DI LUCIO CARACCIOLO :: Contro il virus rinasce lo Stato –REPUBBLICA DEL 14 MAGGIO 2020

 

REPUBBLICA DEL 14 MAGGIO 2020

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Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini durante il raduno a Pontida

 

 

Contro il virus rinasce lo Stato

14 MAGGIO 2020

C’è un’Italia anti-populista: la trasformazione della Lega da secessionista a ipernazionalista ha rivelato quanto forte sia, malgrado tutto, la fibra del nostro Paese

 

DI LUCIO CARACCIOLO

La notizia della morte dello Stato è grossolanamente esagerata. Parafrasando Mark Twain, questo possiamo stabilire oggi, trascorsi i primi mesi dell’emergenza da Covid 19. Dopo decenni di retorica intorno alla “fine dello Stato nazionale” – titolo del fortunato pamphlet del guru giapponese Kenichi Ohmae che nel 1995 dava la stura a una letteratura antistatalista tuttora diffusa – ne registriamo l’evidente smentita.

Mai come in questa crisi s’è avuta conferma dell’importanza di istituzioni pubbliche legittimate dal consenso popolare come primo e ultimo riferimento dei cittadini.

In Italia avevamo addirittura teorizzato la nostra presunta incapacità di governarci. Di qui l’adesione passiva al mito europeista, immaginando la “famiglia” comunitaria come surrogato dello Stato. Il risorgere di movimenti neonazionalisti e xenofobi, oggi quasi ovunque di moda, è in Italia estrema, diretta reazione all’autoflagellazione. Cui si deve anche l’eurofobia da disillusione, per cui sulle burocrazie comunitarie, da noi sovraccaricate di liriche aspettative, si scarica il rancore degli innamorati delusi (o dolosi). C’è voluta la transustanziazione della Lega secessionista in Lega ipernazionalista, per rivelare quanto robusta sia, malgrado tutto, la fibra dell’Italia. Gli italiani esistono, i padani no. Almeno finché non decideremo di suicidarci in qualche schema balcaneggiante, nell’orgia delle piccole patrie. Dei grandi egoismi. Sono invece in stato di morte cerebrale – per usare la metafora applicata da Macron alla Nato – le pletoriche organizzazioni internazionali che avrebbero dovuto, nei sogni di alcuni idealisti, nientemeno che soppiantare gli Stati. La clamorosa inefficienza dell’Organizzazione mondiale della Sanità è solo la punta dell’iceberg. Avvistato il quale dovremmo interrogarci sul senso delle costose burocrazie onusiane. Anche qui, lo pseudo-internazionalismo mina, anziché incentivare, la solidarietà fra nazioni. L’altro correttivo allo Stato democratico sarebbe l’angelicato firmamento delle cosiddette organizzazioni non governative. Trionfo della naturale bontà della società civile, emancipata da ceppi e regole che ne comprimerebbero la spontanea generosità. Nella migliore delle ipotesi si tratta di strutture che possono concorrere alla gestione della comunità, non sovrapponendosi allo Stato nelle sue varie declinazioni né tantomeno sovvertendone i princìpi. Nella versione meno nobile, schermi di cui si servono governi per affermare propri interessi senza assumerne la responsabilità. Servizi segreti travestiti e incontrollati. Si obietterà che è la paura del virus a legittimare lo Stato. C’è sicuramente del vero. Ma profittiamone per modernizzare l’impianto istituzionale. Operazione non autoreferenziale, tantomeno tecnocratica. Al contrario: serve l’impulso della società civile, dunque di partiti dotati di specifica cultura, in fertile competizione. Non vorremmo che dopo aver discettato, con pessima scelta semantica, di una fantomatica immunità di gregge, scadessimo nell’identità di gregge. Dal patriottismo al conformismo. Il paradosso di questa crisi è che stando a casa gli italiani hanno mostrato fiducia nel valore di stare insieme. Tocca ora allo Stato, anzitutto al governo, ricambiare l’apertura di credito. Dimostrando di avere fiducia nella collettività che è pro tempore chiamato a reggere. Se “italianità” significa qualcosa, vuol dire buon senso. Ne avremo bisogno ora che abbiamo capito quanta pazienza e quanti sacrifici serviranno per attraversare insieme, con partecipata intelligenza, il deserto del virus.

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