ESPRESSO. REPUBBLICA.IT — 23 GIUGNO 2020
Il “modello” Vicenza, dove neofascisti ed estremisti siedono al Palazzo
Nella città veneta nei giorni scorsi è stata rimossa la “clausola” di antifascismo per l’occupazione di suolo pubblico. Ma è solo l’ultimo episodio di una lunga serie che mostra come la destra più radicale sia arrivata nei posti che contano
DI MASSIMILANO COCCIA
NACLERIO CON GIORGIA MELONI
Sono lontani nella nostra memoria collettiva i tempi in cui la provincia diventava terreno di scontro per dispute ideologiche: la Brescello di Giovannino Guareschi appare relegata alla mitologia della narrativa politica e le avventure di Don Camillo e Peppone hanno lasciato il posto al volto più feroce della provincia italiana, fatto di conservatorismo, di nuovi estremismi e di potere.
Il “tranquillo” Veneto leghista targato Luca Zaia è epicentro di una restaurazione conservatrice, non urlata e molto pratica, una restaurazione che vede Vicenza come laboratorio principale di un modello che non è fatto di occupazioni e azioni violente in strada – i disordini sono solo dei segnali, come l’attacco al centro sociale Caracol Olol Jackson di metà giugno – ma punta direttamente a entrare nelle istituzioni con la compiacenza del centro-destra che in quelle zone, viste anche le percentuali bulgare, vede una carenza di classe dirigente.
Dal cimitero dei feti alla rimozione della clausola di antifascismo nei moduli per la richiesta di occupazione di suolo pubblico per eventi e manifestazioni, il capoluogo vicentino ha dato prova di essere un luogo dove la destra sperimenta un sovranismo in salsa nera per controllare il territorio.
La rappresentazione plastica di questa unione è avvenuta con le elezioni amministrative del 2018, quando Francesco Rucco, ex AN e anima inquieta della destra veneta, è diventato sindaco di una coalizione di centrodestra allargata a Forza Nuova, Casapound e Veneto Fronte Skinheads.
Ovviamente nessuna di queste tre sigle si è presentata sotto i propri vessilli, ma sotto le insegne di “Vicenza ai vicentini – Popolo della Famiglia” lista civica che ha radunato i neofascisti in ordine sparso raccogliendo una percentuale irrisoria ma inquinando e alterando una campagna elettorale che ha visto numerosi episodi di antisemitismo e di slogan neofascisti sui social.Ma la lista neofascista e ultra-cattolica non è stato l’unico cavallo di Troia del centrodestra vicentino.
La Lista Civica Rucco Sindaco che ha raccolto il 24 per cento dei voti è servita a far eleggere Nicolò Naclerio, uno degli esponenti di punta del Veneto Fronte Skinheads che successivamente è passato a Fratelli d’Italia ed è il delegato del primo cittadino alla Sicurezza.
Naclerio in passato è stato candidato con la Lega Nord e nel 2013 cercò di organizzare assieme all’associazione “Giustizia Giusta” e al Veneto Fronte Skinheads un convegno per celebrare la figura del capitano delle S.S. Erich Priebke e ancora risulta aperta una vicenda che riguarda la costruzione di una villetta abusiva sul terreno di famiglia, sorta nonostante due pareri negativi nel corso degli anni passati del Comune di Vicenza; vicenda che appare ancora bloccata e che espone il sindaco Rucco e Naclerio ad un palese conflitto di interesse e di competenze.
Il protagonista della contestata delibera che ha rimosso la clausola di antifascismo per la richiesta di occupazione di suolo pubblico è invece l’assessore al Commercio Silvio Giovine, in questi giorni vittima di gravi intimidazioni sui social network, che ha utilizzato la battaglia politica su questo provvedimento come trampolino di lancio nella politica che conta: rumors infatti lo danno candidato in pectore per il consiglio regionale tra le file di Fratelli d’Italia.
Giovine è il volto pulito di questo esperimento, non si compromette troppo con i gruppi di estrema destra ma ne elogia sui social le iniziative come la distribuzione di pacchi alimentari in quarantena fatta da CasaPound. Un flirt che l’assessore nel corso delle scorse settimane ha continuato manifestando assieme alle “Mascherine tricolori”, la scatola apartitica di CasaPound protagonista di una recente manifestazione a Roma.
Il rapporto tra centrodestra ed neofascisti non si ferma alla città di Vicenza, ma investe anche la sua provincia: basti pensare ad esempio che ad Arzignano, l’ex coordinatore di Forza Nuova (fuoriuscito dall’organizzazione nella recente scissione) è stato eletto consigliere comunale nelle file della Lega alle scorse amministrative, un sodalizio che si è interrotto perché è stato espulso dal gruppo consiliare per “razzismo” dopo che su Facebook aveva contestato l’italianità della modella concittadina Maty Fall Diba, afrodiscendente senegalese che fu scelta per la copertina di Vogue di febbraio, argomentando che una veneta doc è bianca e non nera.
Anche Alex Cioni, già Forza Nuova e noto alle cronache per aver indetto una marcia di ricordo per i caduti della Repubblica Sociale Italiana ha trovato ospitalità ed elezione a Schio tra i ranghi di una lista civica leghista per poi passare tra le fila di Fratelli d’Italia.
Tra le ultime iniziative: ha polemizzato con un sacerdote che aveva esposto un pesce con la scritta in greco ΙΧΘΥΣ, ichthys sulla balconata della parrocchia, sostenendo sui social che il prete fosse una “sardina” nonostante per la simbologia cristiana quel pesce e quell’acronimo significhino «Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore».
Il punto di riferimento politico di tutta questa galassia è l’assessora all’Istruzione della Giunta Zaia, Elena Donazzan di Fratelli d’Italia che non ha mai nascosto le sue simpatie per il Duce che affermò “resta nel mio cuore nonostante qualche errore commesso” e che organizzò un party in maschera in solidarietà del gestore dello stabilimento balneare di Chioggia che fu denunciato per apologia di fascismo per la brandizzazione del suo lido in salsa fascista. Anche per questa vicinanza strutturale che dura da anni la cancellazione della clausola di antifascismo a Vicenza è stata interpretata da qualcuno come un segnale di libertà di azione e la notte tra il 12 e 13 giugno, ignoti hanno lanciato delle bottiglie incendiarie contro il Centro Sociale Caracol Olol Jackson, lasciando come rivendicazione una molotov recante un adesivo “Boia chi molla”.
A distanza di qualche giorno la risposta della Vicenza antifascista non si è fatta attendere e giovedì 18 giugno un presidio che si è trasformato in corteo indetto dal Bocciodromo ha riempito le strade di Vicenza con circa 3.000 partecipanti da tutto il Veneto. Una manifestazione che ha smosso molte polemiche e che porterà sicuramente la Digos a denunciare gli organizzatori per violazioni delle norme di sicurezza dettate dall’emergenza Covid-19 e dal superamento unilaterale delle prescrizioni previste, ma che ha portato in piazza dopo moltissimi anni tutte le anime della sinistra veneta.Una manifestazione di popolo come non se ne vedevano da anni in Veneto e che ha significato l’inizio di una campagna elettorale che sarà infuocata. Perché il modello Vicenza è pronto a sbarcare in Regione dove Luca Zaia si prepara a festeggiare il terzo mandato.
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