Roma, 22 giugno 1978
Paul Klee, Piccolo quadro di pino (Kleines Tannenbild), 1922, olio su cartone, cm 31,6 x 20,2. Basilea, Kunstmuseum
Ritorni e partenze
Roma, 22 giugno 1978
Caro Daniele,
non ci siamo più visti ne sentiti da quella volta in treno per Milano, seconda classe.
Mi manchi.
Parlare con te mi stimolava, sento la tua mancanza e il tuo silenzio.
Troppo impegnato in faccende amorose, mio povero Axel sorpassato?
Oppure il lavoro ti assorbe fino a questo punto.
Scrivimi, fatti vivo.
Mi servi.
Forse le parole ti uscirono di bocca tuo malgrado, ma parlammo a lungo quella tal volta ed io ascoltavo seriamente e quasi convinto (come ti sto dimostrando anche se con un certo ritardo!), certe tue convinzioni sulle mie possibilità.
“Almeno provaci, rispondevi tu alle mie obiezioni, a tralasciare per un poco la poesia e il racconto breve e a cimentarti in qualcosa di più esteso, di maggior respiro.”
Ricordi?
Mi proponesti di scrivere, scrivere e scrivere.
Lo so, sono passati più di diecianni!
E allora?
Ti vedo ora mentre leggi, a metterti le mani nei capelli con gesto di stizza, maledicendo la tua lingua lunga. Appunto, così impari a trattenere le parole.
A proposito di treni, tu, giornalista privilegiato, come ci sei capitato, quella famosa volta, in seconda classe?
Non voglio provare ad indovinare, anche se sospetto.
Ma hai incontrato me.
Ti scrivo dunque, come vedi, e ti propongo quello che ho scritto, seguendo i tuoi consigli.
” Scrivere non è raccontare storie” dice Marguerite Duras “E’ il contrario di raccontare storie. E’ raccontare tutto insieme. Raccontare una storia e l’assenza di questa storia. Una storia che si svolge attraverso la sua assenza.”
Credo che involontariamente, seguirò anche il principio della Duras. Involontariamente, in quanto non dovuto ad una scelta di stile ma, probabilmente, sarà una necessità di scrittura.
Forse sarà una serie di racconti concatenati, forse ne uscirà un romanzo, forse una lettera, uno sfogo, o forse niente.
L’idea, ma solo quella, c’è.
Sarà una storia intima, minimalista, forse d’amore, forse di rimpianto e nostalgia per un’età passata, forse di disperazione ( ma, rimpianto e nostalgia, non sono già una piccola disperazione?).
Certamente egocentrica, certamente esistenziale.
Una storia inutile, un anacronismo mi pare, di questi tempi. Ma potremmo avere bisogno di anacronismi per salvarci un poco.
Te ne parlai una sera che ti venni a prendere in redazione, ma sono passati gli anni ed è troppo sperare che tu possa ricordartene, e forse, troppo impegnato a coprirti dai rigori milanesi e a controllare il tuo aspetto di giovin biondo, un po’ perverso, non mi hai fatto caso anche se rispondevi a tono.
Capisco che anche questa è un’arte che si acquisisce col tempo.
Comincia a leggere dunque, butta da parte questa lettera e imponiti la lettura del racconto!
Con attenzione, mi raccomando, perché sei uno dei pochi, fortunati?
Scusami ma mi sento nervoso: renditi conto che sto svelando un mio bluff, mi vedo da solo.
Tu sei il peso che può far precipitare la mia bilancia.
Abbandona la tua abituale cattiveria, quella che sfoderi quando ti senti arbitro della situazione e pensa che, forse, sei momentaneamente padrone di un’esistenza.
Come il professore del liceo che alla fine dell’anno, con un piccolissimo numero, ci dimostrava che no, con una leggerezza spaventosa almeno per noi studenti, noi non eravamo “maturi” e ci faceva perdere un anno di vita.
Accettami per quello che sono, non per cosa ti potrò scrivere col desiderio di essere cattivo. Forse reazione naturale alle lusinghe che potrei propinarti altrettanto facilmente.
Fammene un merito: fra le due strade, perché la terza, quella della normalità, in questo momento mi è preclusa, scelgo la più difficile.
Prova quindi a darmi fiducia e leggimi senza buttare alla prima pagina.
cara Chiara, scusa ma hai sbagliato tutto: questa che tu chiami “introduzione ” ( e va pure bene, in qualche modo lo è) di fatto è l’inizio del romanzo che “introduce la storia e come varrà costruita (più o meno) ma “fa parte integrale” del romanzo.
Secondo punto, scusa ma ho anche l’impressione che hai un po’ abusato begli spazi ed anche lo spazio tra una rifa e l’altra ( interlinea?) è troppo ampio.
Succede a volte.
Se ce la fai rpima di continuare la pubblicazione dovresti leggerti la critica de “il quadrotto” forse è utile anche per la stampa! Un bell’abbraccio 🙂
caro Robby rompi… ho messo ” introduzione ” per chiarire al lettore che la lettera è parte del romanzo come tutte le ” introduzioni “. Adesso ho cambiato così, spero che vada…Sono una fanatica dello spazio bianco tra le righe nere, è come le pause in musica, insieme fanno un’armonia; secondo me era troppo pigiato, troppo nero, così a mio parere si legge meglio, ho messo lo spazio tre ed è venuto così…posso provare in un altro modo, molto più lungo, di copiarlo…se poi va, andrà così per tutte le altre pagine. Ma è un lavurat…amore fa questo ed altro, ma …almeno ” ma…” posso dirlo.
Chiara cara, puoi dire tutti i “ma” che vuoi e sai che ti dico?
Poichè tra questa versione e l’altra “più aperta” non so scegliere (forse sceglierei questa se però non è troppo faticosa) … poichè sai cosa fai ed hai gusto, direi che la cosa migliore è intrecciare le dita 🙂 e lasciarti fare.
Magari , se possibile, un’unica raccomandazione: poichè le citazioni servono spesso da “spartiacque” sarebbe bello se fossero evidenziare nel senso uno spazio in più prima ed uno spazio in più dopo.
Non ti dico altro, veramente: fai tu! Ti abbraccio e perdonami la faticaccia!
ADESSO PER ME CENERENT E’ TARDI, CI PENSERO’ DOMANI MATTINA, CIAO, GRAZIE CARO, CHIARA
p.s. anch’io adoro gli spazi bianchi.