SALVATORE CANNAVO’ :: Coronavirus, anche con il Covid l’Italia solidale non va in vacanza né in lockdown –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 3 MAGGIO 2020

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 3 MAGGIO 2020

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Coronavirus, anche con il Covid l’Italia solidale non va in vacanza né in lockdown

Coronavirus, anche con il Covid l’Italia solidale non va in vacanza né in lockdown

Non profit – Decine di migliaia di associazioni, milioni di volontari: c’è un Paese che resiste insieme

di Salvatore Cannavò | 3 MAGGIO 2020

 

 

 

“Signori abbiamo un problema, ci fermiamo”. Il 16 aprile l’associazione La Terra di Piero di Cosenza, nata per ricordare un capo ultrà della squadra di calcio, annunciava che avrebbe bloccato la sua attività di distribuzione di pasti caldi (500 primi e 500 secondi) realizzata insieme a Prendo casa Cosenza e Cosentine in lotta. Quel giorno un “signore della Polizia Stradale” li aveva multati. Per questo siamo costretti, scrivevano, “a fermare la nostra attività e restare a casa”.

L’associazione però è stata convocata dal questore di Cosenza con un’indicazione netta: “Voi dovete andare avanti”.

 

 

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Mutuo soccorso

 

Un’attività molecolare di solidarietà si è fatta “istituzionale” con un riconoscimento diretto. Nelle pieghe della crisi pandemica e nella evidente smagliatura di uno Stato sociale eroso da decenni, viene fuori un’Italia solidale che mostra il volto di un Paese meno “cattivo” di come si credeva.

 

Una mappa completa non è semplice a farsi. Almeno il 3% degli italiani è impegnato in attività solidali e secondo lo studio di Giovanni Moro (promotore di Cittadinanzattiva e responsabile scientifico della fondazione Fondaca) ci sono in Italia “103.251 organizzazioni prossime alla definizione di attivismo civico, pari al 34,28% del totale delle organizzazioni non-profit”. I volontari, sulla base dei dati Istat, “sono 2.161.023” ed esiste “un’organizzazione di cittadinanza attiva ogni 578 abitanti”.

La pratica del “mutuo soccorso”, ad esempio, è diventata istituzionale a Milano e a Bergamo con i Comuni che hanno istituito una “cassa”. Ma vive soprattutto nell’attività diretta.

Come ad esempio i CoroNauti di Napoli, nati nei “Maestri di Strada” di Cesare Moreno che coinvolgono 250 giovani e loro famiglie nella didattica a distanza. Oppure Casa Pigneto a Roma, organizzato dal circolo Sparwasser che ha attivato il servizio di spesa solidale. O, ancora, la Cassa Nazionale di Solidarietà della rete Fuorimercato.

 

 

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La Rete dei Numeri Pari nata all’interno di Libera conta 359 realtà territoriali racchiuse nella mappa la Geografia della speranza tutte impegnate in attività concrete di mutuo aiuto.

 

Mappa della speranza

 

Tra queste il Laboratorio Zen Insieme, a Palermo, sostiene i minori delle scuole media ed è impegnato nella prevenzione alla mentalità mafiosa. Di “mutualismo e contrasto alle mafie” si occupa Libera Marsala, mentre a Roma, Binario95 accoglie persone senza dimora all’interno della Stazione Termini. I Volontari di strada di Crotone gestiscono il “camper della speranza” distribuendo pasti ogni sera.

Le attività si incrociano e si collegano. La Parrocchia San Sabino a Bari si intreccia con le attività della Caritas e altre associazioni di sostegno ai poveri. La Rete dei numeri pari ha un rapporto consolidato con la fabbrica recuperata Rimaflow (che dopo la fuga della proprietà e l’occupazione riesce oggi a dare reddito a 70 lavoratori) che a sua volta anima la rete Fuorimercato che ha dato vita alla Cassa nazionale.

 

Esiste una galassia di centri sociali che si sono immediatamente riversati nella solidarietà attiva, la Rete del Nord-est, ad esempio, in genere associata a forme di lotta irruente ha reso disponibile sul proprio sito globalproject una “mappa collettiva” dei progetti attuati, “dimostrando che è possibile alimentare la cura, renderla perno centrale dell’azione politica”.

A Roma diversi centri si sono uniti nella campagna per il Reddito di quarantena mentre il Forum diseguaglianze e diversità di Fabrizio Barca chiede al governo il reddito di emergenza.

 

Potere al popolo vanta fin dalla sua fondazione una diffusa attività mutualistica (ed è impegnata nella spesa solidale).

 

 

Le associazioni forti

 

Poi esiste il lavoro più struttuarato e diffuso come quello della Caritas o dell’Arci.

La struttura sociale della Chiesa (che ha reso noto ieri di aver avuto 10 morti) ha lanciato la Campagna “Emergenza Coronavirus: la concretezza della Carità”, mettendo in moto attività di “ascolto” e di “accoglienza” ai senza dimora, di aiuto per l’alloggio di infermieri e medici, mense e servizi di consegna di generi di prima necessità. E poi “conforto legato alla dimensione del lutto” oppure contrasto alla povertà educativa.

Al 24 aprile sono 48 le Diocesi ad aver comunicato di aver messo a disposizione della Protezione civile e del Sistema Sanitario Nazionale 68 strutture per oltre 1.450 posti, 33 hanno garantito oltre 1.000 posti nell’accoglienza di persone in quarantena e/o dimesse dagli ospedali e 42 1.200 posti per l’accoglienza aggiuntiva di persone senza dimora.

Anche l’Arci si è attivata in “azioni continuative di solidarietà e mutualismo”: dalla consegna della spesa a domicilio alle mense popolari. La campagna Solidarietà virale conta un centinaio di punti attivati per spesa solidale o lotta alla povertà alimentare. Se la maggior parte si trova in Toscana, la distribuzione è diffusa in tutta Italia dalla Puglia al Piemonte.

Qualche giorno fa si è tenuto un forum online tra alcune delle realtà descritte e il ministro Giuseppe Provenzano.

A moderare, Fabrizio Barca e Giuseppe De Marzo di Numeri pari. Tra i presenti anche i “Movimenti per l’abitare” con la richiesta di una misura sul reddito. Provenzano ha assicurato l’impegno a “raccogliere il contributo e la conoscenza di queste esperienze”. Per ora nel nuovo decreto “aprile” c’è il Reddito di emergenza. Ma la mappa della solidarietà chiede un altro tipo di attenzione: non si tratta solo di assistenza ma di un’altra idea della cosa pubblica.

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