Film completo, ma di TANTE CLIPS ( 28 ) :: IL FERROVIERE — DIRETTO E INTERPRETATO DA PIETRO GERMI — DEL 1956 — guarda la critica e una nota in fondo soprattutto

 

Il ferroviere è un film del 1956 diretto e interpretato da Pietro Germi, presentato in concorso al 9º Festival di Cannes.

Il film nasce da un soggetto autobiografico intitolato Il treno di Alfredo Giannetti che lo adattò per il film insieme a Luciano Vincenzoni e Pietro Germi.

https://www.youtube.com/watch?v=w8kw9PT1U78&list=PLOSZTCCZT8NqZBapfiZrkFapie-L21bq-

repose to life: Il ferroviere - Pietro Germi (1956)

Trama

Sylva Koscina con Edoardo Nevola

Sylva Koscina (Giulia Marcocci) in una scena del film

STORIA | [Video] Pietro Germi protagonista nel film "IL Ferroviere ...

Notte di Natale. Il macchinista di treno Andrea Marcocci, di ritorno dal suo duro lavoro, fa la solita sosta serale all’osteria per bere un bicchiere di vino e incontrarsi con i suoi amici. Benché il suo amico Gigi Liverani, macchinista anche lui, se ne sia già andato, Andrea si abbandona al vino. Suo figlio Sandrino lo riporta quindi a casa.

Tornato alticcio a casa, scopre che non c’è nessuno, poiché la figlia Giulia, incinta, si è sentita male e sono andati tutti a casa sua. Andrea si è spesso scontrato con Giulia e l’ha obbligata a sposare un uomo che non ama, di cui però è rimasta incinta. Il figlio è nato però già morto, motivo in più di contrasto nella coppia; Giulia non è riuscita a sanare il suo matrimonio. Anche l’altro figlio ormai adulto si ribella al padre e se ne va da casa dopo l’ennesima lite. Accanto ad Andrea rimangono la moglie e il piccolo Sandro, che pur amando senza condizioni il padre è anche lui motivo di rimproveri per la sua modesta condotta a scuola.

Andrea si sente sempre più solo e deluso, con l’unico sfogo del suo amico Gigi, con cui si confida durante i massacranti turni di guida dei treni. Proprio durante uno di questi lunghi viaggi Andrea investe un uomo che volontariamente si è gettato contro il treno. Pur non avendo alcuna responsabilità, Andrea ha visto quest’uomo in volto prima della fine e ne resta scosso.

Il viaggio deve proseguire ma, a causa della stanchezza accumulata e del forte trauma psicologico che lo ha devastato, Andrea non vede un segnale di arresto, evitando per un soffio un disastro ferroviario. La fama di bevitore gli fa assegnare dalla direzione ferroviaria incarichi secondari ed umilianti per lui, che era stato sempre fiero del suo lavoro. Andrea, sconvolto dall’episodio per esserne stato la causa anche se involontaria, inizia a chiudersi in se stesso non credendo più neppure nell’amicizia dei suoi compagni ferrovieri, da cui si è sentito abbandonato durante l’inchiesta seguita all’incidente.

Per questo in occasione di uno sciopero egli continua a lavorare, venendo additato come crumiro da tutti. La grave malattia cardiaca che lo colpisce è l’occasione per il ricostituirsi degli affetti intorno a lui. La vigilia di Natale, Andrea torna ad avere intorno a sé l’affetto dei suoi figli e dei suoi amici e capisce così che la causa dei suoi guai è stata anche la sua intransigenza e la sua chiusura al mondo che sta velocemente cambiando. Riprende a suonare la sua chitarra, compagna delle sere passate in allegria all’osteria, per manifestare il suo amore alla moglie, che non l’ha mai abbandonato, ma proprio allora la morte lo coglierà.

 

 

Il ferroviere (1956)

 

IL FERROVIERE MANIFESTO ORIGINALE | eBay

 

Critica

Attraverso la vita del ferroviere Germi ci dà uno spaccato sociologico dell’Italia popolare e proletaria degli anni cinquanta appena uscita dalla seconda guerra mondiale. Cominciavano allora a manifestarsi i segni di quei problemi familiari e sociali che travagliarono la vita italiana in rapido mutamento. Sono presenti infatti i temi del contrasto tra le generazioni, delle lotte sindacali per le dure condizioni di lavoro, il mutamento dei valori morali a cui Andrea, uomo autoritario legato al passato non sa e non vuole adeguarsi. Il mondo sta velocemente cambiando, come i suoi treni, intorno ad Andrea, ma egli non se ne rende conto.

«Come osserva Mario Sesti, Il ferroviere può essere confrontato all’altro grande monumento cinematografico di melodramma e realismo, Rocco e i suoi fratelli, due film che affrontano un vero corpo a corpo con quello che si può considerare il mito più profondo dell’inconscio, della Storia e della struttura sociale di questo paese: l’unità della famiglia.»[ Gian Luca Farinelli]-

Il tutto è trattato in modo emozionale dal regista che, facendo leva sui sentimenti degli spettatori più che sulla loro ragione li coinvolge e li fa partecipi. Il film è stato accusato di sentimentalismo e di usare toni melodrammatici ma non si è capito, da parte soprattutto di quei critici ideologicamente prevenuti ( VEDI NOTA IN FONDO ), per i quali la libertà espressiva e politica di Germi era scomoda e troppo disinvolta, che questa è la visione del mondo di Andrea che vive e giudica la società del suo tempo in modo istintivo e fortemente passionale.

La storia, pur ricca di sentimenti, alla fine non appare melensa, ma al contrario, anche per merito dello sceneggiatore Alfredo Giannetti e della grande e sanguigna interpretazione di Pietro Germi, è sincera ed autentica.

Appassionato in particolare il giudizio che del film dà Ermanno Olmi: «Settembre 1961, a Roma. Da Rosati a via Veneto. Germi lo trovavi sempre lì, al bancone del bar, seduto davanti a un bicchiere di vino. Non era una posa d’artista: era davvero nella sua natura starsene silenzioso a pensare sorseggiando del buon vino. Se non avessi saputo ch’era un celebre regista e anche attore avrei detto, per istintiva sensazione, che poteva essere un ferroviere. Perché mi ricordava mio padre come lo avevo in mente da bambino: anche lui ferroviere. Gente solida, buoni bevitori ma rigorosamente sobri in servizio. Quel giorno di settembre, fu proprio Germi a rivolgermi un saluto. Fino ad allora, io lo incontravo spesso lì (lo ammiravo moltissimo), ma non avevo mai osato importunarlo. Mi disse che aveva visto Il posto, il mio film che era stato alla Mostra di Venezia e che gli era piaciuto. Io gli confidai la grande emozione (e le lacrime!) per il suo Ferroviere. Ma al di là della grazia sublime dell’opera ‒ di una rara potenza poetica! ‒ c’era per me una ragione particolare, che mi faceva amare in modo speciale quel suo film: riguardava la mia stessa vita e quella di mio padre che aveva attraversato le stesse vicende del suo ferroviere.»

 

Il ferroviere 1956 diretto e interpretato da Pietro Germi con ...

 

 

 

Riconoscimenti

  • Nastro d’argento

    • Miglior regia a Pietro Germi

  • Festival Internazionale di Cinema di San Sebastian

    • Concha de Oro al miglior film

    • Concha de Plata al miglior regista, Pietro Germi

    • Concha de Plata alla migliore attrice, Luisa Della Noce

Il ferroviere (film 1956) - Wikipedia

 

 

 

nota a Critica:

DA :

La critica del PCI--WIKIPEDIA PIETRO GERMI:

https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Germi

 

Germi, simpatizzante del Partito Socialista Democratico Italiano, non ebbe mai buoni rapporti con la critica cinematografica di area comunista, che lo giudicava negativamente più per le sue posizioni politiche che per l’effettivo valore artistico dei suoi film. In particolare, Germi, con le sue pellicole, aveva fortemente messo in discussione l’idea che i comunisti italiani s’erano costruiti sulla figura dell’operaio. A causa di ciò, per moltissimo tempo, sino alla fine degli anni ottanta, fu messo da parte dall’intellighenzia del Partito Comunista Italiano, che non poteva accettare quello che Germi aveva intuito: la trasformazione sociale della classe operaia in Italia.

In merito al film Il ferroviere, per esempio, la colpa del regista sarebbe stata, secondo Guido Aristarco, direttore di Cinema Nuovo, quella di aver dato al protagonista della pellicola, il ferroviere Marcocci (interpretato dallo stesso Germi), una configurazione politica che «appartiene a un populismo storicamente sorpassato» con idee risalenti «all’epoca del movimento socialista esordiente […] con i turatiani del primo dopoguerra…». Insomma il “vero” operaio non può essere un crumiro come il ferroviere di Germi. Critiche, queste, che venivano però confutate dal successo che la pellicola incontrò presso il pubblico popolare in Italia e nella stessa Unione Sovietica, a Mosca e a Leningrado, durante “La settimana del film italiano”.

Le stesse critiche, se non più aspre, ritornarono poi in occasione della prima de L’uomo di paglia, dove il protagonista, sempre un operaio, viveva addirittura un classico dramma borghese che non poteva appartenergli. Scriveva Umberto Barbaro: «Cari amici, a me questi operai di Germi che si comportano senza intelligenza e senza volontà, senza coscienza di classe e senza solidarietà umana – metodici e abitudinari come piccoli borghesi – la cui socialità si esaurisce in partite di caccia domenicali o davanti ai tavoli delle osterie – che non hanno né brio né slanci, sempre musoni e disappetenti, persino nelle cose dell’amore – che ora fanno i crumiri e ora inguaiano qualche brava ragazza, spingendola al suicidio – e poi piangono lacrime di coccodrillo, con le mogli e dentro chiese e sagrestie – questi operai di celluloide, che, se fossero di carne e ossa, voterebbero per i socialdemocratici e ne approverebbero le alleanze, fino all’estrema destra, non solo sembrano caricature calunniose ma mi urtano maledettamente i nervi».

Altri intellettuali di sinistra, pur non condividendo questi giudizi ideologici sull’opera cinematografica di Germi, ne criticarono invece la qualità artistica. Come Glauco Viazzi, il quale, pur sostenendo che muovere quelle particolari obiezioni al film di Germi volesse dire ignorare la realtà sociale, non riconoscere che «operai siffatti esistono nella realtà e in gran numero, e non solo tra quelli che poi votano dicì o socialdemocratico, ma anche tra quelli che danno il voto ai partiti di classe», sostenne però che L’uomo di paglia, valutato artisticamente, non meritasse altro che «un cauto e moderato elogio».

 

Altri, come Antonello Trombadori, direttore de Il Contemporaneo, assieme al suo vice-direttore Carlo Salinari e allo storico Paolo Spriano, scrivevano nel 1956 una lettera, destinata a rimanere privata (venne resa pubblica soltanto nel 1990), a Palmiro Togliatti, nella quale chiedevano al Segretario del partito di incontrarsi con Germi per non allontanare un uomo e i “mille come lui” così importante per il movimento antifascista: «Veniamo proprio in questi giorni dall’aver visto un film italiano assai bello e commovente, certamente popolare: “Il ferroviere”, di Pietro Germi. È un’opera di un socialdemocratico militante, eppure è un film pervaso da ogni parte di sincero spirito socialista»

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1 risposta a Film completo, ma di TANTE CLIPS ( 28 ) :: IL FERROVIERE — DIRETTO E INTERPRETATO DA PIETRO GERMI — DEL 1956 — guarda la critica e una nota in fondo soprattutto

  1. Donatella scrive:

    Purtroppo la rigidità dell’ideologia, anche in campo artistico, ha fatto dei disastri, di cui oggi ci stupiamo. Grazie davvero a quegli intellettuali che in quegli anni hanno mantenuto un loro punto di vista, al di là della “moda” politica. Il film “Il ferroviere” è bellissimo per realismo, per i sentimenti e le contraddizioni, politiche ed umane che esprime. Non so cosa ne avrei detto al tempo della sua uscita.

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