FILM COMPLETO :: LA PRESIDENTESSA DI PIETRO GERMI –1952 — 1.23.56

 

 

 

La Presidentessa - Film (1952) - Foto Locandina | iVID.it ...

 

 

La presidentessa è un film del 1952 diretto da Pietro Germi, adattamento per il cinema dell’omonima pochade di Maurice Hennequin e Pierre Veber, già portata sullo schermo nel 1938 da Fernand Rivers in La présidente.

Ha avuto un remake nel 1977, La presidentessa, diretto da Luciano Salce, con Mariangela Melato nel ruolo qui ricoperto da Silvana Pampanini.

 

 

 

Trama

L’attrice Gobette si esibisce nel teatro Odeon della piccola cittadina francese Grey. La magistratura del luogo, nella persona del Presidente del Tribunale – Tricointe -, uomo molto austero, le manda un giudice d’inchiesta – Luciano Pinglet -, per costringerla a smettere le sue esibizioni troppo “generose”. Ma il giudice viene sedotto e il giorno dopo non si presenta al lavoro, avendo trascorso la notte in albergo con Gobette a festeggiare.

Quando la sera, con 12 ore di ritardo, si presenta al Presidente di Tribunale, questi lo rimprovera e, a causa delle lamentele da parte degli ospiti dell’albergo, lo incarica di accompagnare Gobette alla stazione affinché se ne vada da Grey. Gobette lascia l’albergo, ma non la città, e si fa accompagnare dal giudice proprio a casa del Presidente che, rimasto solo, perché la moglie e la figlia sono partite, si ritrova in casa Gobette, la quale cerca di sedurre anche lui. Improvvisamente si fa annunciare il Ministro di Giustizia – Cipriano Gaudet – che, avendo l’autovettura con una gomma rotta, è costretto a trascorrere la notte a Grey e ha preferito vedere il Presidente la sera stessa. Il suo segretario personale, lo informa che in albergo non vi sono stanze libere e Gobette, che si improvvisa la signora Tricointe, invita il Ministro a passare la notte in casa Tricointe. Ella finisce per sedurre il Ministro che il giorno dopo torna al ministero confessando al suo segretario personale di aver passato la notte più felice della sua vita. Inizia un gioco di intrighi, per far trasferire Tricointe più vicino a Parigi affinché il Ministro possa vedere il più facilmente la presunta signora Tricointe. Nel frattempo compare al ministero la vera signora Tricointe che vorrebbe chiedere al Ministro di trasferire il marito dato che è stanca di stare in provincia. Il Ministro la scambia per la donna delle pulizie e le fa lucidare gli ottoni della sua scrivania, incontrando così una segreta mania della signora Tricointe. Nel frattempo Gobette seduce anche il segretario personale del ministro.

L’uomo, di Marsiglia, ha un’avversione per i settentrionali e per questo detesta il Ministro, cercando di dargli fastidio in ogni modo.

Dopo una serie di equivoci e combinazioni fortuite, si giunge a un finale lieto.

 

L106 LOCANDINA LA PRESIDENTESSA Silvana Pampanini Carlo Dapporto ...

 

 

 

Critica

Il film, improntato al genere vaudeville, brillante e ricco di colpi di scena, non poteva non incorrere nella serie di negazioni e condanne di una rivista cinematografica quale Cinema Nuovo di Guido Aristarco, dove viene ad essere stimato addirittura come l’inizio di un’involuzione del regista stesso. «Germi con Il brigante di Tacca del Lupo continua nell’involuzione iniziata con La presidentessa». . Si può capire come il regista preferito di Germi in gioventù fosse René Clair [ CARLO CAROTTI ] e «alcune scene hanno una malizia allusiva inconsueta per il cinema italiano dell’epoca. Potrebbe essere di Lubitsch quello dell’incontro notturno fra il ministro e la sciantosa. (…) C’è poi, parte integrante dei meccanismi di commedia, una protagonista in forma smagliante, forse alla prova migliore della sua carriera: Silvana Pampanini, per buona parte del film in guepière e giarrettiere, gli occhi da finta ingenua alla Marlene Dietrich, una forza di seduzione trascinante, quasi animale».

 

 

La presidentessa [1] (1952) - MYmovies.it

 

La presidentessa, girato due anni dopo Il cammino della speranza, è la prima, decisa deviazione di Germi dalla strada maestra di quel cinema di impegno civile nel quale la sua opera precedente era stata legittimamente compresa. La città si difende, infatti, sebbene seguisse evidentemente esempi cinematografici inconsueti nel cinema italiano. Poteva ancora inserirsi nell’ambito neorealista. Ma era difficile trovare in qualsiasi addentellato del genere per un film come La presidentessa. A questo proposito Germi disse qualche anno dopo che era stato indotto a girarlo in un momento caratterizzato da uno stato di incertezza soggettiva: “era quel periodo in cui seguivo certi miei pensieri e non sapevo, non avevo deciso cosa fare”. In verità si trattava di un’incertezza ben più che soggettiva, trovando essa riscontro in una crisi oggettiva che aveva profondamente incrinato il neorealismo, che, proprio nel primo scorcio degli anni Cinquanta, stava vivendo la sua ultima stagione. L’esaurimento di questa esperienza fu favorito, com’è noto, da una serie di attacchi esterni la cui portata è stata forse eccessivamente sopravvalutata: un’attenta analisi delle opere dei suoi maggiori autori, che presentano segni di evoluzione in un senso diverso da quello auspicato dalla critica coeva, individuerebbe anche in altri fattori le ragioni ditale declino. È chiaro che La presidentessa può considerarsi tutt’altro che una soluzione di queste crisi. Ma per Germi costituisce una prova che va un po’ oltre i limiti di una vacanza, pur se come tale egli stesso cercò di farla apparire, ricordando che il produttore Amato lo invitò a girare il film allettandolo col fatto che le scene erano già pronte, la sceneggiatura era scritta e i contatti con gli attori principali felicemente avviati. E questo l’unico film del regista che non porta il suo nome fra gli sceneggiatori. Ma egli stesso aveva detto che girare soltanto film d’autore era una bella pretesa di alcuni suoi colleghi. Ebbene, egli riteneva di essere immune da tale ambizione, di non essersi “montato la testa”. Dichiarazioni che hanno tutto il sapore di una giustificazione. In effetti La presidentessa si rifaceva ad un tipo di cinema del tutto estraneo alla tradizione italiana e che non avrebbe avuto alcun seguito. Il rifacimento di Luciano Salce, datato 1977, ambienta la commedia di Hennequin e Veber negli anni Cinquanta e, in parte, in una villa vicentina. E molto probabile comunque che Germi abbia tenuto presente nel realizzare questo film un modello analogo, che aveva avuto in Francia alcune espressioni di rilievo, firmate da registi che nell’immediato dopoguerra godevano di grande prestigio, come Claude Autant-Lara e Georges Clouzot. Del primo è Occupe-toi d’Amelie! (Occupati di Amelia!, 1949), tratto dalla pièce di Feydeau; del secondo Miquette et sa mère (Un marito per mia madre, 1949) tratto da De Caillavet e De Flers: in ambedue i casi si trattava di film che, sebbene dichiaratamente girati per scopi spettacolari, non trascuravano quelle esigenze di alto artigianato che contrassegnano il cinema dei loro autori. Ma in queste due commedie si attua qualcosa di più che un semplice lavoro di riporto dal palcoscenico allo schermo, secondo i moduli del teatro filmato, particolarmente invalso (e criticato) negli anni a cavallo dei Cinquanta, perché la personalità di registi come Autant-Lara e Clouzot ha modo di emergere anche fra le righe di una trascrizione sostanzialmente fedele al testo scritto: soprattutto in Miquette et sa mère in cui è facile cogliere il caratteristico umor nero clouzotiano. Nell’un caso e nell’altro ci si trovava di fronte a film non estranei e alla personalità degli autori e al clima tipico del cinema francese brillante: ragioni sufficienti a garantire la riuscita. Tutt’altro invece il problema per Germi, doppiamente estraneo ad esperimenti di tal genere: e per la sua formazione cinematografica, nei cui confronti un passo come quello della Presidentessa non poteva non apparire almeno eccentrico, e nei confronti del cinema italiano, che pur contava qualche trascrizione dalla scena allo schermo, ma non ne annoverava alcuna ascrivibile al tipo di commedia leggera di cui il testo teatrale di Hennequin e Veber è esempio. D’altro canto il cinema di Germi era ben lontano dal potersi annettere all’area di quella “terza via” di cui si era discusso a lungo qualche anno prima. Niente di più estraneo al suo modo di far cinema del cosiddetto teatro filmato, e questa sua prova lo conferma. Tuttavia grazie a qualche aggiustamento di tiro e a una trascrizione in termini cinematografici più decisa di quanto comportino casi analoghi, egli conferisce qualche dignità anche a quest’opera decisamente minore, anticipando alcuni temi che saranno ripresi nell’ultima fase della sua attività.

Vito Attolini, Il Cinema di Pietro Germi, Elle Edizione 1986

 

reggio emilia

https://www.comune.re.it/cinema/catfilm.nsf/PES_PerTitoloRB/B4BF8A93094049ECC1257B660050974B?opendocument

 

From the left, above, clockwise: Luigi Pavese, Silvana Pampanini ...

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1 risposta a FILM COMPLETO :: LA PRESIDENTESSA DI PIETRO GERMI –1952 — 1.23.56

  1. Donatella scrive:

    Non ho mai visto questo film, ma il genere “vaudeville”, brillante e vorticoso, attrae molto.

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