutte le guerre d’Europa sono state guerre civili», disse Biamonti, ed è proprio l’Europa – il suo «naufragio» – lo scenario sul quale si stagliano le vicende minime, intrinsecamente epiche eppure volontariamente spogliate di ogni epicità, dei suoi romanzi, che sono stati profetici nell’immaginare la deriva cui oggi assistiamo.

Francesco Biamonti : Foto di attualità

milano, marzo ’94

Biamonti raccontò l’Europa da laggiù, dalla sua casa nella Val Verbone, costruita accanto a quella del fratello, impiegato all’Italsider, prima di Taranto poi di Genova. Con molta probabilità fu Giancarlo, che navigò per anni, a ispirare quei personaggi angosciati dalla ruggine dei cargo, sebbene fosse Francesco a indossare un incongruo berretto da marinaio – come si vede nelle bellissime foto che lo ritraggono – in un gioco di rimandi con la sua scrittura. Proprio lui che disse: «Io sono da cancellare», rigettando ogni autobiografia e, con una frase che commuove chiunque scriva, spiegò: «Si fa della letteratura perché non si è contenti della propria vita».

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