LUCIO CARACCIOLO ::: La vera posta in gioco della Bielorussia e del caso Naval’nyj — LIMES ONLINE DEL 11 SETTEMBRE 2020

 

 

LIMES ONLINE DEL 11 SETTEMBRE 2020

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La vera posta in gioco della Bielorussia e del caso Naval’nyj

 

Carta di Laura Canali, 2018

Carta di Laura Canali.

 

 11/09/2020

RUBRICA IL PUNTO 

La rivolta di piazza a Minsk e il misterioso avvelenamento dell’oppositore di Putin hanno spinto allo scoperto gli avversari storici del gasdotto Nord Stream 2. Visto da Washington, il triangolo Usa-Russia-Germania ha i suoi vantaggi – che però sono anche problemi.

di Lucio Caracciolo

DA NON PERDERE, GAS, ENERGIA, RUSSIA, SCONTRO USA-RUSSIA, BIELORUSSIA, GERMANIA, SCONTRO USA-GERMANIA, EUROPA

La vera posta in gioco nello scontro interno al triangolo Russia-Germania-Stati Uniti accentuato dalla crisi bielorussa e dal caso Navalny (Naval’nyj) giace presso i fondali del Mar Baltico, in prossimità di Greifswald.

Questa città anseatica nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore è capolinea del gasdotto Nord Stream 2 in partenza da Vyborg. Parallelo al tubo originario, già attivo nel trasporto diretto di gas dal produttore russo al consumatore tedesco. Mancano pochi chilometri all’aggancio, che raddoppierebbe la capacità della condotta, da 55 a 110 miliardi di metri cubi annui. Una marea stante l’attuale congiuntura economica, sotto shock da Covid-19.

Un passo decisivo in avanti per fare della Germania il super-hub gasiero europeo, appena superata l’emergenza. Ma quei pochi chilometri mancano da troppo tempo. Segno che la parola definitiva non è detta. Fino a ieri l’ultimo miglio pareva questione di mesi. Oggi nessuno può giurare sul fatto che la testa di quel serpente lungo 1.230 chilometri sarà mai agganciata alla costa tedesca. Sigillo dell’interdipendenza energetica Mosca-Berlino, avviata cinquant’anni fa, in piena guerra fredda, dallo scambio tubi contro gas firmato da Leonid Brežnev e Willy Brandt.

 

Ma la rivolta di piazza contro Lukashenko (Lukašenka) e il misterioso avvelenamento di Navalny hanno spinto gli avversari storici di Nord Stream 2 – polacchi e altri baltici, più ucraini e altri europei centro-orientali che sarebbero aggirati dal nuovo tubo – ad alzare la voce contro il «gasdotto Molotov-Ribbentrop bis». Simpatico vezzeggiativo coniato a Varsavia per illustrare la locale percezione della pipeline, equiparata al famigerato patto sovietico-germanico che nel 1939 aprì le porte alla doppia invasione e alla spartizione della Polonia. Dopo che diversi paesi europei, e soprattutto gli Stati Uniti d’America – che già avevano minacciato sanzioni alla Germania – hanno ammonito Mosca e Berlino a seppellire il tubo sottomarino, i due partner sono alle strette.

 

Il Cremlino non vuol sentir parlare di rinuncia. Il danno sarebbe enorme. Vladimir Putin, già infragilito dal clima di fine corsa della sua presidenza, non può permettersi uno scacco di tale portata. La sua presa sul sistema, mai assoluta, sarebbe definitivamente incrinata dal getto della spugna su Nord Stream 2.

 

Ma la partita decisiva si gioca in Germania. Angela Merkel è sotto stress. Nel suo partito e nell’opinione pubblica monta la polemica contro Putin, considerato responsabile del tentato omicidio di un oppositore molto visibile – soprattutto in Occidente, meno in Russia. Anche Merkel è a fine corsa. I suoi aspiranti successori alla guida della Cdu e quindi, probabilmente, alla cancelleria – Armin Laschet, Friedrich Merz, Norbert Röttgen, mentre il bavarese Markus Söder medita dietro le quinte sul che fare da grande – si dividono sull’opportunità di cedere alle pressioni atlantiche. La cancelliera non difende più a spada tratta un progetto dipinto come puramente economico/energetico – anche se una volta le scappò detto fosse (geo)“politico”. Come d’abitudine, prende tempo. Aspettando che la tempesta si plachi. Magari suggerendo qualche modifica al percorso del gasdotto o accettando una moratoria. Ma in gioco è la reputazione della Germania come paese affidabile per gli investitori. Pesantissime penali a parte.

 

Comunque finisca, la saga del gasdotto baltico inciderà sui rapporti di forza fra le potenze in competizione sul fronte europeo.

Non solo Nato contro Russia. Come Bielorussia e Navalny confermano, gli euroatlantici hanno approcci diversi all’America e alla Russia. E la Germania, alle prese con il ritorno della geopolitica che aveva sperato di rimandare, deve scegliere. È davvero necessario raddoppiare il tubo della discordia, anche a rischio dell’ennesima collisione con Washington? Oppure conviene concedere qualcosa alle pressioni americane, illudendosi che se il paradossale germanofobo titolare della Casa Bianca – il tedesco-americano Donald Trump – uscisse sconfitto a novembre, la musica d’Oltreoceano su Nord Stream 2 cambierebbe? Se mai, sarebbe in peggio.

 

Il vantaggio (ma anche il problema) dell’America nel triangolo con Russia e Germania è che colpendo l’una colpisce inevitabilmente anche l’altra. Ogni sanzione contro Mosca è anche contro Berlino. E contro Roma o altri soggetti europei abbastanza esposti con la Russia. Se Berlino sanziona la Russia per calmare Washington, sanziona anche se stessa. Buon motivo, in teoria, per allentare i legami con Mosca. Con la certezza, peraltro, di subire una rappresaglia russa senza troppo calmare gli americani. Alternative del diavolo.

 

Carta di Laura Canali, 2017

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1 risposta a LUCIO CARACCIOLO ::: La vera posta in gioco della Bielorussia e del caso Naval’nyj — LIMES ONLINE DEL 11 SETTEMBRE 2020

  1. Donatella scrive:

    Molto interessante questo articolo: ci illustra una situazione di cui difficilmente si tratta nei più diffusi mezzi di informazione.

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